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Per ricominciare a sognare

23 Marzo 2013 – Grande manifestazione a Bologna dei lavoratori stranieri
di Giuseppe Chimisso*

Migliaia di lavoratori, donne e giovani delle più diverse comunità, giunti anche da altre città, hanno manifestato con decisione e fermezza lungo le strade cittadine, malgrado la pioggia che ha accompagnato il corteo, per rivendicare i diritti inalienabili della persona, quindi la cancellazione della legge Bossi-Fini. Il Coordinamento Migranti di Bologna dopo un lungo lavoro preparatorio, ha portato in piazza a Bologna la rabbia delle comunità straniere, quindi la richiesta di slegare il reddito dal Permesso di Soggiorno, per garantirlo a tutti, la chiusura definitiva dei Centri di Espulsione (C.I.E.), la contrarietà a continuare a subire sanatorie truffa e la denuncia dell’inumana farsa del diritto d’asilo, in poche parole un forte stop al razzismo istituzionale e all’aberrante logica politica generata dalla legge Bossi-Fini vigente da più di dieci anni; questa logica patrocinata da violenti e rozzi demagoghi e che affonda le sue radici sui bisogni della sola economia di mercato e non basata sulle esigenze e sui bisogni delle persone, tratta i lavoratori immigrati solo come braccia al servizio della produzione, braccia delle quali liberarsi alla bisogna.

Foto del Coordinamento Migranti Bologna

Negli ultimi otto anni questa legge è stata gestita in modo burocratico secondo le perniciose norme del Regolamento d’Attuazione, il cui nodo centrale è la stipulazione del contratto di soggiorno che lega sostanzialmente il Permesso di Soggiorno al contratto di lavoro; queste normative, ostilmente discriminanti nei confronti dei lavoratori stranieri e delle loro famiglie, vanno ad accentuare la condizione di ricattabilità ed il rischio di espulsione o di clandestinità  nel caso di perdita del lavoro, eventualità sempre più frequente stante la crisi economica che attanaglia la società. 

Nei fatti la legislazione xenofoba vigente, vero vulnus per la già anomala democrazia italiana, prevede che i lavoratori e le lavoratrici straniere non siano “soggetti di diritto”, infatti il Regolamento d’Attuazione, oggettivamente ribadisce che il portatore dei diritti è il titolare dell’attività, in volgo il padrone, come in una sorta di restaurazione delle servitù medievali –

Foto del Coordinamento Migranti Bologna
“La grande e combattiva manifestazione di oggi propone ancora una volta l’esigenza di ‘protagonismo dei migranti’ e la voglia di esserci, di contare e di determinare il proprio futuro al di là degli equilibri politici e di governo, insomma di poter sognare liberamente la costruzione di un progetto di vita nella legalità e nel rispetto reciproco”, queste le parole di Babakar Ndyaye, uno degli storici portavoce del Coordinamento Migranti, che quasi me le urla in faccia con la sua caratteristica foga e determinazione.

La manifestazione è stata preceduta il 22 marzo dallo sciopero della logistica, ove sono occupati moltissimi  lavoratori stranieri, sciopero che ha trovato l’adesione di gran parte dei lavoratori tanto che l’INTERPORTO di  Bologna, grande centro regionale di distribuzione merci, è rimasto paralizzato, si sono formate nelle strade colonne di camion lunghe chilometri e diversi grandi  magazzini di distribuzione come la MTN, TNT, UPS e BARTOLINI sono stati chiusi sino a lunedì 25 marzo, bloccate anche DHL ed Sda.  Ad Anzola Emilia presso i magazzini centrali di Coop Adriatica e di Unilog, la tensione alle stelle è sfociata in scontri con numerosi feriti quando la polizia ha tentato di sfondare i picchetti.

La sacrosanta lotta dei lavoratori contro la girandola di false cooperative che spesso cambiano nome, di proprietà di chissà chi, coop che coprono in gran parte il lavoro nero e grigio, lavoro che la gran parte di lavoratori stranieri (il 95% del totale) è costretto ad accettare per la spada di Damocle rappresentata dalla Legge Bossi-Fini, ha visto una splendida giornata di autodeterminazione e di lotta;  un conflitto che sa d’antico, con picchetti all’alba e denunce di attentati alle auto dei sindacalisti di base.

Lo sciopero del 22 e la manifestazione del 23 Marzo hanno rappresentato una vera e propria battaglia di civiltà condotta dai lavoratori stranieri, al fine di non rischiare di essere espulsi, di essere gettati nella clandestinità, perdendo i contributi versati, vanificando anni di sacrifici, di sogni e in molti casi anche di successi.

Foto del Coordinamento Migranti Bologna
Lavoratori per troppi anni rimasti defilati e psicologicamente succubi di una società che li considera cittadini di serie B, finalmente alzano la testa; società che, grazie ai pennivendoli dei mass-media, ha persino coniato, diffuso ed imposto all’opinione pubblica terminologie dalla equivoca connotazione che finiscono per determinare modalità di approccio scorrette e discriminatorie quasi al punto di marchiare socialmente gli stranieri provenienti dai paesi poveri, qualificandoli extracomunitari, laddove un corretto utilizzo del termine dovrebbe classificare come extracomunitari anche i ricchi statunitensi, i canadesi, gli svizzeri o i sanmarinesi, solo per fare qualche esempio…

Lavoratori che producono, che pagano le tasse e non vogliono essere confusi con i delinquenti, perché, pur nelle differenze culturali, di lingua e di religione, rispettano le regole sociali e pertanto ritengono non solo un dovere ma anche un diritto l’integrazione nella società che li ospita e perché molti di loro possono, per di più, produrre credenziali di tutto rispetto che attestano di meritarlo.

Faremmo tutti male a sottovalutare la portata di questo disagio, che è così profondo da spingere anche i più miti tra gli immigrati a propositi di strenua difesa della propria dignità.

Lo Stato Italiano potrebbe trovarsi presto a rimpiangere di non aver capito prima e di non aver prima dato le giuste risposte alle giuste richieste.

La ‘società civile’ non può rimanere alla finestra, non può rimanere insensibile alle grida di sofferenza ed alle richieste di solidarietà da parte di consistenti spezzoni di umanità che oramai rappresentano il dieci per cento della popolazione e che, faremmo bene a capirlo ed a rallegrarcene, rappresentano già oggi gli italiani di domani.

Non possiamo continuare a non vedere, a non sentire ed a non mobilitarci per impedire l’applicazione di una nefasta legislazione che spaccia per problemi d’ordine pubblico un’epocale trasformazione sociale in atto e che rappresenta per le sue tragiche imposizioni ed i suoi contorti iter, una gabbia di ferro per la popolazione non italiana ed in definitiva un salto nel buio per tutta la società.

* Giuseppe Chimisso è tra i fondatori del Coordinamento Migranti Bologna

 

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