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Kyenge. L’Onu contro Calderoli: “Scioccante e inaccettabile”

Il portavoce dell’Alto Commissario per i Diritti Umani condanna l’insulto del leghista. E anche per il Financial Times “l’Italia deve liberarsi dei suoi politici razzisti”

Roma, 19 luglio 2013 – Calderoli su Kyenge? “Scioccante” e “inaccettabile”. Lo dice l’Onu.

Dopo il suo paragone tra la ministra dell’Integrazione e una scimmia, il leghista ha salvato la poltrona da vicepresidente del Senato, e chissà come andrà l’indagine per razzismo aperta dalla procura di Bergamo. Ma a livello internazionale non si spegne la eco di quell’insulto.

Rupert Colville, portavoce dell’Alto commissario Onu per i diritti umani Navi Pillay, ha definito oggi la frase di Calderoli ” un’affermazione assolutamente scioccante per chiunque la faccia,  ma ancor di più se a formularla è una persona che è stata ministro del governo in passato e che ha un ruolo importante”. “La forte reazione in Italia, anche tra politici di alto livello è però incoraggiante”  ha aggiunto,

“Non è la prima volta – ha ricordato il portavoce – che politici italiani fanno questo tipo di dichiarazioni”. E anche se è positivo “il fatto che ora vi sia un grande dibattito e forti condanne pubbliche”, non “nasconde il fatto che sia assolutamente inaccettabile”, tanto più per l’impatto che può avere su quegli elementi della società “più inclini al razzismo”.

A Colville ribatte  il segretario federale della Lega Nord, Roberto Maroni. “Non è l’Onu – dice – Lo sappiamo chi è, sono quelli che continuavano a criticare il sottoscritto per la lotta all’immigrazione clandestina. Per noi il caso è chiuso”.

Sul caso torna però anche il Financial Times con un commento intitolato “L’Italia deve liberarsi dei suoi vergognosi politici razzisti”.

“L’Italia per considerarsi una democrazia moderna e liberale ha bisogno di un cambiamento delle sue opinioni rispetto a etnia e genere”, scrive Philip Stephens, criticando il fatto che Calderoli sia rimasto al suo posto dopo alcune “mezze scuse” e “una scrollata di spalle”. “Immaginate la risposta a un caso del genere a Washington, Londra o Berlino” suggerisce il giornalista.

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