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La comunità albanese in Italia, storia di successo e integrazione

È stato un bel pomeriggio quello passato al centro di Roma il 19 marzo, quando si è tenuta la conferenza “Gli immigrati albanesi nel contesto della collaborazione italo – albanese”, caratterizzata da riflessioni e documentazione sull’immigrazione albanese nel Belpaese, organizzata dall’associazione Occhio Blu – Anna Cenerini Bova, con il patrocinio dell’UNAR – Ufficio Nazionale Anti Razzismo” della Presidenza del Consiglio dei Ministri e con la collaborazione del Centro Studi e Ricerche IDOS, nella settimana contro il razzismo.

In un alternarsi di relatori, albanesi e italiani, esperti d’immigrazione, giornalisti, presidenti di associazioni italo-albanesi, la conferenza è riuscita nel suo intento di dare un bel quadro realistico della comunità albanese in Italia, a distanza di 22 anni dai primi sbarchi che segnarono anche l’inizio di una nuova era per le centinaia di migliaia di albanesi che oggi vivono da questa sponda dell’Adriatico.

Erano soltanto 514, gli albanesi residenti in Italia nel lontano 1980, 2.034 nel 1990 (gli arrivi delle ambasciate, principalmente), mentre oggi vive in Italia mezzo milione di persone. Negli ultimi 22 anni hanno dovuto fare i conti con una realtà sconosciuta prima, con una nuova lingua e società, ma anche col razzismo e discriminazioni. E oggi possono dire di avercela fatta. Lo dimostrano le tante famiglie create o riunite in Italia, i circa 120 mila bimbi e adolescenti con genitori albanesi, i più di 200 mila lavoratori, i 30 mila imprenditori, i 12 mila studenti universitari.

Lo sviluppo positivo, la crescita e l’integrazione della comunità albanese nella società italiana, l’impatto di essa sull’Italia e Albania, furono ribaditi dai diversi saluti istituzionali e nei dati concreti riportati dai tanti relatori durante la conferenza “Gli immigrati albanesi nel contesto della collaborazione italo – albanese”.

Parole di apprezzamento per gli emigranti albanesi in Italia, un ponte per i rapporti tra i due stati, sono arrivate dal ministro albanese degli Esteri, Edmond Panariti, in un saluto letto dal Consigliere dell’Ambasciata albanese a Roma, Donika Hoxha.

Nel suo saluto, Natale Forlani, Direttore Generale per l’Immigrazione e Politiche di Integrazione presso il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, ha sostenuto che la comunità albanese è tra le prime (per anzianità di permanenza in Italia) e tra le più integrate. E tra le più attive in campo lavorativo, senza dimenticare di ricordare “i 25mila albanesi che ogni anno diventano disoccupati” che hanno bisogno di trovare una nuova sistemazione.

Di imprenditori albanesi ha parlato Giuseppe Bea, responsabile dell’ufficio per l’integrazione degli immigrati del CNA, che vede nello spirito imprenditoriale una crescita professionale, una sfida e voglia di riscatto della comunità che anche se momentaneamente in crisi come tutta l’economia italiana e bisognosa di sostegno, è una grande risorsa per il paese, che offre nuovi posti di lavoro e opportunità anche ad italiani stessi.

Franco Pittau, Coordinatore “Dossier Statistico Immigrazione” Caritas e Migrantes ha parlato dell’impatto della comunità albanese nel tessuto sociale italiano, del suo valore economico, sociale e culturale. “I pregiudizi si combattono con le cifre” – ha affermato lui, raccontando delle varie ricerche che dimostrano che “l’albanese giovane, non delinque di più del coetaneo italiano”, che le spese pubbliche per l’immigrazione vengono largamente superate dagli importi che gli albanesi pagano allo stato italiano in tasse e contributi (per pensioni che spesso non prendono). Per non dire la giovane età degli immigrati, la loro buona istruzione e inserimento lavorativo sono valori inestimabili in una società come quella italiana che invecchia e non cresce senza l’immigrazione.

Un quadro generale, ha dato con la sua relazione Anila Husha, vicepresidente di Occhio Blu – Anna Cenerini Bova. “La presenza della comunità albanese si è andata consolidando a partire dal cosiddetto “esodo” di immigrati proveniente dall’Albania nella prima metà degli anni Novanta, fino a raggiungere, nel giro di un ventennio, quasi mezzo milione di presenze. Con l’incremento dei ricongiungimenti familiari sono cresciuti i processi di stabilizzazione; si rileva un passaggio dalla temporalità alla stabilità: il maggior radicamento è dimostrato dalla rilevanza della dimensione familiare ed intergenerazionale, che vede crescere l’incidenza delle seconde generazioni” – ha presentato lei le tante slide dei dati aggiornati.

In una sezione della conferenza si è parlato del particolare ruolo che l’emigrazione albanese ha avuto  sullo sviluppo dell’Albania stessa. Klaudia Bumci, giornalista della Radio Vaticana, Roma, Flavio Di Giacomo, OIM, Shqiponja Dosti, funzionario CGIL, Emanuela C. del Re, docente all’Università Nicolo Cusano di Roma hanno trattato diversi aspetti di questo ruolo: dalle rimesse allo sviluppo democratico del paese, per fermarsi alla necessità del diritto effettivo di voto della diaspora.

“Tutti noi possiamo partecipare al voto ma per farlo dobbiamo spostarci tutti quanti fisicamente. Cosa davvero impossibile … Perché dobbiamo esercitare questo diritto? – si è chiesto Shqiponja Dosti che spiega tra l’altro – Perché noi albanesi abbiamo voglia di partecipazione democratica; Perché siamo impegnati dal punto di vista finanziario a fare piccoli investimenti e spesso in ottica di sviluppo sostenibile; Perché le nostre rimesse inviate hanno davvero un ruolo importante nel welfare;  Perché abbiamo allargato le nostre conoscenze e soprattutto in questo momento di crisi ci sentiamo in grado di essere messi a disposizione per aiutare entrambi i nostri paesi; perché in fondo abbiamo anche un debito con l’Albania la quale ha comunque investito in passato sulla nostra istruzione; perché siamo impegnati da un decennio a promuovere l’immagine dell’Albania e degli albanesi all’estero; perché siamo “ponte” tra la società di origine e di accoglienza, tra la società civile e le istituzioni”.

Una sezione molto interessante della conferenza è stata quella in cui l’ambasciatore Mario Bova, presidente dell’associazione Occhio Blu – Anna Cenerini Bova ha introdotto alcune associazioni italo-albanesi in Italia, con le quali si vorrebbe costruire una larga rete per coordinare le varie attività in diverse città italiane. Hanno presentato il loro lavoro, Angela Vaventi Durazzo, presidente dell’associazione “L’altra sponda dell’Adriatico” di Genova, Benko Gjata, Pressidente del Centro di Cultura Albanese, Rosi Prekalori,  presidente della “Fratellanza/Vllaznia” di Cuneo, Roland Jaçe, presidente dell’associazione “Tutti insieme” di Bologna e membro del Consiglio direttivo del forum F.A.R.E. e Gentian Alimadhi, presidente dell’associazione “Skanderbeg” di Parma e del F.A.R.E.- Forum delle associazioni Regione Emilia (alcune delle loro presentazioni le potreste leggere nei link sotto questo articolo). Oltre ai rappresentanti delle associazioni che si sono conosciuti tra di loro, anche il pubblico ha potuto apprezzare il loro grande lavoro svolto per la promozione della cultura, delle tradizioni albanesi nelle realtà locali in cui si trovano.

Nella speranza che appuntamenti come questa conferenza diventino periodici, ringraziamo l’associazione Occhio Blu – Anna Cenerini Bova per la buona riuscita della conferenza, UNAR e Centro Studi e Ricerche IDOS per l’appoggio offerto.

Keti Biçoku

Scarica le presentazioni delle associazioni:
Occhio Blu – Anna Cenerini Bova
Rete F.A.R.E.
Scanderbeg
Fratellanza

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Le foto della conferenza per gentile cortesia di Anila Amataj Hasani

 

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