Indagine condotta dall’Associazione Bruno Trentin-Isf-Ires della Cgil su un campione di oltre mille immigrati provenienti da diverse aree del mondo, in 10 regioni del nord, centro e sud Italia.
Roma, 30 settembre 2013 – Quattro immigrati su dieci pensano di non poter restare più in Italia e di dover riprendere un nuovo percorso migratorio verso altri paesi europei o di rientro nei paesi di origine. È l’effetto della lunga crisi economica che pesa drammaticamente su tutto il mondo del lavoro ma che incide anche più gravemente sui lavoratori immigrati, in gran parte dequalificati, e sempre più preoccupati di perdere o di non trovare più occupazione.
E’ questo uno dei risultati di un’indagine condotta dall’Associazione Bruno Trentin-Isf-Ires della Cgil su un campione di oltre mille immigrati provenienti da diverse aree del mondo, in 10 regioni del nord, centro e sud Italia. L’intera ricerca dell’Associazione Trentin “Qualità del lavoro e impatto della crisi tra i lavoratori immigrati” verrà presentata il 2 ottobre alle 10 presso la sede della Cgil nazionale, alla presenza del vice ministro del Lavoro e delle Politiche sociali, Maria Cecilia Guerra.
Il quadro che emerge dall’indagine, così come dai dati Istat – si legge in una nota, – descrive ancora una volta un lavoro immigrato dequalificato, in cui non c’e’ quasi mai progressione di carriera e che rimane fortemente confinato nei settori a minor valore aggiunto. La crisi ha colpito l’occupazione, le retribuzioni e le condizioni di lavoro, e l’effetto è che aumentano gli orari ma diminuiscono le giornate lavorative, aumenta il lavoro nero, le forme di falso part time e il falso lavoro autonomo. Ma soprattutto, aumentano le paure e quella di perdere o non trovare più lavoro coinvolge la quasi totalità degli immigrati, perché il lavoro, oltre a garantire un reddito e una vita dignitosa e’ la condizione senza la quale non e’ possibile soggiornare regolarmente nel nostro paese. Dunque i lavoratori sono più ricattabili e le condizioni di lavoro, già molto problematiche, diventano ancora più vessatorie.
Anche chi vive in Italia da molti anni (e sono la grande maggioranza degli immigrati), non sembra che sia riuscito a superare le dinamiche discriminatorie di un mercato del lavoro duale e, purtroppo, anche per le seconde generazioni il percorso di piena acquisizione dei diritti di cittadinanza appare molto difficoltoso.
Non è un caso, dunque, se 4 immigrati su 10 pensano di dover intraprendere un nuovo percorso migratorio che avrebbe effetti non solo sulle esistenze degli immigrati stessi, ma anche sul sistema paese. Gli immigrati rappresentano oltre il 10% del PIL italiano, contribuiscono a sostenere il welfare previdenziale e offrono una compensazione demografica. Inoltre c’e’ un rischio di depauperamento professionale, considerando che le persone più motivate a partire sono quelle più giovani e più istruite.