Di Gino LUKA
Dora d’Istria, pseudonimo della principessa Helena Koltsova-Massalskaya, nata Elena Ghika (Bucarest, 22 gennaio 1828 – Firenze, 17 novembre 1888), è stata una scrittrice romena, di origine albanese ma russa e italiana per acquisizione, esponente del Romanticismo e del Femminismo, considerata la Mary Shelley dell’Europa orientale. In Toscana ebbe l’opportunità di entrare a far parte della prestigiosissima Accademia Nazionale dei Lincei.
L’anno scorso, dopo aver letto alcune opere di Dora d’Istria, decido di andare a trovare la casa di Dora d’Istria. Ero convinto di trovare a Firenze, in via Leonardo da Vinci 28, la sua Villa circondata di quel bellissimo giardino che, come lo descriveva Prof. Dott. Demetrio Bargellini nel suo libro “L’arboreto istriano: ossia descrizione degli alberi coltivati nel giardino della principessa Koltzoff Massalsky (Dora d’Istria), dei loro usi economici, industriali e medicinali nonché delle proprietà generali delle loro famiglie secondo le quali furono classati”, pubblicato a Firenze, nell’agosto del 1887, sarebbe stata un’esperienza unica…
Nel suo libro, qui di seguito, la prefazione del libro di Prof. D. Bargellini (Firenze, Agosto 1887):
La bellezza e rarità degli alberi che compongono questo Arboreto, l’eleganza con cui sono piantati, e la diligenza colla quale sono coltivati sotto la direzione della illustre Principessa Elena Kottzoff Massalsky (Dora d’Istria) che li possiede, mi hanno determinato a farne la descrizione notando specialmente i più belli e rari esemplari, nonché gli usi economici e medicinali di essi, coadiuvato in questa non lieve intrapresa dalle cognizioni di Colei che ha la fortuna di possederli.
– Fino dall’anno 1871 l’illustre Signora comprò dal Municipio di Firenze dei terreni incolti situati fuori di porta a S. Gallo in Via Leonardo da Vinci, e dopo di aver fatto costruire dei canali d’irrigazione vi fece piantare prima il giardino e quindi l’Arboreto disegnato a Parigi da uno dei più distinti architetti. Gli alberi che lo compongono furono accuratamente scelti dalla Principessa che ne inviò la nota a Parigi, e ai principali giardinieri di Firenze: però la grande palma dell’età di 24 anni le pervenne da Bordighera, e l’altra le giunse da Atene circondata da terra greca…
Dopo aver girato e percorso diverse volte Via L. da Vinci, non riuscivo a trovare la “targa che la ricorda” menzionata nelle diverse biografie.
Oggi di Dora d’ Istria “unica donna di grandi meriti, come la definì Paolo Mantegazza, rimane in Firenze solo una lapide che si trova affissa nel piccolo giardino condominiale di quello stabile, costruito nel 1960, che si trova in via Leonardo da Vinci n. 28.
Dal 1960 la villa a due piani, circondata da un grande parco, da Lei tanto amato e visitato e limitato da alte mura, non esiste più. Al posto di quella proprietà è stato edificato uno stabile suddiviso in vari appartamenti e al cui progetto molti fiorentini si opposero, sostenendo in una loro petizione che il progetto avrebbe alterato “lo stato attuale delle aree destinate a giardino con grave pregiudizio dell’ insolazione e dell’aereazione delle case circostanti” e che il giardino sarebbe stato “ridotto ad un angusto cortile privo d’ aria, di luce e di sole”. E così purtroppo avvenne: “Villa d’ Istria“ fu demolita insieme al giardino e alle mura (cit. Marta Questa).
Nelle varie biografie leggiamo: al suo posto (della casa) si erge una moderna (dipende dai punti di vista) palazzina a ridosso dei viali di Circonvallazione, in via Leonardo da Vinci 28, dove però resta ancora una targa del 1915 che la ricorda.
In seguito alla delusione di Villa d’Istria, e la frustrazione di aver trovato al posto della Villa un ripugnante condominio, decido di visitare la tomba di Dora d’Istria.
Vorrei ricordarla con un fiore, desidero in quel giorno dei morti… visitare il cimitero fiorentino di Trespiano questa “Valle di Giosafat fiorentina”.
In particolare il mio desiderio è trovare la tomba di Dora d’Istria. Quindi, la prima cosa da fare è recarsi all’ufficio informazioni. Chiedo, facendo riferimento alla data di morte, della tomba di Dora d’Istria. Al cimitero lei è registrata con il suo vero nome: Elena Gjika (Ghika).
Non c’è una tomba, come la pensavo io almeno. Le sue ceneri si trovano collocati al Tempio Crematorio (Cimitero di Trespiano). Dora d’Istria lascia in eredità tutti i suoi beni all’Istituto nazionale sordomuti di Firenze.
Certificato necroscopico:
Tempio Crematorio:
L’urna (in alto) dove vengono custodite le ceneri di Dora d’Istria (un omaggio dell’Istituto dei sordomuti di Firenze):
Ma la storia non può finire così… tramite una ricerca presso le librerie di antiquariato di Firenze trovo una lettera manoscritta di Dora d’Istria. L’antiquario non sa nemmeno della sua esistenza. Mi chiede se sono un esperto, altrimenti non sarei stato capace a trovare la lettera, dice lui. Gli rispondo che sono un appassionato di letteratura.
La lettera è datata del 26 febbraio 1862 (154 anni, non è in buone condizioni). Dopo averla vista, guardata e letta penso di incorniciarla e appenderla in uno dei muri del mio studio. Mi chiedo se fosse giusto conservarla “nascosta”.
È un peccato tenerla solo per me questa lettera. Sarebbe bello regalarla alla Biblioteca Nazionale d’Albania, ho pensato subito…
I doni non hanno lo stesso scopo del commercio e dello scambio nelle nostre società più elevate. Lo scopo è prima di tutto morale, l’oggetto è quello di produrre un sentimento di amicizia tra le due persone interessate e se l’operazione non ottenesse questo effetto tutto verrebbe meno (cit. Marcel Mauss).
Lo scambio dei beni, anche se di valore intrinseco non fondamentale, è uno dei modi più comuni e universali per creare relazioni umane. Dare, avere, ricambiare.
Il valore del dono sta nell’assenza di garanzie per il donatore. Un’assenza che presuppone una grande fiducia negli altri, un gesto, in questo caso, per rinsaldare un patto di amicizia.
Spero che il grande pensiero e lo spirito di Dora d’Istria continui a vivere in noi.