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Diventare italiani a 18 anni. Meno ostacoli e una lettera per le seconde generazioni

In vigore definitivamente dal 21 agosto le novità previste dal “Decreto del Fare”. Un “buco” all’anagrafe non è più un problema, e i Comuni devono informare per tempo chi è nato e cresciuto in Italia

Roma, 22 agosto 2013 -“Vieni in Comune e diventa italiano”. È il succo della lettera che d’ora in poi migliaia di giovani in tutta Italia si vedranno recapitare a casa prima di diventare maggiorenni.

Con la conversione in legge e la pubblicazione (il 20 agosto) in Gazzetta ufficiale, sono diventate definitive le norme previste dal cosiddetto “decreto del Fare” per le seconde generazioni. Un intervento circoscritto, ben lontano dalla riforma invocata da tanti, ma che comunque semplifica il cammino verso la cittadinanza dei figli dell’immigrazione nati e cresciuti in Italia.

Come? Innanzitutto, specificando che ai ragazzi e alle ragazze che, dopo aver spento diciotto candeline, chiedono di diventare italiani, “non sono imputabili eventuali inadempimenti riconducibili ai genitori o agli uffici della Pubblica Amministrazione” e che quindi possono “dimostrare il possesso dei requisiti con ogni idonea documentazione”.

Un chiarimento utile, ad esempio, quando ci sono “buchi” nell’iscrizione all’anagrafe. Qualche minore può infatti sparire dai registri dei residenti perché la famiglia si è trasferita e non lo ha comunicato subito al nuovo Comune, ma ciò non toglie che intanto il bambino è rimasto comunque in Italia, requisito indispensabile per diventare, un giorno, italiano.

E così, recependo un orientamento già previsto da una circolare del ministero dell’interno e dalle sentenze dei giudici, ora la legge prevede che, quando i certificati storici di residenza non bastano, si possono presentare altri documenti. È il caso, per esempio, di certificati medici o attestati scolatici che dimostrino che, anche se non si era iscritti all’anagrafe, comunque si viveva qui.

Un’altra novità importante riprende una buona pratica già avviata da diversi comuni italiani, come Milano. Una semplice lettera che spiega alle seconde generazioni i loro diritti, e responsabilizza i Comuni nei loro confronti.

Il decreto dice che gli ufficiali di stato civile sono tenuti “nel corso dei sei mesi precedenti il compimento del diciottesimo anno di età” a comunicare all’interessato, presso la sua residenza, la possibilità di esercitare il diritto di diventare italiano entro il compimento dei diciannove anni. Se il comune non fa questa comunicazione, il diritto potrà essere esercitato anche oltre quel termine.

Elvio Pasca

Testo del decreto-legge 21 giugno 2013, n. 69, coordinato con la legge di conversione 9 agosto 2013, n. 98, recante: «Disposizioni urgenti per il rilancio dell’economia». (13A07086)

Art. 33
Semplificazione del procedimento per l’acquisto
della cittadinanza per lo straniero nato in Italia

1. Ai fini di cui all’articolo 4, comma 2, della legge 5 febbraio
1992, n. 91, all’interessato non sono imputabili eventuali
inadempimenti riconducibili ai genitori o agli uffici della Pubblica
Amministrazione, ed egli po’ dimostrare il possesso dei requisiti
con ogni idonea documentazione.

 2. Gli ufficiali di stato civile sono tenuti, nel corso dei sei
mesi precedenti il compimento del diciottesimo anno di età, a
comunicare all’interessato, nella sede di residenza quale risulta
all’ufficio, la possibilità di esercitare il diritto di cui al comma
2 del citato articolo 4 della legge n. 91 del 1992 entro il
compimento del diciannovesimo anno di età. In mancanza, il diritto
può essere esercitato anche oltre tale data.

2-bis. Entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della legge
di conversione del presente decreto, gli uffici pubblici coinvolti
nei procedimenti di rilascio della cittadinanza acquisiscono e
trasmettono dati e documenti attraverso gli strumenti informatici.

 

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