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Seconde Generazioni. Pd, Udc e Fli: “Scriviamo la riforma insieme al Pdl”

Ripartire da zero, coinvolgendo anche il resto della maggioranza, per arrivare all’approvazione di una legge che riconosca la cittadinanza italiana ai figli degli immigrati. La proposte del convegno “Figli D’Italia. Italiani che devono chiedere permesso” organizzato da Stranieri in Italia, Libertiamo e Nuovi Italiani del PD.

Roma, 20 dicembre 2011 – Azzerare le proposte già presenti in Parlamento, scriverne una nuova con il contributo di tutte le forze politiche e approvarla nei prossimi mesi, per dare finalmente la cittadinanza italiana alle seconde generazioni.

È l’appello lanciato oggi alla Camera da esponenti del Partito Democratico, di Futuro e Libertà e Unione di Centro nel corso dell’incontro “Figli d’Italia. Italiani che devono chiedere permesso” organizzato da Stranieri in Italia, Libertiamo e Nuovi italiani del PD. Una sfida che dovrà essere raccolta dal Popolo delle Libertà, l’altro grande pezzo di maggioranza indispensabile per tradurre le buone intenzioni in realtà.

“È il momento di fare un atto di umiltà. Io penso che nessuna delle proposte presentate finora possa costituire il punto di partenza” ha detto Livia Turco, presidente del Forum Immigrazione del PD. “Oggi qui manca una parte fondamentale del Parlamento. Scriviamo insieme un articolo, ma facciamolo insieme, non c’è altra strada che costruire un tavolo comune”.

Anche Fabio Granata (Fli) auspica “piena condivisione” da parte degli esponenti del Pdl che già firmarono la Sarubbi –Granata ma anche degli altri “che hanno la sensibilità per sostenere questa norma”. “Serve un tavolo politico per capire qual’ è la strada più rapida, avendo come interlocutore il presidente della Camera, che ha già mostrato tutta la sua disponibilità, ma anche dialogando con il ministro per l’Integrazione Andrea Riccardi”. “Questa – ha concluso Granata – sarà la cosa più importante che questo Parlamento saprà esprimere in questa legislatura”.

Secondo Benedetto Della Vedova, capogruppo di Fli a Montecitorio, dobbiamo in tempi accelerati ripuntualizzare i termini della questione. Ridefinire che siamo in un tempo di destino comune, tra vecchi e nuovi italiani, sapendo che i nuovi sono meno dei vecchi, ma anche che le facce delle seconde generazioni sono un pezzo del futuro di questo Pese”.

La riforma, ha aggiunto Delle Vedova, “riguarda il futuro di un Paese che avrà bisogno di tutte le energie per uscire dalla crisi e poi è un segnale in problemi più complessivi. È l’Italia che dice questa è la nostra direzione, il nostro destino. Nessuno vuole che i figli dell’itali tra venti anni vivano una sorta di guerra civile. Chiarito quel’è il senso, bisogna sedersi con il Pdl e riaprire velocemente un tavolo . la condivisione politica generale su questo è buona”.

Roberto Raodell’Udc invita a “scendere dalle barricate, approfittando di questo momento di distensione”, “far arrivare il dibattito in Tv, tra le famiglie”. “Come possiamo spiegare ai nostri figli ai quali insegnamo l’uguagianza che hanno accanto persone meno uguali di loro?”. “Con una riforma che abbia un percorso rapido in Commissione e venga poi approvata in Aula potremo fare scuola una volta tanto anche in Europa”.

Secondo Andrea Sarubbi, del Partito Democratico, l’iter della Sarubbi-Granata ha dimostrato che “anche nel Pdl esistono  sensibilità diverse su questo tema, molti sono disposti al dialogo, l’importante è riaprire i termini”. “Il lavoro sporco di parlare con gli altri lo faccio io, mi sono messo anche la cravatta verde per agevolare le cose, visto che ero certo che oggi ne avremmo sentito la mancanza” ha scherzato riferendosi ai leghisti.

Nessun problema a rinunciare alla Sarubbi-Granata per ripartire da una nuova proposta. “Piuttosto che rimpiangere una cosa che non si fa, ma porta il mio nome, sarei molto più contento che si facesse una riforma dove il mio nome nemmeno compare” ha detto Sarubbi. “A chi ci dice che i tempi non sono maturi, rispondo che i i tempi non mai maturi per nulla se nessuno ha il coraggio di fare”.

Jean Leonard Touadi(Pd) ritiene che sia arrivato il “momento di dare risposte che il Paese attende da tempo, queste devono trovare spazio sin da gennaio nel calendario politico. Dobbiamo capire che non c’è democrazia se non ci sono pari opportunità. Napolitano è anziano ma vede il futuro, considera la cittadinanza delle seconde generazioni come un elemento di innovazione per l’Italia”.

Touadi ha sottolineato poi la “frustrazione delle seconde generazioni di non poter dare il loro contributo alla costruzione di questo Paese, alla Res Publica. Il Paese che riconosce a tutti il diritto alle cure e all’istruzione non può fermarsi a metà, l’Italia sopravviverà se riconoscerà anche i loro diritti. Un Paese che fa un gran parlare di difesa della vita non può pensare solo alla fase embrionale o finale, in mezzo c’è la vita di tutti questi ragazzi”.

Secondo Italo Bocchino, vicepresidente di Fli, bisogna concentrarsi “sul fatto che la storia degli italiani è una storia di immigrati e sulla cultura dell’accoglienza che dovrebbe avere un Paese cattolico come l’Italia. L’errore, inoltre, è focalizzarsi sempre sulle prime generazioni e sugli irregolari, mentre bisogna puntare sulle seconde generazioni. Gli immigrati vanno integrati e i loro figli domani  dovranno candidarsi a sindaci di Roma, come fanno gli italoamericani a New York. Con un governo di emergenza – ha concluso Bocchino – si abbassa lo scontro ideologico ed è più difficile dire no a ciò che si ritiene giusto”.

“Cosa vuol dire oggi avere sangue bergamasco, con tutti i popoli che si sono succeduti e accoppiati per secoli dove sono nato io?” ha ironizzato Savino Pezzotta (Udc).“Tirare fuori la questione biologica nel dibattito sulla cittadinanza è un’assurdità con una vena di razzismo inaccettabile. Lasciamo anche perdere i discorsi su cosa questi ragazzi danno all’Italia, concentriamoci sul concetto di uguaglianza: una democrazia che non riconosce l’uguaglianza delle seconde generazioni è monca”.

“È giusto – ha aggiunto Pezzotta  – un tavolo in cui confrontarci in una dimensione “multipartisan”, allargando in tempi brevi questo progetto a quanti vi si ritrovano, ma ognuno di noi dovrebbe anche parlare al suo mondo e mobilitarlo  a livello territoriale. Dopo l’ubriacatura securitaria dobbiamo far capire che solo riconoscendo i diritti ci possono essere anche i doveri”

Elvio Pasca

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