Le nuove generazioni si tingono di bianco e chiedono: “Ora posso…?” La campagna lanciata da Questaèroma e Carlos Acosta
Roma, 13 maggio 2015 – Se non vivi in una barzelletta, non puoi riconoscere un italiano a prima vista. Troppi però decidono che sei straniero solo sfiorandoti la pelle con uno sguardo.
Lo sanno bene i figli dell’immigrazione. Quelli cresciuti qui che si sentono ancora chiedere “da dove vieni?”, quelli che come i loro coetanei, mentre diventano grandi, interrogano se stessi: “chi sono?”, quelli che si rispondono: “non lo so”, anche perché hanno bisogno di un permesso di soggiorno per vivere nel loro Paese.
La campagna #Italianononèuncolore, lanciata dall’associazione Questaèroma (“giovani romani, nuovi romani e romani per scelta…”) e dall’art director Carlos Tomas Lora Acosta è una riflessione sulla nostra identità. Quella più giovane e attuale, nella quale si mescolano generazioni con radici lunghissime, sparse per il mondo.
Fuori dalle stanze della politica, dai salotti intellettuali o dalle aule universitarie, # Italianononèuncolore va a cercare quei ragazzi nelle piazze e nelle discoteche, li fotografa e provoca “tutti quelli che affermano che non esistono italiani gialli, neri, rossi o mulatti”. Anche chiedendo ai protagonisti di dipingersi il volto di bianco, contro la retorica della “bianchitudine culturale”.
Insieme al bianco sulla pelle, appare infatti la domanda: “Adesso posso…? ”, declinata in una lunga serie di diritti. “Partiamo da quelli più naturali e umani come gioire, sognare, amare o sbagliare – spiega Acosta – per arrivare poi al cuore della campagna: posso essere italiano?” Attenti, però, a non prenderla solo come l’ennesima richiesta per una riforma della cittadinanza.
“Parafrasando Hannah Arendt – dice Elvira Ricotta Adamo di QuestaèRoma – la cittadinanza è il diritto ad avere diritti, e quindi una nuova legge dedicata alle seconde generazioni rimane un obiettivo importantissimo. Siamo però convinti che, mentre la politica non si muove, non possiamo solo delegare e aspettare, ma dobbiamo rimboccarci le maniche per promuovere anche un cambiamento culturale in questo Paese”…
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