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ITALIA-ALBANIA, derby di casa mia!

Gli oltre 20.000 albanesi allo stadio, non sono spuntati dal nulla, ma fanno parte di una diaspora di oltre 500.000 donne e uomini che vivono e lavorano da anni in Italia, di ragazzi nati e cresciuti qui, che sentono l’Italia come “casa mia” appunto, e pertanto ci vivono con rispetto, affetto e, cosa non trascurabile, producendo ricchezza economica e culturale per tutti noi
Di Marco Pacciotti

“Italia – Albania, derby di casa mia” era scritto a mano su uno striscione esposto a Genova durante l’amichevole fra le rispettive nazionali di calcio.

Una frase semplice e geniale, rivelatrice dello spirito che ha spinto decine di migliaia di nostri concittadini albanesi ad andare allo stadio. È stato uno spettacolo nello spettacolo, passato un po in sordina nei media rispetto agli allarmi lanciati invece nei giorni precedenti dopo la partita con la Croazia e memori di quanto avvenuto in precedenza nella partita con la Serbia.

È andata molto diversamente ed è giusto ribadirlo e cercare di capirne le ragioni. Eviterei subito quelle “manichee”, per cui esisterebbero popoli buoni e altri meno. Ho la fortuna e il piacere di avere amici provenienti da vari Stati balcanici e di aver viaggiato nei loro Paesi. E sempre ho trovato accoglienza e civiltà, a conferma che le persone e i paesi vanno conosciuti per farsi un’idea. A Genova però qualcosa di straordinario è accaduto e credo che anche la location abbia contribuito. Provo a spiegarmi. Da circa 25 anni la migrazione albanese in Italia ha rappresentato a periodi oggetto di articoli e riflessioni, quasi sempre negativi. I primi articoli, in coincidenza con l’arrivo di barconi strapieni, erano un po’ paternalistici e descrivevano queste persone come un popolo di straccioni in fuga da aiutare con sopportazione. Poi venne la stagione degli albanesi ladri, stupratori e violenti e se ne parlava quindi unicamente in cronaca nera. Da qualche ora invece se ne parla come di angeli spuntati dal nulla. Certo meglio questa di rappresentazione che le altre, ma anche questa è frutto di ignoranza e a pensarci bene… la sorpresa di tanti sul comportamento encomiabile denuncia un pregiudizio negativo.

Credo invece che andrebbe detto che i 25.000 albanesi allo stadio, non sono spuntati dal nulla, ma fanno parte di una diaspora di oltre 500.000 donne e uomini che vivono e lavorano da anni in Italia, di ragazzi nati e cresciuti qui, che sentono l’Italia come “casa mia” appunto, e pertanto ci vivono con rispetto, affetto e, cosa non trascurabile, producendo ricchezza economica e culturale per tutti noi. Donne e uomini che come noi hanno vissuto con sgomento la tragedia di Genova alluvionata e che forse hanno colto questa occasione per dimostrare gioiosamente la loro doppia appartenenza anche attraverso la presenza, in segno di vicinanza alla rappresentativa nazionale e alla città. Non credo fosse solo voglia di riscatto, di mostrarsi diversi da come per anni si è stati descritti o migliori di altri. Penso da quel che ho visto, letto e ascoltato che sia stato un fatto spontaneo e naturale. Ecco qui credo sia la differenza di quanto accaduto negli spalti e da questo vengano quelle parole sullo striscione. Altre tifoserie vengono da fuori, e pochi cretini che considerano terreno di conquista gli stadi delle squadre avversari ci possono stare. In questo caso invece c’erano migliaia di persone venute a sostenere la loro squadra in quella che considerano casa loro, e la propria casa si tiene con cura e affetto, insomma “casa dolce casa” è un motto universale e si è ben visto anche questa volta!

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