Il partito di Bersani presenta il suo programma. Riforma della cittadinanza, ingressi per cercare lavoro, diritto di voto, ma anche abolizione del reato di clandestinità, superamento dei Cie e regolarizzazioni caso per caso
Roma, 14 febbraio 2012 – “Si deve voltare pagina nel governo dell’immigrazione”. Dopo l’impostazione “esclusivamente securitaria” del centrodestra, c’è bisogno di “una svolta culturale e legislativa”, che faccia camminare insieme l’Italia e l’Europa in base a tre parole d’ordine: “integrazione”, “coesione” e “cittadinanza”.
È quanto scrive il Partito Democratico nel programma curato dal suo Forum Immigrazione, presentato oggi a Roma. Una serie di proposte articolate in dieci punti che Bersani e i suoi vorrebbero realizzare una volta al governo dell’Italia, alcune subito, altre con tempi più lunghi.
Il programma sottolinea subito la distinzione necessaria tra una politica dell’immigrazione “scelta”, “programmata”, “utile” e “sostenibile”, e una politica dell’asilo e dell’accoglienza dei rifugiati, che “deve essere invece generosa e rispettare in modo scrupoloso il principio della dignità umana stabilito dalla nostra Costituzione e dei Trattati Internazionali”. E sull’asilo propone “una legge organica che renda finalmente e pienamente esigibile questo diritto fondamentale anche nel nostro Paese”, indicando però anche la via maestra di un sistema comune Ue.
Tornando all’immigrazione, parte da un primo pacchetto di “norme immediatamente applicabili”. Come l’abolizione del reato di immigrazione clandestina e di altri reati satelliti (mantenendo però le pene contro trafficanti e sfruttatori) , l’abrogazione della tassa sui permessi di soggiorno e il “superamento dei Cie”, realizzato riconducendo il trattenimento “al limitato e temporaneo scopo dell’identificazione dello straniero”.
Il PD vuole rivedere subito anche i requisiti di reddito e alloggio per iricongiungimenti familiari, che “si sono trasformati in ostacoli all’esercizio di un diritto fondamentale”. Vuole anche allungare la durata dei permessi di soggiorno (“per rendere più stabile il soggiorno regolare e sottrarre alla precarietà indotta dalla perdita del lavoro”) e istituire un “fondo per le politiche di integrazione”.
La riforma della legge sulla cittadinanza, che Bersani ha annunciato come primo atto di un suo governo, apre alle seconde generazioni. Saranno subito italiani i nati in Italia da genitori regolarmente residenti da almeno cinque anni, gli altri potranno diventarlo al termine delle scuole elementari. La scelta è affidata ai genitori, ma è anche prevista una conferma del giovane al compimento dei 18 anni.
Altri interventi verranno affidati a un “disegno di legge delega” che dovrà “definire nuove modalità per l’ingresso per lavoro, per l’assorbimento e la prevenzione dell’immigrazione irregolare, per il contrasto dell’immigrazione clandestina, per nuove e più efficaci politiche di integrazione e convivenza”.
Si vogliono riscrivere i flussi di ingresso per lavoro, rendendoli assicurando un “collegamento più realistico tra le domanda e l’offerta”. La programmazione delle quote dovrebbe essere triennale, con adeguamenti anno per anno, e determinata insieme ad associazioni datoriali, sindacati e terzo settore.
Agli ingressi per chiamata da parte del datore di lavoro, il Partito Democratico vuole affiancare anche ingressi per ricerca di lavoro, a patto che ci sia un’istituzione a fare da sponsor o che lo stesso cittadino straniero possa fornire un’ “adeguata garanzia individuale”. Canali privilegiati vanno aperti ai lavoratori più qualificati, le competenze dei quali potrebbero essere valutate con un sistema “a punti”.
Per il contrasto dell’immigrazione clandestina, spicca la proposta di regolarizzazioni ad personam, con i prefetti che valuterebbero caso per caso le richieste di immigrati che hanno “un reddito e un lavoro stabili, collegamenti familiari, durata ragionevole del soggiorno, assenza di condanne penali”. Si punta però anche al “rimpatrio volontario” e, in generale, a rivedere le sanzioni, introducendo un “meccanismo deterrente graduale in relazione alla gravità e alla reiterazione delle violazioni e ai motivi delle espulsioni”.
Il programma parla poi di costruire “una strategia dei diritti e doveri”, distinguendo tra quelli che “attengono alla dignità della persona” e quindi sono indipendenti dalla regolarità del soggiorno, e altri che sono invece connessi “alla residenza e dunque alla durata della presenza regolare”. In quest’ottica rientrano proposte come il “Diritto all’unità familiare anche per i rifugiati e richiedenti asilo”, o l’”attuazione del diritto costituzionale alla libertà religiosa”, ma anche il “riconoscimento del diritto di voto amministrativo agli immigrati regolari”.
Per indirizzare, coordinare e monitorare le azioni del governo su questi temi, il PD vuol creare di un “Ministro dell’immigrazione e delle politiche di convivenza, “, che si avvalga anche della collaborazione di un’agenzia tecnica. Infine, si propone un’azione di riordino normativo, con un “Codice sull’immigrazione” dove dovrebbe confluire tutta la legislazione “riguardante gli stranieri non comunitari.
Elvio Pasca
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