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Oltre 30 mila, le imprese di immigrati albanesi in Italia

Sono 500 mila le imprese di immigrati, e crescono nonostante la crisi. L’8% delle imprese ha un titolare nato all’estero, sono aumentate del 4% in un anno, mentre quelle degli italiani diminuivano. Ora però devono allargarsi e puntare all’internazionalizzazione

Su 6.061.960 imprese iscritte negli elenchi delle Camere di Commercio, quelle controllate da persone nate all’estero sono 497.080, oltre l’8%. Nell’80,6% dei casi si tratta di imprese individuali (contro il 51,9%  registrato tra gli italiani), ma “gli immigrati si stanno aprendo in misura crescente anche a forme di impresa più complesse, come le società di capitali”.

A fare i conti è il Rapporto Immigrazione e Imprenditoria 2014 della Idos, presentato a Roma. Lo stesso che sottolinea come gli imprenditori nati all’estero siano riusciti a mantenere un significativo dinamismo imprenditoriale anche in questi anni di crisi, compensando la tendenziale diminuzione delle imprese guidate dagli italiani.

Nel 2013, infatti, mentre per le imprese italiane il segno è stato uniformemente negativo (-0,9% a livello nazionale), quelle che fanno capo a lavoratori immigrati hanno registrato un andamento positivo (mediamente del 4,1%). Questo secondo i ricercatori induce a confidare sulla possibilità di un loro ulteriore supporto al sistema economico-produttivo italiano come anche allo sviluppo dei Paesi di origine.

Sul territorio il panorama è frastagliato, con una maggiore concentrazione delle iniziative nel Nord Ovest (30,4%) e nel Nord Est (21,3%)  quindi nel Centro (26,3%) e infine nel Meridione (22%). Tra i settori prevalgono il commercio (oltre 175mila imprese, 35,2% sul totale) e le costruzioni (126mila, 25,4%), seguono, a distanza, attività manifatturiere (41mila, 8,3%), alloggio e ristorazione (36mila, 7,2%) e servizi di noleggio, agenzie di viaggio e altri servizi alle imprese (4,7%).

Nell’insieme, si tratta di attività controllate in oltre i tre quarti dei casi da cittadni extracomunitari  (384.318 imprese, 77,4% del totale), mentre i Paesi di origine che si segnalano per un maggior numero di titolari di ditte individuali sono Marocco (61.177, 15,3%), Romania (46.029, 11,5%), Cina (45.043, 11,2%), Albania (30.376, 7,6%), Bangladesh (20.705, 5,2%) e Senegal (16.894, 4,2%).

L’imprenditoria albanese in Italia

Gli imprenditori albanesi, in particolare, si concentrano nelle costruzioni, anche se negli ultimi anni mostrano segni di progressiva differenziazione settoriale. Nel 2013, un imprenditore straniero su cinque opera nell’edilizia, per gli albanesi questo dato sale fino a 77,5%, ma nel 2007 erano concentrati sul settore più del 83% di loro.

Per quanto riguarda la distribuzione territoriale delle imprese degli albanesi si nota che, come tutti gli stranieri, sono concentrate nelle regioni del centro nord: oltre 9 su 10 (93,5%), in articolare in Lombardia (18,8%), Toscana (18,2%), Emilia Romagna (15,1%) e Piemonte (11,1%). A oltre 20 anni dagli sbarchi, gli albanesi d’Italia si collocano al quarto posto per l’iniziativa imprenditoriale, “mostrando dinamismo lavorativo e capacità di cogliere le opportunità” conclude il rapporto sulla nostra comunità.

Un elemento che emerge dagli studi e viene  messo in luce dalla IDOS, è il fatto che tra gli albanesi immigrati sono in molti a desiderare di avviare un’attività produttiva in Italia come in Albania. Questa specificità della migrazione albanese può diventare una risorsa strategica sia per contribuire alla ripresa economica italiana, sia per lo sviluppo socio-economico delle aree di partenza. Ma solo se supportata da opportune politiche atte a rimuovere gli ostacoli giuridici, ad agevolare l’accesso alle informazioni e alle reti per l’imprenditoria straniera, ad approfondire le specificità della loro presenza e a cogliere le potenzialità della componente femminile.

In generale, il rapporto, oltre a fotografare la realtà, indica una serie di obiettivi da perseguire. Si va da agevolazioni in materia creditizia, alleggerimento del carico fiscale e semplificazioni burocratiche, all’evoluzione verso forme societarie diverse più ampie della ditta individuale e all’alargamento del raggio d’azione oltre i confini nazionali, puntando soprattutto sui legami con i Paesi d’Origine.

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