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Permesso di soggiorno più lungo ai disoccupati, ok del governo

Dopo le richieste di Cgil, Cisl e Uil, in arrivo una circolare per le Questure per interpretare in maniera meno restrittiva la legge (“almeno un anno”) e considerare tutti i redditi familiari. Casucci: “Fondamentale che sia chiara, basta alibi”

Roma, 26 settembre 2016 – Qualcosa finalmente si muove per salvare gli immigrati che hanno perso il lavoro, dando loro più tempo per cercarne un altro prima di perdere anche il permesso di soggiorno. Non cambierà la legge, come chiesto dai sindacati, ma almeno arriveranno indicazioni alle Questure per applicare bene, e nell’interesse di tutti, quella che già c’è. 

Se ne parla troppo poco, ma è un’emergenza che continua a mietere vittime. Tra il 2011 ed il 2014 (ultimi disponibili), ben 729 mila permessi di soggiorno non sono stati rinnovati, di cui 324 mila per motivi di lavoro. Tra i lavoratori stranieri, il tasso di disoccupazione ha sfiorato il 17% (contro il 12% registrato tra il totale dei lavoratori in Italia), e si è arrivati a oltre mezzo milione di disoccupati e 1,2 milioni di inattivi. 

Oltre che disoccupazione, la crisi economica genera irregolarità e sommerso. Perché se può stare in Italia solo chi ha un lavoro, in teoria chi lo perde se ne dovrebbe andare. In pratica rimane qui, perché è qui che si è costruito una vita e una famiglia e perché nel Paese d’origine non troverebbe una situazione migliore, anzi. Senza permesso, però, può lavorare solo in nero. 

Il Testo Unico sull’immigrazione prevede che a chi perde il lavoro venga rilasciato un permesso per attesa occupazione “per un periodo non inferiore ad un anno ovvero per tutto il periodo di durata della prestazione di sostegno al reddito percepita dal lavoratore straniero, qualora superiore”. Decorso quel periodo, “trovano applicazione i requisiti reddituali di cui all’articolo 29, comma 3, lettera b)”, cioè bisogna dimostrare di avere abbastanza soldi per mantenere sé e i propri familiari altrimenti il permesso non viene rinnovato. 

Oggi le Questure applicano la legge al ribasso, rilasciando permessi per attesa occupazione della durata massima di un anno e i rinnovi sono rarissimi anche a causa di interpretazioni restrittive quanto arbitrarie. Cgil, Cisl e Uil chiedono invece da tempo (da ultimo con la mobilitazione del 28 giugno scorso) che la durata minima sia portata per legge a due anni e che i titolari siano inseriti in percorsi di orientamento, formazione e incontro tra domanda e offerta, cioè in quelle politiche attive che dovrebbero aiutarli a trovare una nuova occupazione. 

Queste rivendicazioni sono arrivate anche mercoledì scorso sul tavolo di un incontro al Viminale tra i responsabili immigrazione dei tre sindacati e i sottosegretari Domenico Manzione, ministero dell’interno, e Franca Biondelli, Ministero del Lavoro. Pur escludendo che si possa cambiare la normativa attuale, “visto il non favorevole quadro politico”, proprio Manzione ha  sottolineato che “la legge parla di una durata non inferiore ad un anno, non mettendo limiti alla sua estensione, che può dipendere anche dall’ingresso di redditi familiari leciti”. 

Quindi il governo conferma, per esempio, che un marito disoccupato dovrebbe avere un permesso per attesa occupazione più lungo (o rinnovato) se sua moglie lavora, e viceversa. Il problema, però, incalzavano Cgil, Cisl e Uil, è farlo capire alle Questure. Manzione ha quindi assicurato l’invio a breve di una circolare che fisserà criteri certi per l’allungamento della durata del permesso (reddito familiare, durata della permanenza in Italia, presenza di figli minori, assenza di reati, ecc.). 

Alla circolare lavoreranno sia il ministero del Lavoro che quello dell’Interno. L’obiettivo, si legge nei resoconti dell’incontro, è dare alle Questure maggiori elementi di sostegno alla legalità della presenza in Italia anche di chi ha perso l’occupazione e non ha ancora trovato un nuovo lavoro. Parallelamente, il governo è disponibile anche a valutare con i Sindacati il rafforzamento di politiche attive per il reimpiego. 

“Avremmo preferito una modifica della legge, escluderla per evitare il clamore mediatico legato a ogni intervento sull’immigrazione non è una grande prova di coraggio” commenta Beppe Casucci, coordinatore nazionale del Dipartimento Politiche Migratorie della Uil, che però, vista la posta in gioco, preferisce vedere il bicchiere mezzo pieno. 

“Ben venga – sottolinea – la disponibilità del governo a intervenire finalmente su un problema grave, dando più chance a chi ha perso il lavoro di trovarne un altro senza dover finire nel sommerso, che è già una piaga enorme in Italia. Ora è importante che la circolare arrivi presto e soprattutto che sia chiara e tolga ogni alibi alle interpretazioni arbitrarie delle Questure”. 

Elvio Pasca

 

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