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La Storia da studiare

Una pace necessaria, curato da Paolo Rago, insieme a L’Italia che sognava Enver di Nicola Pedrazzi, costituiscono un primo tentativo a portare avanti uno studio di argomenti mai trattati, per conoscere il tipo di rapporto che intercorreva tra l’Albania di Enver Hoxha e l’Italia democristiana
Di Eliza Çoba

La Storia è una materia che suscita la mia curiosità e conduce la mia volontà alla ricerca e alla scelta di un certo tipo di letteratura, piuttosto che un’altra.

Credo che per approfondire la materia, oltre la passione serva anche un mentore capace di indirizzarti verso i libri giusti.

Durante il regime, per molti studenti albanesi, i veri insegnanti di Storia, si sono rivelati i nonni, i genitori o l’ambiente familiare, piuttosto che, i maestri della scuola. Ancora oggi se si consultano alcuni libri, capita spesso di leggere tratti di storia manipolata, travisata e di conseguenza, mi sorge il dubbio e forse ho la certezza che i nostri professori, costretti ad operare in un clima di terrore, fossero, per la maggior parte, indottrinati e spaventai a tal punto da non riuscire ad individuare più, il confine che divide il vero dal falso.

Sdrammatizzando la questione, è come se oggi insegnassi ad un bambino che a Pinocchio cresce il naso, perché ha un raffreddore, o ancora ‘meglio’, fargli credere che l’asino vola veramente. Paragoni che fanno sorridere, ma per noi albanesi costituiscono un vero dramma, le cui radici vanno cercate nella farsa che siamo stati costretti a vivere e che ha davvero compromesso il nostro sapere. Tuttavia, non posso scordarmi quello che diceva il professore dell’Università ‘La Sapienza’, riguardo la Storia Medioevale: “…molti chiamano questi dieci secoli, il periodo buio. Invece è lì che dobbiamo cercare le radici della storia moderna’.

Trovo un’analogia tra l’affermazione del professore e la questione della manipolazione della storia dell’Albania, che mi induce a maturare un pensiero: se durante il regime c’è stato il buio, e quindi molte cose sono state travisate, ciò non vuol dire che durante quegli anni la storia non abbia funzionato, poiché la storia è un processo continuo, un divenire, cammina senza di te, insieme a te, e dopo di te.

Faccio questa ‘breve’ premessa, per sottolineare l’importanza ed il valore che rappresenta per noi albanesi un seminario di studi come quello tenutosi il 10 maggio, organizzato dal Dipartimento di Scienze Politiche, dell’Università degli Studi “Roma Tre”, e dall’Associazione italiana di studi del Sud-est europeo, con il tema: I rapporti tra Italia e Albania durante la guerra fredda, durante il quale abbiamo potuto conoscere i contenuti dei due volumi pubblicati di recente: Una pace necessaria, a cura di Paolo Rago, e L’Italia che sognava Enver di Nicola Pedrazzi.

Dopo i saluti dell’ambasciatore albanese a Roma Anila Bitri, e dell’ambasciatore italiano a Tirana Alberto Cutillo, il seminario inizia con l’intervento del professore Alberto Basciani, professore associato di Storia dell’Europa Orientale, Università degli Studi “Roma Tre”, che sottolinea l’importanza dell’evento, in quanto, testimonianza di quanto si è spinti oltre, facendo un passo avanti, per raggiungere l’essenza dei rapporti italo – albanesi; rapporti non sempre facili, spesso aggressivi, soprattutto dalla parte del partito comunista nei confronti degli italiani rimasti prigionieri in terra albanese; nonostante ciò, il governo italiano, attraverso una diplomazia, seppure minima, decide di stabilire un contatto stabile che nel futuro avrebbe dato i propri frutti.

A seguire, la professoressa Antonella Ercolani, Università degli studi Internazionali di Roma, entusiasta nel confermare che, nell’ambito accademico il presente seminario costituisce un contributo necessario per chi lavora con i progetti rivolti ai Balcani, e in particolare all’Albania. Fondamentale la bibliografia, consultabile negli archivi albanesi ed italiani. Diverso il suo punto di vista, che vede nel comunismo albanese, una linea correlata strettamente alla nozione di ‘nazionalismo’. Quindi un’Albania attenta a difendersi ad oltranza, per rafforzarsi contro le mire dei vicini. Tuttavia, sostiene che l’Albania non si chiude nei confronti dell’Italia.

Infine, l’intervento del professore Francesco Altimari, professore ordinario di Lingua e Letteratura albanese all’Università della Calabria, che spiega la posizione degli arbëresh del Collegio Italo – Albanese di San Demetrio Corone. Tutto è stato coordinato dal professor Francesco Guido, presidente dell’Associazione italiana di studi del Sud-est europeo e direttore del Dipartimento di Scienze politiche.

L’ambasciatrice Anila Bitri, dopo essersi congratulata con gli organizzatori, sostiene di essere molto orgogliosa del lavoro svoltosi dagli studiosi italiani ed albanesi, lavoro che porta alla luce fatti storici, che hanno segnato i rapporti tra i due paesi. L’ambasciatrice afferma la totale chiusura del regime, tale da non fare trapassare nessuna notizia, nemmeno quella della caduta del muro di Berlino, evento che segnò la fine di un’epoca e fu precursore di tutte le sommosse che successivamente sarebbero avvenute in Albania.

Per gli albanesi, avere un dialogo aperto, con l’Italia, e con l’Europa, una totale trasparenza sui fatti storici, costituisce una prerogativa all’ingresso nella grande famiglia Europea. … La nostra casa è l’Europa” – conclude la nostra ambasciatrice Anila Bitri.

I diplomatici non scelgono dove andare a svolgere il loro lavoro – esordisce l’ambasciatore Alberto Cutillo, spiegandoci che è per volontà di chi dirige il Ministero che lui si trova in Albania. – Però, un diplomatico sceglie come investire le risorse, e nel caso dell’Albania, io sono stato propenso a sollecitare e sostenere il lavoro curato da Paolo Rago, lavoro che ha portato alla luce il volume: I rapporti tra Italia e Albania durante la guerra fredda, e che ci vedrà impegnati per la realizzazione di ulteriori due volumi, coprendo così un arco di tempo che va dal 1945 fino alla fine degli anni ’90. La scelta dei ricercatori si è basata su un principio di parità, metà degli studiosi sono albanesi e l’altra metà italiani. La preoccupazione, di non riuscire a trovare del materiale, era reale. Ma allo stesso tempo, l’intuizione che qualcosa avremmo trovato, e di seguito l’efficace consultazione degli Archivi Centrali di Stato della Repubblica d’Albania, e quella italiana, hanno prodotto risultati eccellenti, premiandoci di un volume unico nel suo genere”.

Il primo volume, curato da Paolo Rago, che abbraccia i primi vent’anni della guerra fredda, insieme al lavoro di Nicola Pedrazzi, che ci ha regalato un’opera straordinaria, costituiscono un primo tentativo a portare avanti uno studio di argomenti mai trattati, per conoscere il tipo di rapporto che intercorreva tra l’Albania di Enver Hoxha e l’Italia democristiana, il livello di relazioni tra i comunisti albanesi e i comunisti italiani.

Inoltre, i presenti volumi mostrano che, per quanto piccolo sia lo stato albanese, esso costituisce oramai una realtà viva, non più immaginaria. E tratti della storia del popolo albanese, sono ancora da scoprire e da studiare.

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