in

Cittadinanza. “Riforma ora, rimandare dopo il referendum significa affossarla”

Pressing della campagna “l’Italia sono anch’io”, che incassa anche l’appoggio del presidente del Senato. Ma la maggioranza rimanda a dopo il 4 dicembre. Gli Italiani Senza Cittadinanza: “Così rinviano le nostre vite”

Roma, 27 ottobre 2016 – L’appoggio della seconda carica dello Stato non basterà a sbloccare il cammino della riforma della cittadinanza per i figli degli immigrati. 

Pietro Grasso, incontrando ieri a Palazzo Madama i rappresentanti della campagna “l’Italia sono anch’io” e del gruppo “Italiani senza Cittadinanza”, ha detto di considerare “una battaglia personale” l’approvazione della riforma e che chiederà alla conferenza dei capigruppo di calendarizzarla subito per la discussione in Aula. L’ultima parola spetta però alla maggioranza che, come ha sottolineato anche il presidente del Senato, in vista del referendum costituzionale del 4 dicembre non vuole affrontare argomenti che considera divisivi. 

“Prima del referendum si è deciso che vanno avanti solo provvedimenti ‘pacifici’ o considerati urgenti dal governo. La responsabilità è della maggioranza, i settemila emendamenti potremmo smaltirli in pochi giorni” ha confermato ieri la senatrice Doris Lo Moro, PD, relatrice della riforma in Commissione Affari Costituzionali, alla conferenza stampa organizzata da “L’Italia sono anch’io”. “So che non stiamo facendo una bella figura con questi ragazzi. Dopo il 4 dicembre, però, non accetterò ulteriori rinvii”. 

“Bisogna fissare un termine per l’arrivo del testo in Aula prima del referendum, anche se la commissione non l’ha ancora approvato. È già successo in altri casi, come per la riforma costituzionale, e in Aula ci sono gli strumenti per superare l’ostruzionismo. È solo una questione politica e la storia degli argomenti divisivi non regge, la maggioranza, anche in queste settimane, non si sono è  fatta problemi ad affrontare altre battaglie” rilancia Loredana De Petris, Sel.

Per la campagna l’Italia sono anch’io, che riunisce una ventina tra associazioni  e sindacati e ha raccolto oltre 100 mila firme sotto una proposta di legge popolare di riforma della cittadinanza, “dopo il referendum” fa rima con “mai”. 

“Bisogna sbrigarsi, approvare la riforma ora, così com’è, per salvarla.  Dal 4 dicembre il panorama politico sarà comunque molto confuso, rimandare ancora significa affossarla” taglia corto Filippo Miraglia, Arci. “A chi dice che è un argomento che divide, ricordo che la maggioranza degli italiani è per lo ius soli, oggi siamo intorno al sessanta per cento, prima erano anche di più. La percentuale scende col peggioramento del discorso pubblico sull’immigrazione. Una ragione in più per muoversi”.  

“Cosa hanno fatto in Commissione per un anno? Perché non l’hanno calendarizzata prima? I figli degli immigrati dovranno aspettare la prossima legislatura? Quanti sono stati già costretti a lasciare l’Italia perché la crisi ha cancellato posti di lavoro e quindi impedito il rinnovo dei permessi di soggiorno? Tutto ciò è rivoltante” denuncia Giuseppe Casucci, Uil. “L’impegno di Grasso è importante, speriamo si possa recuperare, altrimenti sarà davvero molto grave”. 

Per Antonio Russo, Acli, “24 anni di attesa per modificare la legge possono bastare . Il testo arrivato in Senato è una mediazione trovata dalla stessa maggioranza alla Camera, le condizioni ci sono perché la riforma sia approvata prima del 4 dicembre. Il Paese non può rimanere sospeso in attesa del referendum, non si può bloccare un provvedimento fondamentale come questo col rischio che poi non se ne faccia più niente”. 

“La mancanza di volontà politica che vediamo sulla riforma tradisce anche una miopia, una mancanza di prospettive nell’affrontare le problematiche legate alla crisi.  Gli immigrati e i loro figli sono parte della soluzione, basta considerare il loro contributo al welfare e all’economia” fa notare Selly Kane, Cgil. “La nuova legge sulla cittadinanza divide? Può essere approvata lo stesso, come è successo con le unioni civili”

“Così si tradiscono questi ragazzi e le loro speranze. Chiedono di essere riconosciuti per quello che sono, italiani a tutti gli effetti ed è  proprio su di loro che l’Italia deve posare l’impalcatura della società multiculturale” ricorda Liliana Ocmin, Cisl. “In campagna elettorale tutti si sono riempiti la bocca sui diritti delle seconde generazioni, ora che è il momento di onorare le promesse si tirano indietro”. 

Quei ragazzi e quelle ragazza traditi, per ora non si danno per vinti, come ha confermato la delegazione di Italiani Senza Cittadinanza intervenuta alla conferenza stampa in Senato. “Ho trent’anni, sono qui da trent’anni e da trent’anni non sono italiano. Non possiamo essere soddisfatti di come ci stanno trattando”  dice il ballerino romano Sonny Sampson Olumati. “C’è un’enorme mancanza di attenzione, devono rendersi conto che di rinvio in rinvio e stanno rinviando tutte le nostre vite”.

“Noi che abbiamo il coraggio di vivere nel nostro Paese col permesso di soggiorno, col rischio di diventare per la legge ‘immigrati irregolari’ , adesso abbiamo chiesto anche al presidente Grasso di avere coraggio, così come lo abbiamo chiesto alla relatrice Lo Moro e alla Finocchiaro” non si stanca di ripetere la giornalista Paula Baudet Vivanco. “Dalle loro decisioni dipende la vita di ottocentomila alunni nelle nostre scuole, la riforma può anche metterli al riparo dai discorsi d’odio che li prendono di mira”. 

“Io vivo le conseguenza della legge attuale sulla mia pelle, mi ha fatto perdere opportunità, mi fa sentire un emarginato ” spiega il giovane Younes Warhou, 22 anni, studente universitario di Reggio Emilia. “Ho passato tutta la mia vita qui e l’altro giorno la Questura mi ha detto che se non pago cento euro di tassa sul permesso di soggiorno questo verrà revocato e io diventerò un clandestino. Altri Paesi hanno leggi sulla cittadinanza adeguate, l’Italia, il Paese più bello del mondo, non può essere da meno”. 

Elvio Pasca

 

 

 

Taksa mbi lejen e qëndrimit hiqet sërish, hidhet poshtë kërkesa e qeverisë

Taksa mbi lejet e qëndrimi. Cgil dhe Inca: “Fituam përsëri”