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Emma Bonino, due volte la benvenuta in Albania

Non so se gli albanesi che l’hanno accolta e sono a conoscenza di chi sia Emma Bonino. È possibile, ma non è detto.
Personalmente nutro ammirazione e nostalgia per questa signora gracile dalle grandi opere e sono immensamente felice che è tornata a calcare la nostra terra, anche se, conoscendola, so che avere una discussione politica con lei non è affatto facile. Memoria assoluta, 17 ore di lavoro al giorno, politico a 360 gradi, estremamente informata, colta e “testarda”, e quindi difficilmente convincibile se non si ha ragione sotto ogni possibile aspetto, se non si esibiscono prove incontestabili di quello che si sostiene
Di Artur Zheji

Nel corso degli 11 anni di lavoro nell’allora gloriosa Radio Radicale non mi è capitato spesso di incontrare Emma, sempre impegnata in viaggi rischiosi, verso gli spaventosi abissi di quei tempi. Però ho seguito come pochi la lunga e clamorosa battaglia portata avanti con Marco Pannella e il Partito Radicale a fianco dei più deboli, contro l’arroganza criminale di Slobodan Milosevic, il sanguinario macellaio dei Balcani.

In qualità di giornalista, sono stato al suo fianco nel lontano 1993, in un primo viaggio con rappresentanti del governo italiano, all’epoca guidato dal vice Premier Fabio Fabbri. Lo scopo era di riconoscere la Repubblica di Macedonia, al fine di sottrarla alla guerra dell’ex Jugoslavia. Emma era segretario generale del Partito Radicale. Aveva un nome e una voce autorevole nel panorama politico italiano ed europeo. Durante il viaggio, ho avuto l’occasione di raccontarle quello che, come giornalista, avevo visto e toccato con mano, i problemi degli albanesi in Macedonia, la discriminazione a cui erano sottoposti. “Artur, lo so. Anche io ti ascolto su Radio Radicale, come tutti gli italiani”, – mi ha risposto, “ma prima il riconoscimento dell’indipendenza, poi la battaglia per i diritti degli albanesi in Macedonia, in Kosovo ed ovunque”. In seguito ho avuto modo di descrivere e commentare le sue continue azioni politiche, di assoluta onestà e nel rispetto di una morale universale. Morale ampiamente rappresentata dall’associazione da lei fondata: Non c’è pace senza giustizia. Si tratta senza dubbio di un politico geniale e una missionaria irremovibile. Discendente di una molto rara categoria di politici.

Emma Bonino è stata arrestata dalla polizia segreta di Jaruzelski nel 1987 in Polonia, dove si batteva per i diritti dei cittadini polacchi sotto la dittatura e poi dieci anni dopo dai talebani a Kabul. Era il commissario europeo che, nonostante i prudenti consigli del mondo intero, ha deciso di recarsi nell’insanguinata Bosnia ed Erzegovina negli anni della guerra. Proprio a Srebrenica, dove sotto gli occhi di tutti venivano massacrati nei campi di concentramento migliaia e migliaia di cittadini bosniaci. Quasi indifesa e con un pugno di impotenti caschi blu dell’Onu, unico sguardo del mondo sul massacro che veniva perpetrato nel cuore dell’Europa conformista e opportunista di quegli anni, Bonino è giunta in quella terra per denunciare due crimini. Quello perpetrato contro i bosniaci dalle truppe di Milosevic e il crimine del silenzio e della tolleranza de facto di un genocidio nel mezzo dell’Europa ipocrita di quel periodo. Assieme ad altre correnti politiche dell’Europa degli anni novanta, Bonino e i radicali italiani hanno tenuto in vita la fiamma delle influenze politiche per istituire il Tribunale Internazionale dei Crimini contro l’Umanità nell’ex Jugoslavia. Negli anni del massacro in Ruanda, in cui persero la vita 500 mila hutu, Emma faceva avanti e indietro in Africa, con un gruppo di persone coraggiose come lei, mentre noi di Radio Radicale seguivamo i suoi spostamenti, dalla Bosnia delle fosse comuni, ai mattatoi di Ruana e Burundi. Restavamo con fiato sospeso dall’ansia per questa leonessa dal fisico fragile e minuto, ma sa sempre presente in quei luoghi da cui gli altri scappavano con lampante orrore e terrore.

Dando solo uno sguardo fugace alla sua carriera, è facile vedere la maratona di battaglie civili che pochi hanno saputo intraprendere in Europa. Ed è per questo che l’Europa, quella degli uffici gelidi o di un Parlamento che per anni ha avuto testimonianza del suo atteggiamento fermo e senza compromessi, l’Europa intollerante all’intolleranza, ha adorato e continua ad adorare Emma, mentre per l’Italia è giustamente fonte di orgoglio. Per questo alcuni mesi fa, l’Italia ha chiesto la sua elezione a capo dello stato. Ma, a quanto pare, non aveva ancora la maturità e l’onore di avere un Presidente come lei.

Nella sede del Partito Radicale, in via di Torre Argentina 76 a Roma, nella sala grande delle riunioni, ci siamo più volte incrociati, quando io parlavo a Marco, oggi senatore a vita, del massacro in Kosovo, della situazione pietosa degli albanesi in Macedonia, del nostro buio 1997 e della distanza enorme dell’Europa di fronte a quelle realtà. Ed è lapidaria la dichiarazione della signora Bonino al dibattito europeo e mondiale sull’eventuale intervento della Nato contro la Belgrado di Milosevic, strumento estremo per fermare la pulizia etnica in corso in Kosovo. “Sono sempre stata contro la violenza e le soluzioni imposte con la forza, ma vado contro le mie storiche convinzioni per schierarmi a favore dei bombardamenti della Nato, per fermare uccisioni di massa” – ricordo che abbia detto Bonino. Non si tratta di dichiarazioni di poco conto, ma di una presa di posizione estremamente chiara in un contesto europeo ancora indeciso. “Perché Milosevic non è parte della soluzione, ma il problema da risolvere”, diceva Emma a quei tempi, andando contro la linea del Ministro italiano degli esteri Lamberto Dini. Questo spirito è stato poi portato avanti dai radicali, con Bonino e Pannella in prima linea, da Bruxelles, a Maastricht e Strasburgo. Queste azioni hanno reso più facile la decisione della Nato, che autorizzava, per la prima volta dalla Seconda Guerra Mondiale, una nuova guerra in Europa. Una guerra indimenticabile a favore di un popolo in pericolo. A favore degli albanesi. Infinite le sue interventiste e interventi nel Parlamento italiano e quello europeo, nei principali giornali europei, in televisione e radio, in ogni forum a qualsiasi livello. In tutte queste occasioni, c’era una Emma Bonino coerente, idealista e imbattuta.

È quindi, tra le altre cose, un grande privilegio, anche per gli albanesi, che Emma Bonino sia Ministro degli Esteri della Repubblica Italiana. Una grande amica delle persone indifese e sofferenti, categoria purtroppo sottovalutata e dimenticata, ma non da Emma Bonino, che proprio in questa categoria ha scelto di vivere, diventando per loro un angelo custode. Sotto quest’ottica, cioè quella della giustizia, possiamo definirla una grande filo albanese, perché ci vedeva, ci toccava, ci difendeva come pochi, perché in Europa in pochi avevano occhi per vedere e orecchie per sentire la voce tremolante delle vittime. Proprio per questo è stata accusata di esser “ingiusta” e “nemica” da parte di dittatori e aguzzini, “venduta” per quelli che non potevano corromperla.

Io non so se gli albanesi chiamati ad accoglierla e ad incontrarla sono a conoscenza di tutto ciò. È possibile, ma non è detto. Ma considerato che Bonino ha ricevuto la Legion d’Onore della Repubblica francese, il più alto titolo onorifico della Repubblica croata e del Consiglio d’Europa, nonché innumerevoli riconoscimenti internazionali (di quelli che non si possono comprare con il denaro), e ancora nessuna onorificenza albanese, qualche dubbio mi viene. Credo quindi che sia giunto il momento di rimediare a questo lapsus, che sicuramente non ci rende onore. Personalmente nutro ammirazione e nostalgia per questa signora gracile dalle grandi opere e sono immensamente felice che torni a calcare la nostra terra, anche se, conoscendola, so che avere una discussione politica con lei non è affatto facile. Memoria assoluta, 17 ore di lavoro al giorno, politico a 360 gradi, estremamente informata, colta e “testarda”, e quindi difficilmente convincibile se non si ha ragione sotto ogni possibile aspetto, se non si esibiscono prove incontestabili di quello che si sostiene.

Speriamo insomma che Bonino, nell’interesse di entrambi i paesi, dia un nuovo tono e vitalità alle relazioni bilaterali. Nel dovuto rispetto, ma con ritmi intensificati. Con il ritmo di Emma Bonino, possibilmente. Grande atleta dei più intensi ritmi politici europei.

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