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Albania sotto dittatura, culto dell’individuo e simboli, tra realtà e finzione

Paradossi dell’Albania comunista. Ancora in vita e con un busto di bronzo a lui dedicato.  Mevlan Shanaj, noto attore e regista albanese ed il “confronto con il suo busto di bronzo” ad uso cinematografico: quello del personaggio Ibrahim, da lui interpretato nel film della cinematografia albanese della dittatura, “I teti në bronz” – “L’ottavo in bronzo”
Di Adela Kolea

Il culto dell’individuo nell’Albania sotto dittatura raggiunse il suo apice.
La simbologia comunista espressa tra l’altro con erezione di busti e monumenti su piedestalli maestosi per i leader comunisti albanesi, in primis Enver Hoxha, il cosiddetto “padre della nazione albanese”, e quelli appartenenti ai padri fondatori della teoria comunista ed alla sfera mondiale della rispettiva dottrina, quali Marx, Engels, Lenin e Stalin, per il centro della capitale Tirana e per le vie di tutto il paese fu un elemento distintivo di un’ Albania che viveva in totale dittatura.
 Sui versanti delle montagne e sulle colline, con dei sassi prescelti e simmetrici bianchi, venivano scritti dei slogan tipici della dottrina comunista che elogiavano il Partito Comunista albanese e l’ ideologia a cui esso si ispirava.

Per giunta, questa atmosfera veniva amplificata oltre che al quotidiano reale, anche nella finzione, cioè in cinematografia.
Senza tralasciare il fatto che la cinematografia albanese degli anni della dittatura ha visto al suo interno attori e registi di altissimo spessore, che il mondo effettivamente ci avrebbe invidiato, occorre considerare che questa cinematografia di mezzo secolo di dittatura – dal dopoguerra, fino nel 1990 – fu nel contempo uno strumento potente nelle mani del regime per manipolare l’opinione pubblica, innalzando la figura dei comunisti e denigrando gli avversari ed i dissidenti del regime.

Di conseguenza, non poteva mancare nella cinematografia, come parte integrante del contenuto indottrinato, anche il fenomeno sopraccitato che rispecchiava il quotidiano: l’erezione dei busti dedicati ai leader comunisti.
Per cui viene costruito appositamente ed eretto un busto di bronzo in un film del 1970, intitolato “L’ottavo in bronzo” anche ad un commissario partigiano dell’Esercito per la Liberazione Nazionale Albanese – esercito, il quale ai tempi della guerra nella realtà aveva come comandante  Enver Hoxha  – in un ruolo interpretato egregiamente dal noto attore albanese, Mevlan Shanaj.
Ed è qui che dalle cerchie delle sue amicizie e conoscenti nasce e subentra il paradosso a lui riferito, che lo stesso attore e regista ironicamente ci riporta come se fosse un aneddoto: “ A Tirana, le uniche due persone ancora in vita, alle quali è stato dedicato un busto sono il dittatore Enver Hoxha e l’attore Mevlan Shanaj!”

Se quel busto di bronzo potesse parlare…
Quando l’attore albanese Mevlan Shanaj “incontra” il busto di bronzo del suo personaggio del film del 1970.

A sua grande sorpresa ed a distanza di oltre trent’anni, invitato  per un’intervista in uno studio televisivo albanese, il regista ed attore albanese Mevlan Shanaj, si trova faccia a faccia, proprio con il suo passato professionale e con il “suo busto di bronzo”.
O meglio, il busto che era servito nel film nel 1970 al ruolo da lui interpretato, fatto a sua somiglianza come attore protagonista, il commissario partigiano Ibrahim. Busto di cui, l’attore aveva completamente perso le tracce …!
In seguito nel 2016, trovandosi per motivi di lavoro nell’archivio di un’istituzione cinematografica a Tirana – in “Alba Studio”-  il regista ed attore albanese Mevlan Shanaj, si trova faccia a faccia nuovamente, proprio con il “suo busto” o meglio, con il busto che era servito nel film al ruolo da lui interpretato, fatto a sua somiglianza come attore protagonista, il commissario partigiano Ibrahim.

Devo ammettere che quando avevo visto questa foto ero rimasta molto impressionata.
Anticipo subito che abbiamo a che fare non con una foto semplice, bensì con un fotoracconto.
Il significato di questa foto lo comprendono al volo, soltanto gli albanesi appartenenti alla generazione a cavallo tra gli anni ’70-’80, anni dell’apologia del comunismo in Albania.
Inizierei con la scheda descrittiva della foto.

Cosa rappresenta questa foto:
Periodo: Anno 2016
Ambientazione: A primo impatto, si intravede già che è ambientata nello spazio di un panorama audiovisivo – si tratta di  Alba Studio, Tirana  – in un archivio di cui scaffali sono stracolmi di scatole metalliche adatte alla conservazione delle pellicole cinematografiche di vari film e documentari.

Soggetti:
Un uomo ed un busto di bronzo!
In fondo, in uno stanzino, c’è un uomo che sembra interagire con un busto, su cui testa ha appoggiato la mano pensieroso e sembra volesse comunicare con quel busto, confidare lui tante verità e riflessioni.

Chi è l’uomo nella foto?
L’uomo ergo, è Mevlan Shanaj, attore e regista albanese di grande spessore e il busto, stranamente è suo! Rappresenta lui stesso! Certo, per funzione artistica e cinematografica.
Per farvi entrare meglio all’interno della vicenda, basta sapere che nel film realizzato durante la dittatura in Albania, precisamente nel 1970, “I teti në bronz” – “L’ottavo in bronzo” , basato sulla sceneggiatura del noto scrittore albanese Dritëro  Agolli, sul suo romanzo “Komisari Memo” – “Il commissario Memo”, Mevlan Shanaj interpreta il ruolo del protagonista. Il regista è Viktor Gjika.
Nella trama del film, lui è Ibrahim,  commissario – comunista naturalmente – di una squadra partigiana ai tempi della guerra. Molto noto ed apprezzato nel ruolo per le sue doti in campo militare e per quelle da leader, molto amato  dai suoi compagni di battaglia. Rimane ucciso in un conflitto a fuoco contro i tedeschi e una volta liberato il paese, nel suo villaggio, viene organizzata la cerimonia del suo anniversario di morte. Questa prassi del culto dell’individuo in dittatura in Albania, la rappresenta anche il film sopraccitato, che nell’anniversario di morte del commissario Ibrahim, nel suo paesino si organizza in sua memoria la cerimonia per l’erezione del suo busto di bronzo!

Quindi, dato che il personaggio protagonista nel film era stato interpretato proprio da Mevlan Shanaj, nel busto era stato proposto lui stesso e questo scatto – il suo “incontro con il proprio busto”fittizio più di trent’anni dopo – rappresenta un momento di riflessione personale dell’artista.
E la loro somiglianza è impressionante!

Informazioni tecniche sul busto forniteci  da Mevlan Shanaj:
Anno realizzazione dell’opera: 1969
“Il busto è stato realizzato proprio dagli scultori albanesi più noti del periodo quali, Kristaq Rama, Muntaz Dhrami e Shaban Hadëri. Nel contempo, nel loro studio stava avvenendo la realizzazione del Monumento dell’Indipendenza Albanese eretto a Valona, il quale costituisce tutt’oggi uno dei più grandi monumenti albanesi per dimensione. Gli stessi scultori erano anche docenti della Facoltà delle Belle Arti di Tirana. In quell’anno, quindi nel 1969 io ero studente dell’ultimo anno presso questa Facoltà. Mi stavo preparando per la tesi di laurea con un ruolo da protagonista nel dramma di Bertold Brecht, “I fucili di Madre Carrar”.
I tre scultori, mentre lavoravano insieme nell’opera del Monumento per l’indipendenza Albanese eretto poi a Valona, contemporaneamente tutti e tre lavorarono anche per la realizzazione di questo busto “per me”. Ne avevano prodotto due copie, perché nel caso capitava che durante le riprese del film, una si danneggiasse in modo irreparabile, l’altra doveva sostituirla immediatamente.
Ed è stato qui che dei miei amici e conoscenti ironicamente crearono l’aneddoto: “A Tirana, le uniche due persone ancora in vita, alle quali è stato dedicato un busto sono il dittatore Enver Hoxha e l’attore Mevlan Shanaj!”
Erano anni che non sapevo più niente su quel busto. Quando a distanza di trent’anni dalla realizzazione del film nel 1970, sono stato invitato in uno studio televisivo albanese per un’intervista, me lo hanno portato proprio lì il busto facendomi un’enorme sorpresa!
In seguito, nel 2016, dovendo io stesso preparare un documentario, intitolato “Rrugët”-“ Le strade”, in cui io facevo da voce narrante del contenuto del documentario, andai ad Alba Studio e lì lo trovai! Il busto era graffiato, ma ad ogni modo resisteva bene al tempo … La foto, l’unica che ho di quel momento, è questa che condivido qui con voi.
Mi sta chiedendo la sensazione che ho avvertito quando ho rivisto il busto dopo più di trent’anni?
Tanta nostalgia per il tempo passato, più che altro, per la mia stessa età …”

Quindi, in quell’istante avviene una sorta di introspezione particolare.
Penso che quell’approccio dell’attore, palesemente emozionato, riporti lui indietro nel tempo:
In quel lontano 1970, nel set cinematografico delle riprese di questo film!
In Albania questo ha costituito un film culto alla propaganda del tempo che correva naturalmente, in quanto incarnasse l’esaltazione alla Lotta per la Liberazione Nazionale Albanese effettuata da parte dell’esercito con comandante generale Enver Hoxha, il dittatore che ha tenuto l’Albania per mezzo secolo nel pugno ferreo dittatoriale.
Di conseguenza, veniva acclamata con notevole forza la figura dei partigiani e dei caduti in guerra.
Il rispetto per i martiri di guerra,  naturalmente è sacro in ogni contesto o paese. Questo è un fattore indiscusso.  

Ma, per quanto riguarda l’Albania, in mezzo secolo di dittatura, bisogna tenere presente che  la cinematografia  albanese durante quei anni di censura, mentre acclamava i valori dei protagonisti positivi – i partigiani, i comunisti – è stata al contempo uno strumento di diffamazione per i veri  antagonisti del regime, con personaggi costruiti ad hoc per denigrare tutti coloro che andassero in contrapposizione alla linea ideologica del sistema totalitario.
Nel film sopraccitato, “I teti në bronz” ( L’ottavo in bronzo), mentre da un lato c’era il protagonista interpretato da Mevlan Shanaj, l’eroe positivo, Ibrahim il valoroso comunista, dall’altro canto l’autore Dritëro Agolli aveva creato il personaggio ridicolo di Sali Protopapa, l’antagonista, il bizzarro esponente del “Balli Kombëtar” (Fronte Nazionale),  in forte contraddizione  storicamente con i comunisti di Enver Hoxha, riferitosi ad una persona vera, interpretato dall’altro noto attore albanese Pirro Mani.

Proposta  per “censura all’inverso” in Albania oggi, in democrazia: L’appello da parte del dirigente dell’Istituto degli Studi dei Crimini del Comunismo di censurare oggigiorno i film del periodo del comunismo, realizzati e proiettati in Albania prima degli anni ’90.

Prendendo spunto da questo, di recente in Albania si è acceso un forte dibattito che ha tentato di  mettere in discussione tutto l’operato artistico cinematografico dell’Albania del realismo socialista, dunque ponendo grossi punti interrogativi sul messaggio che il pubblico percepisse in modo arbitrario da quella cinematografia pilotata dal totalitarismo.

In un’ iniziativa che ha preso forma istituzionale, coinvolgendo un grande numero di esperti dell’arte cinematografica albanese, attori, registi e sceneggiatori, rappresentanti dei  media, scrittori e politici si chiede di bandire i film del realismo socialista albanese, considerati diffamatori per buona parte della popolazione dell’Albania.
Certamente questa iniziativa ha acceso forti dibattiti in varie sfere artistiche, intellettuali, sociali e politiche albanesi dividendo i pareri in pro e contro.

C’è una parte delle persone – compreso l’iniziatore dell’appello stesso – che sostiene se non di censurare totalmente i film, di tagliarne dei pezzi, di determinare almeno una fascia oraria precisa per la loro trasmissione – per il danno che potrebbero provocare sull’educazione dei minori, delle nuove generazioni, per i messaggi sbagliati che a loro potrebbero pervenire visto i loro contenuti dal forte martellamento ideologico – e l’aggiunta di sottotitoli o spiegazioni sul contesto in cui i film erano stati realizzati, il loro vero obiettivo o messaggio che intendevano trasmettere, seguendo gli schemi della censura comunista.
Il tutto, con lo scopo di evitare l’influenzamento della gente dalla nostalgia per il vecchio sistema totalitario, quindi onde evitare la diffusione dell’epidemia “nostalgici del sistema” e non solo: non infierire ulteriormente con la diffusione di queste proiezioni che hanno al centro delle loro trame la denigrazione dei nemici del sistema comunista del periodo della dittatura in Albania, non girare un coltello sulla piaga, toccando le sofferenze che la gente emarginata e perseguitata dal sistema aveva già subito sulla propria pelle e di quella dei loro familiari nella loro vita reale e non più alla finzione artistica.

E c’è l’altra parte delle persone che crede fermamente che, intento umano a parte, questa iniziativa va contro l’arte stessa.
L’arte non si spiega! Con i film censurati parzialmente, tagliandone dei pezzi o aggiungendone spiegazioni, si offenderebbe  in questo modo tutta la categoria degli artisti. Le cose trattate in quei film sono tutte sottintese, non c’è bisogno di spiegazioni … Le ragioni della costruzione di quei determinati stereotipi indottrinati si conoscono bene dagli albanesi.
Le creatività artistiche nonostante si tratti di quelle realizzate sotto la censura in dittatura, portano il marchio del tempo che correva e c’è la consapevolezza di questo da parte di tutti. Naturalmente, non si possono negare  l’impegno, il talento nella recitazione, la dedizione di una intera generazione di artisti in Albania, di spessore e che tutto il mondo ci invidierebbe.

In un’Albania in cui il regime precedente totalitario aveva come arma potente accentrata nelle sue mani, la distruzione e l’eliminazione di tutto ciò che andasse contro la sua linea, essendo state distrutte varie fonti di  patrimoni artistici, religiosi e culturali albanesi, non si può oggi, in democrazia dimostrare di usare lo stesso meccanismo di distruzione per opere artistiche realizzate nel periodo più buio della vita del popolo albanese, il totalitarismo.
Le nuove generazioni anzi, necessitano di conoscere il trascorso dell’Albania, del contesto di vita dei loro cari e la documentazione televisiva, il patrimonio artistico e cinematografico costituiscono una fonte inestimabile di informazione.
L’arte, con il suo effetto universale, fungerebbe al contrario, da strumento per non dimenticare e non inciterebbe nostalgia per quel sistema da cui ombra, gli albanesi non dovrebbero più avere paura.
Gli albanesi  dovrebbero invece affrontare faccia a faccia le sue conseguenze, con la consapevolezza che la storia si conosce più a fondo se si affronta, non evitandola, nemmeno temendo di “intossicandosi” guardando un film indottrinato del passato.

Alla fine, in sintesi questo sarebbe stato anche il parere spassionato di quel busto di bronzo – se avesse potuto parlare  – che a distanza di circa quarant’anni, il noto attore e regista albanese, Mevlan Shanaj si è fermato ad osservare con rispetto e stima per il proprio lavoro e per quello di tutti i suoi colleghi artisti albanesi, con l’impressione che entrambi – attore e personaggio/busto – si trovassero d’accordo su un unico fatto: quello che l’arte cinematografica albanese riferita al periodo prima del 1990 non si tocca e che l’arte e la politica sono due cose ben distinte l’una dall’altra.

 

 

 

 

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