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Negli anni ’90 accogliemmo gli albanesi, oggi l’Albania ricambia il popolo italiano aiutando i disperati del mondo

La testimonianza di Giovanni Manoccio, arbëresh, ex sindaco di Acquaformosa, Cosenza

“Questa storia inizia 28 anni fa, era il 1990 a novembre e mi trovavo a Tirana per un viaggio umanitario, organizzato dalla Lega Arbëreshe in collaborazione con la Croce Rossa Internazionale, erano tempi critici e bui per l’Albania, ricordo povertà e fame vera.

Pochi mesi prima, in estate, ci eravamo recati a Restinco dove erano alloggiati circa 800 tra esuli e profughi albanesi, incontrammo le autorità per cercare di dare vita al primo sistema di accoglienza volontario. Passano pochi mesi e il 6 agosto 1991 mi ritrovo a Bari ad assistere alle drammatiche scene della ‘Vlora’, la nave che partorì dal suo grembo ventitremila albanesi che fuggivano dall’oppressione del regime. Le cronache parlavano di albanesi come stupratori, ladri, nullafacenti costruendo lo stereotipo di ‘ospite sgradito’.

Ricordo, inoltre, la ‘tragedia del Venerdì Santo’ nel marzo del 1997 avvenuto all’indomani del fallimento delle finanziarie albanesi con il crack della nazione Shqipëtara. Negli anni i nostri fratelli d’oltre Adriatico arrivati in Italia sono diventati professionisti, titolari d’aziende e di imprese, professori e operai comuni. Le seconde generazioni hanno riscattato l’immagine ritagliata ad arte da una stampa poco attenta all’integrazione ma molto capace di raccontare l’immigrazione violenta e brutale, fomentata costantemente da esponenti leghisti che aizzavano i militanti ad aggressioni, dando vita alla caccia degli albanesi.

Nel corso degli anni prima da sindaco di Acquaformosa e poi da Delegato all’immigrazione mi sono cimentato con i progetti di Accoglienza dello SPRAR: il mio paese è diventato uno dei paesi calabresi simbolo d’integrazione ospitando tra l’altro, nel 2013 le donne eritree scampate alla prima tragedia del Mediterraneo (stessa storia degli albanesi), allargando nel corso degli anni i progetti in altre sette comunità italo-albanesi.

Dal 23 al 26 agosto ad Acquaformosa si è tenuta la settima edizione del ‘Festival delle Migrazioni’ e proprio mentre si teneva nella piazza principale un dibattito sulle ONG e sui porti aperti in netto contrasto con le politiche razziste del ministro degli Interni è arrivata la notizia della Liberazione dei 145 ostaggi della nave militare Diciotti. La notizia è stata accolta con un fragoroso applauso mentre parlava Padre Mussie Zerai che è uno dei massimi esponenti della ‘Chiesa degli ultimi’.

In quel momento ho ripercorso la mia vita a sostegno dei più bisognosi, sono stato fiero ancora una volta di essere ‘Arbëresh’ e di aver praticata e sostenuto l’accoglienza per 40 anni. Ma la gioia più forte è stata quella di apprendere che lo Stato albanese si prende carico di 20 migranti assieme all’ Irlanda e alla Chiesa. Tutto ciò mi ha reso felice e mi ha emozionato proprio perché ho inteso aprire le porte del mio paese negli anni scorsi ai richiedenti asilo come una sorta di compensazione alla nostra storia di profughi e migranti del 1500. Ed oggi l’Albania ricambia il popolo italiano dimostrandosi accogliente e aiutando i disperati del mondo. Penso che l’esempio del governo shqipëtaro possa essere il migliore antidoto alle politiche del nuovo governo italiano”.

Shkodra Jazz Festival, përtej traditës

Link to origin. Confronto, accoglienza e identità secondo l’artista kosovara Majlinda Kelmendi