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Fatmir Gjata, il poeta del Castello

Il fascino intramontabile di storia e cultura dei libri che sanno di muschio antico e profumo di boschi piemontesi avvolge questo poeta albanese, che del legame tra vita e poesia sostiene: “Non ho mai conosciuto una persona che non ha avuto un sogno anche se non ha avuto né il coraggio né la forza per realizzarlo. Tenere i piedi per terra è una necessita, sognare è vivere. E la poesia aiuta a vivere meglio”
Di Anila Kadija

Il suo Terzo valzer in un Castello italiano. Avevo letto, tempo fa, un bellissimo libro che si chiama “L’ombra del vento” di Carlos Ruiz Zafon. Devo dire la verità, a ricordare questo libro mi ha riportato la storia del poeta albanese Fatmir Gjata. Storia di una vita e creatività poetica vissuta tra i libri una biblioteca antica, dentro le mura di un grande Castello, vicino ad Asti. Il fascino intramontabile di storia e cultura avvolge da anni questo poeta albanese circondato da libri che sanno di muschio antico e profumo di boschi Piemontesi. Seduti su due poltrone dalla stoffa piena e severa, davanti ad un caffe che ha aromatizzato l’aria e creato un ponte di parole, ho chiesto a quell’uomo di raccontarmi della sua vita. La risposta è stata concisa e libera! “Sono nato in un paesino dell’Albania che non c’è più, credo di essere rimasto l’unico ad avere ancora scritto sulla carta d’identità il nome di quel paesino, Rostamas situato nel bel mezzo della più grande pianura del paese. Fu in quella pianura che mia mamma si sdraiava sulla terra bagnata dalla pioggia di marzo, fu li che ho pianto per la prima volta nascosto in mezzo al granoturco raccolto. Mi piace pensare che la mia biografia sia tutta lì”.

È per questo, per tale semplicità, per il colore giallo oro delle sue parole e per l’immensa storia che si nasconde dietro quelle poche frasi, che la sua intervista non può non essere condivisa con i nostri lettori.

Fatmir Gjata è un poeta albanese che da tantissimi anni vive e lavora in un Castello del 1400, il meraviglioso Castello di Pino d’Asti. Il castello sorge in un posto circondato da vigneti e da un bosco che si espande per decine di chilometri. Un luogo di pace per lo spirito ed il corpo, dove non di rado capita di incrociare per strada lepri, cinghiali, fagiani. Veramente un paradiso, così come anche il paese, dove il tempo ha altre dimensioni, diverse dalla vita moderna, infatti qui scorre tutto con una calma del tutto personale, e per me nuova. Credo che sia uno dei più bei posti dove puoi ancora meditare sulla vita, sul destino, sul valore delle cose, sull’amore, sul desiderio e la solitudine. L’occhio della torre permette una visuale incredibile sui monti che circondano Torino e i monti Liguri. Ci sono giorni di nebbia quando emergono solo le vette più alte, come giganti addormentati, creando un paesaggio destinato ad imprimersi nella memoria del viaggiatore come un dono prezioso da non dimenticare. I colori cambiano con lo stesso passo di danza lento e scivoloso tutti gli anni, colori vivaci, pastello o freddi. Qui uno dei più grandi sociologi italiani, Giampaolo Fabris, ha scritto i suoi libri, traendo respiro e ispirazione dall’incanto dei luoghi. La mia fortuna e stata di conoscerlo, averlo vicino. Tutte le sere prima di dormire leggeva una poesia.

Ci parli un po’ di questa sua bellissima esperienza di vita Fatmir?

È da 23 anni che vivo in questo posto magico con mia moglie Evi e mia figlia Kiti, curandolo come la cosa preziosa che è. Sono passati conti e marchesi del passato, ha conosciuto cedimenti e ristrutturazioni, ha conosciuto guerre e tradimenti, amore e odio, soldati e monaci. Nella porta principale abbiamo trovato dei proiettili sparati dai tedeschi, i stessi tedeschi che venivano e vengono tutt’ora come ospiti, ha conosciuto contesse tristi e ballerine decadenti, marchesi con calesse e partigiani nascosti nei sotterranei, atrici, letterati, deputati, studiosi di tutti i campi e politici in vista e tutto questo non passa senza lasciare segni indelebili sul carattere della casa, tutti hanno lasciato qualcosa di prezioso, il loro passaggio, il loro coraggio, il loro amore.

La poesia che lei scrive ha radici di nostalgia. Come mai?

Non può essere altrimenti, la mia poesia è espressione dei segni che porto nell’anima. In fin dei conti c’è sempre qualcosa che rimane scossa dagli avvenimenti della vita. Essere sradicati per cosi lungo tempo è un potente concime per la nostalgia, cresce la necessita di cercare la tua terra, i suoi odori, i tuoi avi. Normalmente succede quando uno giunge ad una certa età, pero io ho bisogno di sapere per scrivere, se non so chi sono e come faccio a presentarmi davanti agli altri. In fin dei conti abbiamo un passaporto dalla nascita dove ci segnano il nome, è un nostro timbro. Tornare indietro a cercare cosa vogliono dire i segni che porta il nostro timbro è la cosa più normale che può esistere, più umana.

È una poesia per tutti la sua?

Si, decisamente per tutti. Come lei sa, io ho il mio stile, che dicono non somiglia agli altri. Un altro modo di scrivere, un’altra musicalità. La poesia moderna tenta di trovare modi, a volte stravaganti per essere contemporanea. Io ho cercato semplicemente di trovare una diversa musicalità, per me la poesia è una canzone, quando leggi ti deve far sentire una melodia, un sottofondo sensoriale che ti accompagni senza esistere veramente. Volevo una poesia che tutti potessero capire, sentirla loro. Che portasse ai lettori in mente ricordi, amori, successi e battaglie perse. È tutto scritto in una maniera semplice accompagnata da un tam tam. Ricordo pochi poeti che hanno uno stile particolare che gli fa riconoscibili senza leggere il loro nome sotto lo scritto. Ho voluto fortemente essere uno di loro, uno che non ha bisogno di scrivere il nome sotto. Il mio lettore sa chi l’ha scritta.

Le sue pubblicazioni:
Mjelma nën dritën e hënës - Tiranë 2013
Engjëjt e shuar - Botimet Male 2014
Valsi i tretë - Shtëpia botese Muzgu 2014
Mbi kuaj ëndrrash - Shtëpia botuese Toena 2015
Shi margaritarësh - Shtëpia botuese Toena 2016

Mi parli della biblioteca antica, dove lei vive. Che cosa ha letto curiosando tra i libri?

Al Castello ci sono diverse biblioteche. Dal prof. Fabris ho imparato che non puoi essere uno scrittore o poeta senza sapere un po’ da tutte le arti. Le arti vanno a braccetto, si inter scambiano tra di loro. La poesia, la pittura, la scultura, l’architettura, la musica sono arti intrinseche tra loro. E come un esercito di soldati mesi in fila che vanno con lo stesso passo, quando uno corre gli altri cercano di raggiungerlo. E la storia che vi fa da collante. Questa e stata la mia fortuna e ringrazio Dio ogni giorno che questa fortuna e capitata a me.

Non posso mai chiedere che cosa è la poesia ad un poeta, perché penso è come chiedere cosa è l’amore ad un innamorato. Però posso chiedere e essere poeta oggi è un privilegio?

Naturalmente lo è e non da oggi. Da sempre essere un poeta è un privilegio. Ti mette davanti a tante responsabilità e tanti doveri e non è facile. Sei controllato a vista dai tuoi lettori e devi migliorarti sempre, non c’è un ritorno. Ad arrivare a scrivere bene ci vogliono anni e anni di studio e anche allora sei sempre sotto la lente di ingrandimento di tanti. E la credibilità che e la cosa più preziosa che ha ed e l’unica arma che ha a disposizione.

Ha mai pensato ad un bel valzer di nobili, poiché siamo in un castello, quando avete intitolato la vostra ultima creazione Il Terzo valzer? Oppure la vita per voi è di per sé un valzer?

Il titolo trae ispirazione da un valzer che mi tornava sempre in mente mentre scrivevo, Secondo valzer di Shostakovich. E la mia poesia mi ricordava sempre i passi di un valzer. Se Shostacovich aveva scritto il secondo Valzer, a me piaceva idea di scrivere il terzo. Da qui deriva il titolo del mio libro, Il Terzo valzer.

La vita e la sua poesia cosa hanno in comune? I passi di un poeta combaciano con i passi della vita o è la mia idea sbagliata quando penso che la poesia a volte sia utopica. Posso cambiare la mia idea?

C’è una dose di utopia nella vita, è quella che ci fa vivere meglio. E forse la parte più bella della vita e quella utopica, quella dei sogni, dei desideri, delle passioni. In tanti pensano che tenere sempre i piedi per terra sia una cosa buona… Potrebbe essere ma io non ho mai conosciuto uno che non ha avuto un sogno anche se non ha avuto né il coraggio né la forza per realizzarlo. Tenere i piedi per terra è una necessita, sognare è vivere. La poesia aiuta a vivere meglio.

Che ne pensa di Neruda?

Non puoi fare a meno di leggere Neruda, Lorca. Forza e leggerezza messe insieme, la semplicità. E questa che fa del poeta un grande poeta, la semplicità…essere capibile da tutti, trascinare le persone. Non puoi farlo senza capire il motivo che gli stai dando per essere felici.

Possiamo condividere una poesia?

E giro da faro in faro
marinaio col sale sparso su tutto il corpo
figlio di onde, di vite precedenti visute a terra

È lì che ho conosciuto la luce e la tenebre
è lì che ho creato il lino della camicia, la vela
il legno della nave, i porti

Solo dopo ho conosciuto le stelle
per finire a solcare i tempi di passaggio
da faro in faro cercando le vite degli altri

È la meraviglia stessa scoprire meraviglie
nate tra cielo e terra, tra terra e cielo
nel regno dell’acqua ondeggiando…

 

 

 

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