Cerimonia in Comune. Il sindaco Cialente: “Accelerare l’italianità senza perdere il legame con la cultura d’origine”
L’Aquila, 7 gennaio 2013 – Cittadinanza onoraria, con l’augurio (e un richiamo al Parlamento) che diventi presto una cittadinanza a tutti gli effetti. È il dono che la Befana ha portato ai figli degli immigrati a L’Aquila.
Ieri mattina, nel corso di una seduta straordinaria del Consiglio comunale, il sindaco Massimo Cialente ha conferito la cittadinanza onoraria ai bambini nati in Italia da genitori stranieri e residenti in città. Durante la cerimonia, insieme a una pergamena con l’onorificenza, è stata distribuita ai bambini una copia della Costituzione della Repubblica Italiana, tradotta in dodici lingue.
“È normale – ha spiegato Cialente – che bambini nati all’Aquila siano considerati aquilani a tutti gli effetti; è normale riconoscere loro i nostri stessi diritti ed è più che mai necessario accelerare l’italianità di chi in Italia è nato, pur se da genitori stranieri. A voi bambini figli di genitori nati altrove – ha aggiunto – il compito di mantenere comunque forte la cultura dei vostri Paesi d’origine perchè possa arricchire la nostra di cultura, per un fondamentale futuro di crescita senza pregiudizi, condivisa e consapevole della necessità del camminare insieme”.
Emozionato Gamal Bouchaib, rappresentante degli immigrati in consiglio comunale a l’Aquila. “È difficile spiegare col cuore quello che solo la ragione sa dire. Abbiamo vinto un’importante battaglia civile e dato al Paese intero un forte segnale di cambiamento. A questi bambini auguro un futuro migliore, sperando che il Parlamento possa presto legiferare in materia”.
È stato un consigliere di minoranza, Ettore Di Cesare, a promuovere in Consiglio Comunale l’ordine del giorno per il conferimento della cittadinanza onoraria. “È un provvedimento simbolico – dice, – ma utile a lanciare un messaggio forte a livello nazionale. Dobbiamo dare a questi bambini le se stesse opportunità, gli stessi diritti, che sono stati dati ai nostri nonni nel momento in cui gli immigrati erano loro”.
“Va cambiata la Bossi – Fini – incalza Di Cesare – perché è solo attraverso politiche sociali volte all’accoglienza che una collettività è in grado di crescere. Questi bambini, oggi, rappresentano la nostra linfa vitale, la ricostruzione della nostra comunità”.