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Italiani a 18 anni anche se c’è un “buco” all’anagrafe

Un giovane nato e cresciuto Emilia Romagna era scomparso per tre anni dal registro dei residenti.  Per i giudici ha diritto comunque alla cittadinanza

Roma, 28 febbraio 2013 – Un “buco” di qualche anno nell’iscrizione all’anagrafe non può impedire a ragazzi nati e cresciuti in Italia di diventare italiani quando compiono diciotto anni. L’importante è che sia chiaro che erano qui anche se non risultavano ufficialmente residenti.

A spezzare una nuova lancia a favore delle seconde generazioni e contro una burocrazia a volte più pesante della legge stessa è il Tribunale di Reggio Emilia. Una recente sentenza (segnalata dall’Asgi)  ha dato ragione a un giovane “straniero”, figlio di immigrati,  nato e cresciuto in Emilia Romagna, che tra il 2001 e il 2004 non risultava iscritto a nessuna anagrafe.

Quando è diventato maggiorenne, ha chiesto la cittadinanza italiana al sindaco di Rubiera, il comune in provincia di Reggio Emilia dove vive. Faceva affidamento sulla legge, secondo la quale “lo straniero nato in Italia, che vi abbia risieduto legalmente senza interruzioni fino al raggiungimento della maggiore età, diviene cittadino se dichiara di voler acquistare la cittadinanza italiana entro un anno dalla suddetta data”.

Il ragazzo era stato iscritto fin dalla nascita sul permesso di soggiorno del genitore. E aveva presentato diversi documenti (come certificati scolastici e di vaccinazione) che dimostravano che comunque, durante gli anni di buco, era rimasto in Italia. Per un certo periodo, la sua famiglia aveva anche vissuto in un edificio occupato e questo forse aveva complicato l’iscrizione all’anagrafe.

Al sindaco di Rubiera, però, quelle prove non sono bastate. Non ha riconosciuto al giovane la cittadinanza italiana, appellandosi alla mancanza di “residenza legale senza interruzioni” e sostenendo che non poteva applicare un’interpretazione estensiva della legge, come prevedono due circolari del ministero dell’interno, perché l’”iscrizione anagrafica è mancata per un periodo di quasi tre anni”.

L’aspirante italiano ha presentato un ricorso e il tribunale di Reggio Emilia lo ha accolto.

I giudici, infatti, si sono richiamati al senso principale della legge, secondo la quale chi nasce e rimane regolarmente in Italia fino ai diciotto anni ha il diritto di diventare italiano. E se si vuole davvero “garantire la positiva conclusione del percorso di inserimento per i bambini stranieri nati in Italia”, come si legge in una delle circolari del Viminale, non conta per quanto tempo, anche se erano qui, sono scomparsi dall’anagrafe. Breve o lungo che sia questo buco, hanno diritto alla cittadinanza.

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