Il ventunenne albanese Romino Vellki, in Italia dall’età di tre, oggi si trova rinchiuso nel Centro di Identificazione ed Espulsione di Bari. “Sono cresciuto qui, se mi mandano in Albania mi mandano in un Paese straniero”
Roma, 09 aprile 2014 – Non è la prima volta che succede che nei Centri di Identificazione ed Espulsione siano detenuti giovani figli di immigrati, ma questo è il risultato di un mix letale tra legge di regolarizzazione, la Bossi-Fini, e quella sull’acquisizione della cittadinanza italiana, la 91 del 1992, che non danno spazio né al lato umano, né ai percorsi di vita delle persone.
L’ultimo caso è quello di Roni (all’anagrafe Romino Vellki), 21 anni albanese, in Italia con la famiglia dall’età di tre anni, rinchiuso nel CIE di Bari. Una vita trascorsa qui, ma il giovane non è cittadino italiano e quindi lo Stato ha tutto il diritto di rispedirlo da “dove è venuto”, ma per Roni l’Albania è un Paese totalmente sconosciuto.
“Sono in questo Paese dal 1996 – dice il ragazzo, come riporta redattoresociale.it – avevo tre anni e arrivai dall’Albania con i miei genitori e mia sorella. Andavamo a Giulianova in Abruzzo dove vivevano da tempo dei nostri parenti. Qui ho studiato, dall’asilo fino alla licenza media”.
Roni è finito nel CIE perché ha perso il diritto al permesso di soggiorno a causa di reati commessi da minore. “Sono pulito da cinque anni, ho scontato tutto e da un anno e mezzo sono fuori dal carcere, senza altri problemi”.
“Senza contratto non mi danno il permesso di soggiorno, ma senza permesso non posso avere un lavoro. La mia famiglia è qui – continua – i miei cugini sono sposati con italiani, ho uno zio che ha il bar a Lucca e uno che fa il tecnico informatico a Milano. Mio fratello è cittadino italiano. Sono cresciuto qua, se mi mandano in Albania mi mandano in un paese straniero, sono sette anni che non ci metto piede”
Per la legge, Roni è privo di documenti che regolarizzano la sua residenza in Italia. Dipendendo dalla gravità dei reati commessi, i cittadini extracomunitari perdono il diritto di soggiornare nel territorio italiano se vengono ritenuti pericolosi per la pubblica sicurezza. Infatti, i motivi di pubblica sicurezza vanno al di sopra dei motivi familiari, anche se si tratta di familiari di cittadinanza italiana.
Ci auguriamo che il caso di Roni venga risolto e che lui riesca a continuare la sua vita qui, nell’unico Paese che considera casa.