Di Gjergji KAJANA
I politici albanesi bisogna vederli intervistati spesso dagli giornalisti stranieri. Non perché quelli albanesi non sono abbastanza bravi ma perché di fronte a quelli stranieri, che sono più diretti, devono poter dimostrare di poter essere all’altezza di una platea che non è solo albanese e alla quale devono presentarsi per la prima volta. Così, dopo l’apparizione su “Hardtalk” di Berisha (2008) e di Rama (2013), ecco l’attuale premier albanese alle “Invasioni barbariche” di Daria Bignardi. E’ il programma dove un anno fa Renzi praticamente sdoganò Letta da Palazzo Chigi invitandolo a “stare sereno”. Questa volta Rama ha fatto l’albanese antibarbaro alle “Invasioni” e ha fatto capire agli italiani che l’hanno seguito in TV che possono stare sereni: l’Albania non è più una nazione problematica per Roma e l’Europa, anzi sta diventando la nuova “Isola dei famosi” delle star italiane. Gli albanesi in Italia sono stati seguiti per tanti anni da una valutazione negativa, ma negli ultimi anni sui media italiani questa valutazione sta cambiando grazie alla raggiunta integrazione della seconda generazione degli immigrati e alla forte immissione di studenti universitari spessissimo eccellenti.
Rama dovrebbe apparire più rassicurante di Berisha ai media stranieri. Ha una parlata più tranquilla, scandisce le parole come se fosse in un consiglio di facoltà invece che in un comizio, cosa che non succede con Berisha. Rama segue le domande degli intervistatori con il suo solito sorriso tra l’ironico e il divertito e si prende una brevissima pausa prima di rispondere, cosa che l’aiuta ad essere più logico nelle risposte del predecessore, sempre motivato dalla fretta dialettica di affermare velocemente il proprio ragionamento. E’ definitivamente anche un altro tipo psicologico di albanese rispetto all’irruente Berisha. Ed è un tipo di albanese che fa fare al nostro paese una figura migliore di fronte agli spettatori internazionali perché meno balcanico di Berisha e più affine alla loro razionalità.
Alle “Invasioni” il premier ha potuto rinnovare l’invito agli imprenditori italiani di investire in un paese dove non ci sono i sindacati e le tasse sul profitto sono solo al 15%. Non ha fatto il premier tecnico (in effetti lo è poco: preferisce sempre spiegare i programmi a grandi linee invece che essere più professorale), non ha snocciolato cifre sulla crescita economica e l’attività imprenditoriale a Tirana e dintorni, ha detto invece che gli italiani stanno già invadendo economicamente il nostro paese, segno che questi si è normalizzato. Stoccata inattesa (ma meritata) al populista Grillo (il comico che fa cattiva politica) e toni morbidi anche quando gli è stato ricordato il pestaggio subito nel 1997 e i difficili rapporti con gli avversari politici. Un errore di grammatica (“barbaria” invece di “barbarie” quando si è parlato dell’ISIS), un errore di geografia (Adriatico invece del Mediterraneo) quando si sono menzionate le migrazioni tragiche dall’Africa verso l’Europa. Laddove un politico più tecnico avrebbe detto che l’UE oggi soffre più che mai della “fatica da allargamento”, Rama ha detto che l’Europa non deve avere paura di allargarsi e non deve cedere ai nuovi populisti europei. E’ questo un messaggio dovuto dal premier di un paese che può modernizzarsi solo se segue le orme dell’Occidente e al quale non conviene che l’Unione si sfasci proprio mentre esso si avvicina. Facendo il promoter delle eccellenze universitarie albanesi in Italia (le quali deve prendere la briga di incontrare), Rama non ha però detto cosa intende migliorare il suo governo nel sistema albanese per far integrare in massa i più meritevoli. Cosi come il fatto che ancora manca il diritto di voto per gli albanesi all’estero, sono domande queste che devono farli i Bignardi di Tirana.
Il segno che rimane dall’intervista di Edi Rama è che egli è un buon promoter dell’Albania. Nell’Italia trova un terreno fertile “in primis” perché il capitale dell’ex-Belpaese è attrato fortemente dal mercato albanese e poi perché agli italiani, un popolo uscito dalla povertà solo 60 anni fa, piacciono le storie di successo che ricordano la loro che fu. Le similitudini con Renzi sono reali e la lezione che il rottamatore di Tirana deve trarre da quello di Firenze è che per cambiare paesi in affanno serve la velocità di esecuzione. La velocità dialettica di Rama rispetto ai colleghi nazionali è indubbia (quanti politici albanesi non diventerebbero ridicoli di fronte a una intervista di 30 minuti in una lingua straniera su un canale TV straniero?), quella politica di esecuzione potrebbe diventare ancora più renziana con la lotta in corso contro l’informalità. In estate c’è la prova elettorale delle urne amministrative, mentre infuria ancora la dannosa guerra con il Presidente della Repubblica berishiano. Ah le fatiche da premier, questi si che sono barbariche per un premier antibarbaro!