Viene da sorridere pensando allo smacco per la Lega che spero capirà che c’è sempre qualcuno più a Nord e più leghista. Ma è un sorriso che sparisce in un secondo. Bisogna invece coglierei il monito indiretto all’Europa a procedere insieme verso un sistema di tutele e garanzie nel mondo del lavoro e fra le fasce sociali più esposte, affinché i salari, la rappresentanza politica, il welfare inclusivo e promozionale diventino assi strategici dello sviluppo comune, spostando risorse, promuovendo leggi mirate e allentando quella politica di austerità che si è finora dimostrata una medicina amara e quasi mortale per l’idea stessa di Europa
Di Marco Pacciotti*
I cittadini svizzeri hanno scelto, di stretta misura, di reintrodurre quote rigide per i lavoratori stranieri. Una scelta dura e probabilmente sbagliata, che rende quel Paese meno competitivo e più isolato. Una scelta parzialmente inefficace poiché quel voto cozzerà frontalmente con gli accordi bilaterali siglati dalla Svizzera con tutti i paesi UE. Un passo più lungo della gamba quindi, ma significativo e che non va analizzato superficialmente, poiché pone all’Europa stessa una questione di fondo. Quella di una nuova idea di cittadinanza europea, che vada oltre il mercato e la libera circolazione, ma che armonizzi politiche welfaristiche, salariali e di rappresentanza, per evitare pesanti asimmetrie penalizzanti per alcuni e pericolose per l’idea stessa di Europa unita.
La piccola Svizzera extra UE (piccola geograficamente) ha visto vincere un referendum di una formazione politica euroscettica, con parole d’ordine e tratti culturali assai simili a quelli di molte forze politiche europee, che da Ovest e Est macinano consensi alimentando paure xenofobe e antieuropeiste. Un cavallo di battaglia comune alle destre europee, non a caso la Le Pen è stata fra i primi a congratularsi, e ho pochi dubbi che anche alcuni partiti italiani coglieranno la palla al balzo. Ma dietro alla odiosa retorica allarmistica e anti immigrazione, ci sono ragioni da considerare per evitare che quelle paure (infondate) diventino argomento politico vincente delle destre in vista delle europee.
Necessario quindi compiere uno sforzo di analisi lucida. È giusto stigmatizzare il linguaggio becero e i contenuti xenofobi usati, perché inaccettabili culturalmente prima che politicamente. Attenti però a cogliere che il voto ha raccolto consensi ampi nei cantoni dove la presenza storica di immigrati è altissima, come il Canton Ticino e dove si assiste a un exploit con quasi il 70% a sostegno della reintroduzione di rigide norme sulla libera circolazione dei lavoratori. Chi ha promosso il referendum ha alimentato la paura verso l’Islam e l’immigrazione in generale, ma in Canton Ticino ad esempio anche molti vecchi immigrati italiani e i loro figli hanno votato contro i transfrontalieri, ovvero quei 75.000 italiani che ogni giorno attraversano il confine per lavorare. Non sono quindi la religione, la lingua o le usanze, i temi che hanno mosso a una simile scelta, quasi contro natura direi. Ma il fatto che questi lavoratori “godessero” di trattamento salariale particolare. Più basso rispetto alla media prevista dai contratti nazionali svizzeri, a volte perfino più basso dell’assegno di disoccupazione. Un esempio di dumping sociale, di messa in competizione fra lavoratori sul salario e le tutele. Credo che questa leva, abbia agito con forza perfino superiore a quella della xenofobia tout court. In molti casi quindi il lavoratore immigrato non era inserito come complementare al sistema lavorativo, ma in modo sostitutivo e in più con trattamento economico e di tutele a ribasso.
Viene da sorridere pensando allo smacco per la Lega che spero capirà che c’è sempre qualcuno più a Nord e più leghista. Ma è un sorriso che sparisce in un secondo. Bisogna invece coglierei il monito indiretto all’Europa a procedere insieme verso un sistema di tutele e garanzie nel mondo del lavoro e fra le fasce sociali più esposte, affinché i salari, la rappresentanza politica, il welfare inclusivo e promozionale diventino assi strategici dello sviluppo comune, spostando risorse, promuovendo leggi mirate e allentando quella politica di austerità che si è finora dimostrata una medicina amara e quasi mortale per l’idea stessa di Europa. Credo che l’Italia nel semestre che la vedrà affiancare l’attuale presidente, dovrà spingere per un nuovo approccio e per operare queste scelte strategiche. Definire una nuova idea di cittadinanza europea, avere il coraggio di avere una politica estera comune e ripensare all’immigrazione interna e dall’esterno come una grande opportunità da governare insieme con scelte welfaristiche universaliste e legislazioni nazionali simili. Altrimenti la Svizzera ieri, il voto europeo domani segneranno un arretramento verso quella idea di Stati Uniti d’Europa a cui in tanti crediamo.