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Dopo Lampedusa: etica della responsabilità ed etica dei principi

Di Giuseppe Chimisso

Ci sono voluti più di quattrocento morti affogati nel corso di una settimana che ha visto diversi barconi affondare, per varare l’operazione umanitaria ‘Mare Nostrum’, la quale dovrebbe controllare larghi specchi di mare del canale di Sicilia per impedire il ripetersi di tali tragedie e poter soccorrere in mare le migliaia di disperati che cercano di raggiungere il Sud d’Europa.

Dobbiamo ancora affrontare, però, un passaggio tanto delicato, quanto complicata è la matassa da sbrogliare sul tema clandestinità ed emergenza umanitaria.

Si tratta dell’eterno problema posto dall’etica delle responsabilità che non sempre, pare, si può conciliare con l’etica dei principi. Mi spiego; non vi è dubbio che non sia accettabile iscrivere la disperata ricerca di salvezza dall’inferno della guerra civile e della miseria alla categoria della clandestinità.  Non vi è dubbio che in una certa misura questa condizione disperante sia stata generata anche da gravissimi ‘errori’ da parte di governi occidentali, i quali perciò non possono chiamarsi fuori dagli effetti prodotti dai loro sbagli. Non vi è pero alcun dubbio sul fatto che gran parte delle responsabilità dirette è a carico dei poteri dominanti nelle aree di provenienza dei profughi.

Quando parliamo dei profughi non parliamo della marmaglia in continua attività delinquenziale che affolla impunita le strade delle città del Bel Paese, dove un ceto politico infame le ha permesso di trovare sicuro rifugio; i delinquenti di tutte le risme e di tutti i paesi vanno rispediti nei luoghi d’origine senza se e senza ma. E’ ora che la popolazione non debba subire i delinquenti che la fanno da padrone e nel contempo subire anche l’ignavia delle forze politiche che permettendo loro di delinquere, rafforzano mentalità razziste ed interessi politici dei partiti dei vari trota. Di fronte ai veri profughi invece la solidarietà è un obbligo; per far fronte al quale però non basta la buona volontà: ci vogliono mezzi e ci vogliono le condizioni di fattibilità proporzionata all’entità del fenomeno. E questo è il punto. Nel sud del Mediterraneo si è formata una fascia di instabilità geo-politica a dir poco preoccupante che potrà configurare possibili conflitti futuri. È un vero e proprio inferno dilagante che va dalla Turchia al Marocco e dietro quest’area di confine è tutto un ribollire di tensioni e di tragedie dal Corno d’Africa al Congo con milioni di profughi interni al continente africano e, solo per ora, ristrette minoranze riescono a raggiungere L’Europa.

Cosa può fare l’Italia da sola, con la sua atavica e tradizionale disorganizzazione? Ridotta com’è dalla platea sterminata, trasversale e forsennata degli assalitori politici alla diligenza? Cosa potrebbe fare l’Europa se fosse unita nella solidarietà e nella volontà politica? Ipotesi quest’ultima ad oggi peregrina; l’Europa unita è una favola per anime belle, l’unica realtà europea è quella del mercato unico, delle Banche e delle moneta. Il ruolo attuale dell’ONU è a dir poco patetico quando siamo di fronte a fenomeni che potrebbero divenire epocali anche per lo stesso ‘occidente’. L’ONU dovrebbe intervenire con vere e proprie operazioni squisitamente umanitarie di carattere sistemico per aiutare i profughi vicino alle aree dalle quali fuggono per non fargli fare decine di migliaia di chilometri alla mercé dei mercanti d’esseri umani, invece quando va bene organizza campi profughi che sembrano più baraccopoli, destinate a divenire perenni, che luoghi in cui si coltiva ed si organizza, oltre alla speranza del ritorno, anche una vita degna di questo nome.

Quotidianamente siamo soffocati e continuiamo nei nostri patetici balletti dove si fa un uso dei profughi strumentale all’accesso alla greppia (dei 40 euro quotidiani per profugo solo) soddisfano i loro bisogni, gli altri 32 alimentano le variegate organizzazioni che se ne occupano), oppure se ne fa un uso politico bieco e blasfemo per sollevare le più recondite ed oscure paure nella popolazione e poter poi, andare all’incasso alle elezioni.

Se si continua in questo modo, con la presenza inveterata di delinquenti, praticamente impuniti, nelle nostre strade e l’Italia incapace di affrontare i primi segnali di fenomeni epocali, che si stanno evidenziando negli ultimi anni, non dovremo poi lamentarci se ci sarà una ripresa vigorosa di fenomeni xenofobi. Questo momento rappresenta il passaggio più difficile e più delicato e denso di pericoli: tradurre la tensione sacrosanta dell’etica dei principi in operatività concreta che però, in questo mondo , passa solo per l’etica della responsabilità, dove ad ogni azione che si intende fare è necessario accompagnare un giudizio onesto sulle conseguenze che esso genera. La società italiana non è quella albanese che accolse e sfamò quasi ottocentomila profughi kosovari; sappiamo che la società italiana, seppure molto ricca, quindi egoista, è gestita da un apparato statale incartato che non è in grado organizzativamente e legalmente di dare ospitalità ed un pasto caldo a tutti i profughi, di dare insomma un’ancora di salvezza ai richiedenti asilo, il rischio è di naufragare assieme.

Questa è la sfida dei prossimi decenni che dobbiamo cominciare a considerare, a dibattere e finalmente ad operare, sempre che ci stia a cuore quel che resta delle nostre conquiste di civiltà sempre più erose dalla cafonaggine di una politica urlata, meschina, fatta di prostituzione “elegante”, di corruzione straripante da una parte e di un raffinato saccheggio di beni e risparmi dei lavoratori e produttori di ricchezze dall’altra, magari in nome dell’equità e della solidarietà; tutta merce che si trasforma poi, in prebende ed in privilegi, quando non in ruberie plateali.

 

Tregtarët me qeleshe / 5

Ricongiungimento familiare. Ho una ditta individuale, come dimostro il reddito?