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5,3 milioni di immigrati regolari in Italia, “aumentano nonostante la crisi”

Sono l’8% della popolazione, oltre un decimo degli occupati. Più di un milione i minori. “L’Italia è a un punto di non ritorno”. I dati del nuovo Dossier Statisico Immigrazione

Roma, 29 ottobre 2014 –  “In Italia siamo arrivati a un punto di non ritorno. L’immigrazione è aumentata anche nel 2013, un ulteriore anno di grave crisi occupazionale, così come è aumentata in questi ultimi difficili sei anni, rivelando il suo carattere strutturale”.

Franco Pittau commenta così i dati del Dossier Statistico Immigrazione 2014 – Rapporto UNAR presentato oggi a Roma. E avverte: “È già scritto per ragioni demografiche che l’Italia sarà un paese di maggiore immigrazione. Bisogna preparare questo futuro con una mentalità adeguata, che impegna sia i decisori pubblici sia i singoli cittadini”.

Alla fine del 2013, gli stranieri residenti nel paese sono ufficialmente 4.922.085 su una popolazione complessiva di 60.782.668, con un aumento rispetto all’anno precedente di 164.170 unità (+3,7%), al netto delle revisioni censuarie. Ma il Centro Studi e Ricerche IDOS stima una presenza effettiva di 5.364.000 persone in posizione regolare.

Le donne sono il 52,7% del totale, i minori oltre 1 milione (925.569 quelli con cittadinanza non comunitaria). L’incidenza dei residenti stranieri sulla popolazione totale ha raggiunto l’8,1% (1 ogni 12 abitanti)e in 27 province supera il 10%, con punte massime in alcuni piccoli comuni, tra i quali spicca Baranzate in provincia di Milano (incidenza del 31%).

Oltre la metà degli immigrati (51,1%) provengono da soli cinque paesi: Romania (933mila), Marocco (525mila), Albania (503mila), Cina (321mila) e Ucraina (234mila). La presenze si concentrano per lo più al Nord 60,1%, seguono Centro 25,4% e Sud 14,6%-. Nel 2013, un quarto degli stranieri risiede in sole quattro province (Roma, Milano, Torino e Brescia). Gli stranieri residenti in Lombardia (oltre 1 milione) sono il 22,9% del totale nazionale e quelli residenti nel Lazio (oltre 600mila) il 12,5%.

Rispetto al periodo antecedente la crisi, i flussi d’ingresso di nuovi lavoratori sono molto diminuiti. Nel 2013, i visti rilasciati per soggiorni superiori a 90 giorni sono stati 169.055, di cui solo 25.683 per lavoro subordinato e 1.810 per lavoro autonomo. A determinare la crescita della popolazione straniera sono soprattutto gli ingressi per ricongiungimento familiare (76.164 visti) e le nuove nascite (77.705 a fronte di 5.870 decessi).

Con l’immigrazione la società italiana è diventata strutturalmentemultireligiosa. Si stima che tra gli stranieri le appartenenze religiose si ripartiscano come segue: musulmani 33,1%, ortodossi 29,6%, cattolici 18,5%, fedeli delle tradizioni religiose orientali 6,4%, evangelici e altri cristiani 5,0% e, a seguire, altri gruppi di ridotte dimensioni.

I cittadini italiani per acquisizione, che erano 285.782 nel 2001, sono saliti a 671.394 al Censimento del 2011 (+135%), cui si aggiungono 65.383 acquisizioni nel 2012 e 100.712 nel 2013.

Nel 2013, 145.670 permessi di soggiorno sono scaduti senza essere rinnovati, ma non è dato sapere quanti di questi immigrati si siano trattenuti irregolarmente in Italia. Il Dossier stima meno di mezzo milione di persone in posizione irregolare, pari a neppure un decimo della presenza regolare, la stessa incidenza accreditata dalle Nazioni Unite a livello mondiale.

L’Italia è anche terra d’asilo per chi fugge da guerre e persecuzioni. Aumentano le persone arrivate qui a bordo di barconi sfidando il Mediterraneo: 43mila nel 2013 e oltre 130mila nei primi 9 mesi del 2014, con almeno 3mila persone morte nel corso di quest’ultimo anno durante la traversata. Nel 2013 sono state presentate qui 26.620  richieste d’asilo, che rimangono comunque molto poche, ad esempio, rispetto alle oltre 127mila ricevute dalla Germania.

Gli occupati stranieri sono 2,4 milioni, oltre un decimo del totale (l’incidenza era solo del 3,2% nel 2001). L’87,1% svolge un lavoro dipendente, seppure con notevoli differenze tra le varie collettività. Prevale l’occupazione nei servizi (63,6%) su quella nell’industria (31,7%, con il 13,3% nelle sole costruzioni) e in agricoltura (4,7%).

La crisi si sente. Alla fine del 2013 si contavano 3 milioni e 113mila disoccupati in Italia (493mila dei quali stranieri). Tra gli stranieri il tasso di disoccupazione è salito nel 2013 al 17,3%, mentre tra gli italiani all’11,5%; viceversa, il tasso di occupazione è sceso al 58,1% tra gli stranieri e al 55,3% tra gli italiani. Nel periodo della crisi (2008-2013), inoltre, il tasso di disoccupazione degli stranieri è aumentato di 5,7 punti percentuali (tra gli italiani di 3,6 punti).

Pur nella precarietà della situazione attuale, gli immigrati, in quanto produttori di reddito, hanno continuato a sostenere i loro paesi di origine e le loro famiglie attraverso l’invio delle rimesse, che sono state, nel 2013, pari a 542 miliardi di dollari a livello mondiale e a 5,5 miliardi di euro in Italia (in calo per via della crisi, rispetto ai 6,8 miliardi del 2012).

Il Dossier si concentra anche sulle discriminazioni. I casi  segnalati all’Ufficio Nazionale Antidiscriminazioni Razziali nel 2013 sono stati 1.142, dei quali il 68,7% su base etnico-razziale. I mass media rappresentano il fronte più esposto (34,2% delle segnalazioni rispetto al 19,6% dell’anno precedente), consistenti sono anche i casi di discriminazione nei contesti di vita pubblica (20,4% del totale). Accomunati da un’incidenza di poco superiore al 7% di tutte le segnalazioni sono le discriminazioni segnalate nell’accesso al lavoro e ai servizi pubblici, mentre il 5,1% ha riguardato l’accesso alla casa. Valori percentuali minori, ma non trascurabili (attorno al 4%), contrassegnano le discriminazioni denunciate nei confronti della scuola e delle forze pubbliche.

Spesso gli atteggiamenti di chiusura sono dettati da visioni parziali e poco chiare del fenomeno migratorio. Nella prefazione al Dossier, Marco De Giorgi, Direttore Generale dell’UNAR, ricorda che “straniero è un aggettivo utilizzato non solo per indicare quanti sono originari di un altro paese ma, purtroppo, anche per etichettare i “diversi”, anche solo per tratti somatici, come estranei, misconoscendone l’identità e le virtualità positive ed esponendoli al rischio di emarginazione”.

“Questa impostazione – continua De Giorgi – non ha risparmiato neppure gli immigrati comunitari, come attesta il caso dei romeni. Di questa e di altre collettività è tempo di scoprire le tradizioni culturali, gli eventi e i personaggi che le caratterizzano”. È tempo, insomma, di passare “dalle discriminazioni ai diritti”.

Lexo edhe: Mbi gjysmë milioni shqiptarët në Itali

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