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Lampedusa: il rovescio della medaglia

Di fronte all’ennesima strage, che solo per i numeri supera le precedenti, la stampa, anche quella ‘indipendente’, eccezion fatta per le nefaste grida esalate dalla palude dove si rintana la feccia leghista, si è uniformata ad un bavoso pietismo che riscopre i migranti solo quando muoiono. Una cosa è certa, al di là delle leggi e normative in essere o che i politici potranno riformulare nel futuro: i sopravvissuti, con il volto segnato dal dolore che lo ha corroso come un acido lasciandogli solchi indelebili fin nel profondo della psiche, solo con la loro presenza, ci comunicano che i migranti hanno diritto di esercitare quella libertà di movimento che si sono conquistati con le rivolte a partire da quella di Tunisi e che non sono appannaggio del solo ricco cittadino europeo
Di Giuseppe CHIMISSO

9 ottobre 2013 – La gente di Lampedusa riceve con proteste i politici arrivati dall’Europa e da Roma
Non facciamoci ingannare dall’emozione che trasuda dagli articoli dei giornali e dai servizi televisivi sull’ennesima tragedia nel canale di Sicilia: più di trecentocinquanta tra morti e dispersi e centocinquanta sopravvissuti.  Non ci facciamo ingannare dal balletto dell’ipocrisia morale e politica tanto di moda dopo ogni tragedia, ipocrisia che copre solo il marasma legale, tipicamente italiano, che pretende di regolare l’annoso problema dei profughi, della disorganizzazione e dello schifo imperante nei cosiddetti ‘Centri d’accoglienza’ che assomigliano implacabilmente ai campi profughi africani.

Attualmente la legislazione italiana è per dir poco scandalosa e non dà scampo ai profughi: o morire affogati nell’ultima traversata o, per gli scampati, essere denunciati per emigrazione clandestina; paradossalmente, chi aiuta i naufraghi è denunciato per favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, chi non aiuta le carrette del mare, come alcune imbarcazioni  che tirano dritto, è perseguito per mancato soccorso perché non ha rispettato la Convenzione Internazionale del ’79. Questo marasma legale è dovuto al solo fatto che l’Italia è l’unico Paese europeo a non avere mai avuto una legge organica sui profughi e sulla richiesta d’asilo ed il Parlamento è sempre stato sordo agli appelli fatti in questo direzione.

Di fronte all’ennesima strage, che solo per i numeri supera le precedenti, la stampa, anche quella ‘indipendente’, eccezion fatta per le nefaste grida esalate dalla palude dove si rintana la feccia leghista, si è uniformata ad un bavoso pietismo che riscopre i migranti solo quando muoiono ed all’unisono comunica, in modo sospetto, di inadeguatezza, anzi superamento della legge Bossi-Fini; questo guizzo di criticità è dovuto forse perché i politici che, sciaguratamente, gli hanno dato il nome sono caduti in disgrazia? Dopo alcuni lustri che la legge sull’immigrazione ha rappresentato un vero è proprio tabù per il dibattito politico nazionale, tabù infranto per la verità, solo dal nuovo protagonismo dei migranti che gradualmente ha preso forma e voce negli ultimi anni, finalmente con la commozione a seguito dei gravi fatti di Lampedusa si sente mettere in discussione la famigerata Legge Bossi-Fini.  Vista la situazione politica esistente, se va bene è facile attendersi un lifting che ‘ammorbidisca’ tale legge, lasciandola intatta nello spirito che infirma e sott’intende l’attività di razzismo istituzionale che finora ha espresso lo Stato Italiano.

Non dobbiamo attenderci granché dalla delegazione bipartisan di parlamentari che sono giunti a Lampedusa e si sono ‘calati nella realtà’ per visitare il ‘Centro d’Accoglienza’, per l’occasione vestiti in modo casual, mettendo coraggiosamente a repentaglio le proprie scarpe da 600 euro nel calpestare il fango formato da terra e piscio, dove più di un migliaio di persone rifugiate dormono all’aperto come animali, da tempo, su fetidi giacigli; questi deputati che hanno avuto cinque minuti di pubblicità nella conferenza stampa per poter onorare la propria vanagloria politica, indossando per l’occasione le proprie cravatte firmate ‘Marinella‘ o ‘Hermes’, cosa ricorderanno fra mesi? Cosa conoscono della Legge Bossi-Fini?  Cosa sanno delle pene e dei sacrifici che i lavoratori stranieri debbono fare quotidianamente per poter essere in regola?

Una cosa è certa, al di là delle leggi e normative in essere o che i politici potranno riformulare nel futuro: i sopravvissuti, con il volto segnato dal dolore che lo ha corroso come un acido lasciandogli solchi indelebili fin nel profondo della psiche, solo con la loro presenza, ci comunicano che i migranti hanno diritto di esercitare quella libertà di movimento che si sono conquistati con le rivolte a partire da quella di Tunisi e che non sono appannaggio del solo ricco cittadino europeo; i migranti, per parafrasare un vecchio detto, hanno cominciato ad esercitare il diritto di ‘votare con i piedi’ contro le guerre che non li riguardano e che subiscono e che spesso altri accendono, dall’Afghanistan alla Libia, dalla Siria all’Iraq, dall’Angola fino al corno d’Africa,  guerre che producono  migrazioni di massa  che fanno parte di un fenomeno epocale non reprimibile ed in pieno sviluppo con il quale la società occidentale, alla deriva, deve fare i conti sin da oggi.

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