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Lampedusa non è solo un’isola italiana

È indispensabile che l’Italia e l’Europa intervengano subito e con efficacia per evitare il ripetersi di queste tragedie
di Marco Pacciotti

Pochi giorni fa destò giustamente commozione la foto con i 13 corpi di migranti allineati sulla sabbia, oggi si aggiungono a quelle di almeno altri 94 esseri umani, morti nel tentativo di fuggire da guerre e povertà.

Un episodio tremendo e tragico, impressionante per il numero delle vittime e perché si è potuta verificare l’entità dell’accaduto. Dobbiamo ricordare che in quel tratto di mare che divide le nostre coste da quella Tunisine e Libiche da cui partono queste carrette dl mare giacciono migliaia di persone, morte in silenzio lontane dai riflettori, senza lasciare traccia se non nel ricordo dei loro compagni di viaggio più fortunati.

I numeri di questa ecatombe non si conoscono con esattezza ma sono impressionanti.

Secondo una stima basata su testimonianze raccolte dall’UNCHR solo nel 2011 le persone disperse in mare furono oltre 1.500. Un conteggio tragico e vergognoso che va aggiunto quindi a quanti vengono ritrovati. Uno stillicidio che deve scuotere le nostre coscienze. L’Italia e l’Europa è indispensabile che intervengano subito e con efficacia per evitare il ripetersi di queste tragedie.

Lampedusa non è solo un’isola italiana, ma la porta di accesso all’Europa per chi fugge per sopravvivere.

Questa consapevolezza deve impegnare l’Unione Europea a intraprendere azioni decise e coordinate per garantire fondi agli Stati maggiormente toccati dagli arrivi e politiche di accoglienza e inserimento a quanti ottengono asilo. Questo sarà possibile in primis ridiscutendo la convenzione di Dublino ma anche agendo su i paesi rivieraschi da cui partono questi disperati, affinché già li possano agire le istituzioni internazionali in accordo con le autorità locali per garantire la possibilità di presentare le domande di asilo. Accanto a questo indispensabile “corridoio sicuro” vanno rafforzati interventi che contrastino con fermezza e continuità le organizzazioni criminali internazionali che si arricchiscono con questa “tratta” umana.

L’Italia credo dovrà proporre presto in sede comunitaria un cambio di strategia sulla gestione dei richiedenti asilo e sugli accordi bilaterali tesi a garantire politiche di protezione per i richiedenti e contrasto alla criminalità. Chiedere all’Europa di porsi come interlocutore verso questi paesi è un salto di qualità politico necessario per poter pensare di conseguire risultati veri in periodi brevi. Per ultimo, ma non per importanza, l’Italia deve dotarsi di una legge organica sul diritto d’asilo per poter garantire adeguati standard di protezione a quanti ottengono lo status di rifugiato, una legge che rappresenterebbe un avanzamento di civiltà per il nostro Paese.

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