Per il Presidente, le leggi approvate dalla maggioranza governativa violano la Costituzione e il governo è portatore di atteggiamenti autoritari. Il Premier Rama, invece, ritiene Nishani un uomo fidato del PD di Berisha. Mancano tre anni alle prossime elezioni politiche del 2017, quando scade anche il mandato di Nishani al Palazzo delle Brigate. Sono 1000 giorni di guerra in vista, conflitto dichiarato proprio poco dopo che l’Albania ha ottenuto lo status di paese candidato all’UE e deve dimostrare di essere meritevole dell’apertura dei negoziati di adesione almeno entro il 2017
Di Gjergji KAJANA
La maggioranza governativa del premier Edi Rama e la Presidenza della Repubblica albanese sono in guerra aperta in Albania. Il mese scorso il presidente Nishani non aveva firmato le leggi del governo, già approvate in Parlamento, sulla riforma territoriale, la legge per la Polizia di Stato, la Scuola della Magistratura, la Corte Amministrativa e il Consiglio Nazionale della Magistratura. Il presidente ha attaccato il Governo sia in una intervista TV sia in un discorso in un forum europeo in Austria. Per lui le leggi approvate dalla maggioranza governativa violano la Costituzione e il governo è portatore di atteggiamenti autoritari. Rama, invece, ritiene Nishani un uomo fidato del PD di Berisha.
Il 1° settembre il Parlamento ha rivotato le leggi non firmate da Nishani e il premier ha accusato il presidente di attaccare il governo. Le barricate sono innalzate tra governo e presidente, pessima notizia per la politica albanese.
Mancano tre anni alle prossime elezioni politiche del 2017, quando scade anche il mandato di Nishani al Palazzo delle Brigate. Sono 1000 giorni di guerra in vista, conflitto dichiarato proprio poco dopo che l’Albania ha ottenuto lo status di paese candidato all’UE e deve dimostrare di essere meritevole dell’apertura dei negoziati di adesione almeno entro il 2017. La Tirana istituzionale, invece di mostrare coesione interna nel momento di maggiore osservazione da Bruxelles, si trova in mezzo ad una guerra tra le istituzioni. Il nuovo conflitto è dannoso perché rallenta l’iter delle riforme albanesi, nel redigere le quali l’opposizione non sta collaborando con la maggioranza e boicotta il Parlamento. I socialisti accusano Nishani di essere eterodiretto dal PD, che insistette per la sua difficile elezione nel 2012.
Certo è che il presidente deve tutta la sua carriera politica al partito dal quale proviene e non sta dimostrando la forza di carattere del suo predecessore Topi, che non esitava a smarcarsi in varie occasioni dalle posizioni berishiane. Sembra difficile immaginarlo in posizioni pubbliche che andrebbero contro gli atteggiamenti del PD.
Per capire come lui si muoverà sullo scacchiere bisogna osservare le posizioni del PD. Il principale partito di opposizione si rifiuta in pratica di riconoscere legittimità al governo Rama, lo considera portatore di interessi criminali e preannuncia il boicottaggio delle elezioni amministrative del 2015 se entrerà in vigore la nuova riforma territoriale approvata dal Parlamento. Attaccare tutti gli atti del governo è l’unico modo del nuovo PD di Basha per rimanere coeso dopo la grave sconfitta elettorale di 14 mesi fa.
Anche il futuro politico di Nishani sembra legato alla difesa delle posizioni politiche del PD per il semplice fatto che lui non possiede un clan all’interno del partito che lo ha eletto per potersi smarcare dagli atteggiamenti di questa forza politica. Topi possedeva un consistente gruppo di sostenitori all’interno del PD e, pur con difficoltà, è riuscito a riciclarsi in politica tramite il partito FRD dopo la fine del mandato presidenziale. Nishani rischia la sua fine politica se dimostra indipendenza dalle posizioni del PD perché non potrebbe ragionevolmente riciclarsi se non ne condivide le posizioni, pur non dovendo, essendo il suo ruolo presidenziale assolutamente sopra le parti. Riconoscendosi anche la perspicacia del governo Rama nel non accettare le rimostranze di Nishani, all’orizzonte sembra che il conflitto tra governo e presidenza sia destinato a durare fino alla fine della legislatura.
L’Albania politica sta dimostrando di non essere ancora matura per la convivenza pacifica di una maggioranza e di un Presidente della Repubblica di diverso colore politico. Solo due (Meidani e Moisiu) dei 5 presidenti postcomunisti sono stati capaci di piena integrità di giudizio e indipendenza dal partito di provenienza nell’esercitare il ruolo di Capo dello Stato.
Rama e Nishani dovrebbero cercare di mediare le diverse posizioni legislative tramite la principale qualità che deve possedere un buon politico: quella del dialogo aperto per il bene del paese. Il mancato impantanamento delle relazioni tra le istituzioni dell’Albania è una buona causa che dovrebbe spingerli a farne uso.