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Imprese etniche. Aumentano e reggono meglio la crisi. Il 10% parla albanese

I titolari e i soci di impresa straniera sono stati 440.145 e di questi il 56,7% (ovvero 249.464 persone) sono titolari di impresa. Tra i itoliari delle imprese, circa 25 mila sono albanesi.CNA: “Tra il 2005 e il 2011, mentre l’imprenditoria italiana diminuisce del 9,3%, quella straniera cresce del 48,7%”.

 

Roma – 5 luglio 2012  – L’immigrazione è una risorsa per il nostro paese, anche in tempo di crisi. Le imprese straniere, infatti, non solo aumentano, ma resistono meglio di quelle italiane al difficile momento economico, accelerando il processo di integrazione sociale, culturale ed economica.

È quanto emerso all’incontro ‘L’impresa etnica nel periodo della crisi’, organizzato ieri a Roma dalla Confederazione Nazionale dell’Artigianato e della Piccola e Media Impresa.

“Negli anni della crisi il ruolo della popolazione straniera in Italia è divenuto sempre più importante in termini di contribuiti all’occupazione e alla ricchezza prodotta”, afferma Antonio Murzi, responsabile del Centro studi CNA. “Basti dire – prosegue – che l’occupazione complessiva ha tenuto solo grazie al contributo della componente straniera. Infatti, tra il 2005 e il 2011, mentre l’occupazione dei cittadini italiani si è ridotta del 3,4%, quella degli stranieri è quasi raddoppiata (+97%). Per effetto di questi opposti andamenti il peso dell’occupazione straniera è passato dal 5,2% del 2005 al 9,9% del 2011 (gli occupati stranieri sono circa 2,3 milioni)”.

“Contestualmente – continua Murzi – è aumentato il peso della ricchezza prodotta dagli stranieri: dal 7,1% del 2005 al 12,0% del 2010 (pari a 167.537 milioni di euro) e notevole è anche il contributo degli immigrati alla tenuta del tessuto imprenditoriale. Tra il 2005 e il 2011, mentre l’imprenditoria italiana diminuisce del 9,3%, quella straniera cresce del 48,7%. E per effetto di queste opposte tendenze il peso dell’imprenditoria straniera cresce dal 5,7% del 2005 al 9,1% del 2011.

“In termini numerici – precisa Murzi – nel 2011, i titolari e i soci di impresa straniera sono stati 440.145 e di questi il 56,7% (ovvero 249.464 unità) sono titolari di impresa. Tra di loro, il 22,4% è di sesso femminile e il 48,9% sono artigiani. L’86,1% dei titolari di impresa stranieri risiede nell’Italia centro-settentrionale; il 76,7% in sei regioni (Lombardia, Veneto, Emilia-Romagna, Piemonte, Toscana e Lazio) e solo la Lombardia ne ospita il 22,6%. Il 56,3% dei titolari di impresa proviene da soli quattro paesi: il Marocco (16,5%), la Romania (15,1%), la Cina (14,6%), l’Albania (il 10,0%). Il 71,9% dei titolari di impresa stranieri opera in due soli settori: le costruzioni (36,2%) e il commercio (35,7%)”.

“La tenuta demografica dell’Italia – afferma Fosco Corradini, responsabile CNA World – è dovuta sostanzialmente agli immigrati. Perché questa situazione da dato statistico diventi un elemento strutturale della crescita della popolazione italiana va modificata la legge sulla cittadinanza. Come sostiene giustamente il Presidente Napolitano, è una totale assurdità che chi è nato in Italia non sia cittadino italiano e debba attendere la maggior età per esercitare l’opzione della cittadinanza. Vanno al più presto accorciati i tempi di residenza obbligatoria e continuativa, necessari per fare richiesta della cittadinanza italiana, da dieci a cinque anni”.

“Il fatto che in Italia vi siano oltre 2 milioni di lavoratori regolari e quasi cinque milioni di persone – ricorda – significa che nel nostro paese si sono ricongiunte molte famiglie, che hanno deciso per un progetto di vita interamente italiano, che passa anche attraverso il sogno di una casa”.

“Appena la situazione economica attuale volgerà al meglio, queste famiglie rappresenteranno un potenziale fiorente mercato – assicura Corradini – anche nel settore immobiliare. Va ricordato che dal confronto tra il primo trimestre 2012 e 2011 si è registrato un calo del valore immobiliare nel Paese del 19% e anche a tal fine i lavoratori stranieri potrebbero essere soggetto di specifiche politiche pubbliche, per offrire stabilità di residenza a lavoratori e imprese, quasi indispensabili per il nostro Paese”.

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