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L’addio di un amico americano

Di Gjergji KAJANA

Gli USA e il popolo albanese vivono una stretta partnership dal 1920 quando, in rispetto dei 14 punti di Wilson che sancivano tra l’altro il diritto alla autodeterminazione dei popoli, Washington appoggiò l’adesione dell’Albania nella Società delle Nazioni, l’ONU dell’epoca post-Prima Guerra Mondiale. Gli americani hanno liberato il Kosovo dal giogo di Milosevic nel 1999 e hanno aiutato Tirana ad aderire nella NATO nel 2009. È per questo che, nel normale ricambio periodico degli ambasciatori effettuato dalle cancellerie degli stati nelle capitali dei paesi dove tengono ambasciata, a Tirana l’avvicendamento americano desta più curiosità e attesa di tutti gli altri, anche più di quelli di Bruxelles. È cosi anche per l’avvicendamento di quest’inizio anno di Arvizu con Donald Lu.

È appena terminato, quindi, il soggiorno diplomatico quadriennale (novembre 2010 – gennaio 2015) di Alexander Arvizu alla testa dell’ambasciata USA a Tirana. Ed è stato un soggiorno molto intenso, coinciso con la stretta autoritaria di Berisha dopo le proteste dell’opposizione che reclamava di aver subito brogli alle elezioni del 2009. Dopo il 21 Gennaio l’ambasciatore definì “una decisione da uomo di stato” il fatto che l’autore politico di quel massacro annullò un raduno previsto per il 29 gennaio. Il raduno convocato da Berisha si sarebbe dovuto svolgere un giorno dopo un altro raduno chiamato da Edi Rama per commemorare le vittime. Gli USA osteggiavano lo svolgimento di tutti e due i raduni e, per bocca di Arvizu, si complimentarono pubblicamente con Berisha per aver richiamato quello convocato da lui. Consapevoli dei rancori che covavano tra simpatizzanti dei due grandi partiti albanesi, non a torto gli americani temevano che le violenze potessero continuare ed estendersi. Berisha e Rama si consideravano rispettivamente “golpista” e “assassino”. Non era un timore infondato quello del riprendersi degli scontri ma in Albania si ricordò per tanto tempo la definizione di Arvizu “uomo di stato” rivolta verso Berisha, estrapolata dal contesto di una più lunga dichiarazione. Arvizu “l’albanese” venne segnato da quel termine.

Ad aver segnato inconfondibilmente il soggiorno di Arvizu rimane però un altro fatto, sempre legato all vicende tragiche del 21 Gennaio e stranamente mai abbastanza riconosciuto dagli editorialisti albanesi. Trovatasi sotto il fuoco delle accuse berishiane per la decisione di voler interrogare gli effettivi della Guardia Repubblicana coinvolti nella sparatoria unilaterale che causò le morti nella protesta, il Procuratore Generale Ina Rama chiese l’aiuto tecnico americano nelle indagini. Arvizu appoggiò la richiesta in una congiunta conferenza stampa con Rama. I risultati delle indagini condotte nei laboratori della FBI fecerò scientificamente noti agli albanesi i nomi dei tiratori killer del massacro, persone poi riconosciute non colpevoli dalla Corte di Tirana con una vergognosa sentenza del  7 febbraio 2013. I risultati delle indagini svolte negli USA sono la prova tecnica più credibile e veritiera sul 21 Gennaio che tanto ha segnato la recente storia albanese. Come il suo predecessore Withers, l’uomo di Washington che saluta Tirana è stato cosi – tramite il peso del sostegno politico e morale dato a un servitore di stato come Ina Rama trovatasi sotto l’attacco della politica – un difensore della divisione del potere giudiziario da quello politico.

Arvizu e l’”uomo di stato” sono sempre stati, infatti, ai ferri corti perché l’interesse geostrategico USA richiede una Albania stabile garante della sicurezza dei Balcani. Berisha minò non solo la stabilità politica interna albanese orchestrando nel 2011 massacri sparati ed elettorali (leggi: la “vittoria” di Basha nelle elezioni amministrative per Tirana) ma ballò – insieme all’Alleanza Rossonera – pericolosamente attorno al fuoco nazionalista a cavallo tra il 2012 e l’anno elettorale 2013. In rappresentanza degli USA Arvizu condannò la retorica nazionalista albanese. Se non contenuta, essa poteva provocare un raffreddamento di Tirana con i suoi vicini ed avvelenare così il clima di collaborazione tra i paesi balcanici, clima nato sulle ceneri della guerra americana per il Kosovo nel ’99. Arvizu può essere ricordato come un buon amico dell’Albania anche in questo contesto: per la condanna ufficiale dell’ultima inconcludente e dannosa vampata di nazionalismo albanese.

 Il diplomatico che saluta Tirana è stato un dignitoso rappresentante del più democratico paese del mondo e, nell’esercitare le sue funzioni, ha voluto che gli albanesi continuassero a viverla la democrazia, per quanto imperfetta e difficile da realizzare essa sia dentro i nostri confini.  

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