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Gli albanesi con Casapound e Lega? Diceva bene Gramsci: “La storia insegna ma non ha scolari”

Esmeralda Tyli: “Non riesco a capacitarmi come un cittadino di origine straniera possa appoggiare forze politiche estremiste, razziste e xenofobe. Un albanese, con ancora il didietro bagnato dall’acqua del mare durante la traversata in barcone o gommone e con le gambe segnate dalle cicatrici dei graffi dei rovi sulla terra ferma per nascondersi dalle forze dell’ordine, come può scagliarsi contro chi come lui sogna la libertà?”

Sulle tantissime candidature di cittadini italo-albanesi alle elezioni del 26 maggio, Shqiptari i Italisë porta di seguito le riflessioni dell’amica Esmeralda Tyli, mediatrice transculturale, che lavora presso la segreteria della Fondazione Nilde Iotti. Da anni impegnata nel PD, attivista sul territorio e nel Forum Immigrazione del suo partito, sempre a combattere con passione quando si tratta di integrazione, inclusione, immigrazione, diritti delle donne.

Keti Biçoku: Tante, tantissime le candidature come mai prima d’ora tra gli albanesi d’Italia.  Bello vedere tanti nostri connazionali impegnarsi in prima linea, mettendoci la faccia, in politica. Sarai d’accordo con me che, pur non condividendo le scelte politiche di tutti, questo è un bel passo avanti?

Esmeralda Tyli: Si, ci sono più di 100 candidati di origine albanese in questa fase elettorale in Italia. Che si aggiungono ad altri candidati di origine straniera in tutta l’Italia. 
Segno che l’Italia è cambiata. Siamo cambiati nella mentalità pure noi. Nel senso che non ci comportiamo come di solito per anni ci hanno trattato, cioè braccia da lavoro respiranti ma non pensanti, bensì come vera parte attiva nella società italiana. Tra partiti politici e liste civiche questa fase elettorale vede gli italiani di origine straniera in prima linea. L’Italia è cambiata. Cambia anche il concetto della classe dirigente. Come ben sai, da anni pongo la questione della preparazione di una classe dirigente come reale rappresentanza di un Paese interculturale. Forse ci siamo. Forse il primo passo forte si sta facendo, sperando che i candidati di origine straniera non siano messi nelle liste come “sfondo” o come semplicemente “numero”, bensì come voci dei propri territori, per le loro competenze, per la loro preparazione, per il loro attivismo. Alcuni candidati di origine albanese e non solo li conosco direttamente. E sono convinta nelle loro capacità. Penso a Geri Ballo, a Sonila Alushi, Uljana Gazidede, Eva Meksi, Ilda Beqo, Petrit Malaj, Roland Ndoci, Admir Toto, Gentjan Rizo e a tanti altri. Meritevoli proprio per le loro capacità, le attività svolte nei territori, in vari campi dello sviluppo sociale.
Spero sia così per tutti.
Ovviamente, per convinzioni e idee politiche personali, sostengo pienamente i candidati nelle liste partitiche e civiche del Centrosinistra.

Se da un lato penso che la participazione a tutto lo spettro politico sia normale, mi sorprende un po’ l’adesione di nostri connazionali a forze estremiste di destra che non fanno mistero del loro astio verso gli immigrati. Come te lo spieghi questo fatto?

Sinceramente penso che la domanda giusta dovrebbe essere “Come si spiega l’appoggio che trovano in Italia, e non solo in Italia, forze estremiste come Lega e Casa Pound?”. Succede così quando la politica si indebolisce perché chiusa in se stessa, staccata dalla realtà, lontana dalle quotidianità, senza capacità di ascolto e senza cercare le risposte adeguate alle domande e alle esigenze della società. Basta richiamare all’ordine la memoria. La crisi della politica “tradizionale” fu il terreno fertile della nascita e poi la crescita del nazismo e del fascismo dagli anni 20 in poi. E i risultati sono noti nei capitoli di storia… Ma a quanto pare  il grande Antonio Gramsci aveva ragione quando scriveva un secolo fa “La storia insegna, ma non ha scolari”.
Come militante in un partito politico di Centrosinistra mi prendo tutte le responsabilità. Con umiltà e senso di dovere. Capisco che non è qui il luogo per fare analisi approfondite delle cause e degli errori della mia parte politica, ma comunque non posso non tenerne conto di quegli errori e di non sentirmi pienamente responsabile.
Però… perché c’è un però, non riesco a capacitarmi come un cittadino di origine straniera possa appoggiare forze politiche estremiste, razziste e xenofobe. Nel caso dei candidati di origine albanese, 20 anni di genocidio psicologico contro l’albanese, essere trattati come il male estremo dell’Italia… Io proprio non mi capacito.
Ti ricordi spero gli slogan contro gli albanesi, vero? È tutto documentato nei media. Ma più che nei media, è tutto documentato nelle nostre memorie. Un albanese, con ancora il didietro bagnato dall’acqua del mare durante la traversata in barcone o gommone e con le gambe segnate dalle cicatrici dei graffi dei rovi sulla terra ferma per nascondersi dalle forze dell’ordine, come può scagliarsi contro chi come lui sogna la libertà? I penultimi contro gli ultimi, la guerra tra i poveri. Ecco, proprio di questo non mi capacito. 
Si, vero, ognuno ha diritto di avere le proprie idee politiche. Io mi sento di diritto e di dovere di contrastare gli estremismi. Da qualsiasi parte essi vengano. Di qualsiasi colore essi siano. 

Dall’altro canto è bellissimo vedere tante donne tra i candidati. Lo considero testimonianza di un’ulteriore emancipazione, di un ruolo sempre crescente delle donne nella società, non è vero?

Si, decisamente. E non scontato in un Paese come l’Italia in cui si mettono ancora in discussione i traguardi raggiunti dalle battaglie delle donne per le parità e i diritti. Ciò che mi rallegra è la varietà anagrafica delle donne candidate ma con una prevalenza delle più giovani. La catena generazionale che è alla base dello sviluppo della vita. Proprio in questi giorni per motivi di lavoro sto lavorando sui dei testi che trattano i temi delle battaglie femminili, le leggi delle donne che hanno cambiato l’Italia, le figure femminili che hanno cambiato l’Italia, iniziando dalle Madri Costituenti.

Ecco, io penso che le donne candidate, preparate, che rappresentano degnamente i loro territori, con il loro lavoro e il loro impegno fanno già parte nelle file delle donne che ogni giorno si impegnano attivamente cambiando in meglio questo paese. Consiglierei alle candidate di approfondire sempre la conoscenza sulle battaglie delle donne per le parità. Solo così possono essere consapevoli su come siamo arrivate fin qui e dove vogliamo andare. 

Spicca tra tutte, la candidatura della nostra amica Geri Ballo. Cosa rappresenta una candidatura come la sua sia nel panorama politico italiano che per l’Europa in generale?

Qui ho un momento di commozione. Conosco Geri da tanti anni. Conosco i passi che ha fatto, con umiltà, grande umiltà. Una crescita quotidiana la sua. Con i piedi per terra, con lungimiranza, studiando molto, attiva nei temi del sociale e della cultura. 
Come vedo la candidatura di Geri? Semplice: Geri è come vorrei che fosse l’Europa, consapevole delle ricchezze delle tradizioni, della storia e delle risorse dei popoli che ne fanno parte e intrecciare queste risorse per lo sviluppo comune. 
La sua campagna elettorale mi piace anche perché guarda i temi a 360 gradi. Non ghettizzata come “la straniera” che parla solo di immigrazione, bensì pluritematica. Segno non solo della conoscenza profonda dell’Italia e dell’Europa, ma segno di una preparazione profonda. Ma segno anche di grande lungimiranza. Le faccio i miei complimenti. E ha tutto il mio sostegno in questa strada che sta percorrendo. Persone come Geri cambieranno l’Europa, ne sono certa. 

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E per finire, vorrei chiederti se la maturità politica dimostrata con la partecipazione massiccia a questa tornata elettorale, potrebbe essere un segnale per la politica albanese che dovrebbe tenere maggiormente conto della diaspora includendola attivamente in politica e non solo per lo sviluppo economico del paese?

Tasto dolente per me. Vado subito al dunque senza giri di parole. Metà dell’Albania vive e lavora all’Estero. Una forza elettorale inattiva, dato che il diritto di voto per i residenti all’estero è stato promesso ma non realizzato. Non basta organizzare summit annuali e per lo più dispendiosi, non basta premiare gli elementi che spiccano nelle varie attività culturali o altro. Per non parlare delle passeggiate istituzionali “per ascoltare la diaspora” senza nessuna misura concreta.
La politica albanese chiede alla diaspora di contribuire nello sviluppo economico del paese. In un paese dove l’welfare si basa proprio sull’aiuto che alle famiglie arriva dai propri congiunti che lavorano all’estero. Questa fase elettorale che vede impegnati donne e uomini albanesi d’Italia debba essere come un richiamo della coscienza sociale e politica della classe dirigente albanese. Parliamoci chiaro; le scelte politiche in Albania vengono fatte con quasi la metà dell’elettorato non partecipe. Metà dell’elettorato non viene manco rappresentato a questo punto, la diaspora intera.
La diaspora non è il bancomat dell’Albania. La diaspora è risorsa umana attiva, pensante, produttiva, propositiva, capace di progettare e realizzare con una disciplina incredibile umana e professionale. La diaspora non si siede per ore nei caffè e nei ristoranti per concludere un progetto, bensì si rimbocca le maniche con concretezza e consapevolezza. Se la politica albanese non ha ancora compreso che non può mirare l’integrazione in Europa se non è capace di integrare la diaspora nella Madrepatria, allora siamo ben lontani dai cambiamenti reali di cui l’Albania ha bisogno. Cominciando dalla rappresentanza in Parlamento, cominciando dal diritto di voto per gli albanesi all’Estero.

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Keti Biçoku
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