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Orenada Dhimitri, l’artista psicoterapeuta

Dottoressa in psicoterapia, e anche pittrice. La sua professione e la sua arte, Orenada le vede complementari. “Sia nell’arte, sia nella vita quotidiana, importante è mostrarsi per quello che si è, senza sovrastrutture, stereotipi da seguire, o costruirsi una propria immagine falsata. L’eleganza del pensiero e il fascino di ognuno di noi si nascondono nell’autenticità e nelle imperfezioni, che fanno parte della propria essenza”.

“Orenada, non Renata!” Chissà quante volte, presentandosi, ha dovuto fare questa correzione; però, sempre sorridendo. Anche ora, corregge, e ride alla domanda se devo chiamarla psicoterapeuta o pittrice. “Chiamami come vuoi, ma ti prego non chiamarmi Renata!” Orenada, dunque. Dottoressa in psicoterapia, e anche pittrice.

L’abbiamo conosciuta proprio per la sua pittura, dopo una mostra personale all’Ambasciata Albanese di Roma, e la partecipazione ad una collettiva presso il Museo della Civiltà Romana all’EUR di Roma.

E successivamente come psicoterapeuta e sessuologa clinica. Lavora a Roma, ed è qui che ha saputo del terribile incidente in Albania la scorsa primavera, quando un autobus di studentesse finì in un burrone. Giorni dopo, alcune delle sopravvissute lamentarono la mancanza di assistenza psicologica gratuita da parte dello Stato. Appena letta la notizia, Orenada si offrì subito per dare il suo sostegno e aiuto concreto alle sopravvissute. Quello del lavoro clinico e supporto psicoterapeutico, che è il suo lavoro quotidiano a Roma, città dove è arrivata nel 1998 laureandosi in psicologia, specializzandosi successivamente in sessuologia clinica e in psicoterapia.

La sua professione e la sua arte, Orenada le vede complementari. “Sia nell’arte, sia nella vita quotidiana, importante è mostrarsi per quello che si è, senza sovrastrutture, stereotipi da seguire, o costruirsi una propria immagine falsata. L’eleganza del pensiero e il fascino di ognuno di noi si nascondono nell’autenticità e nelle imperfezioni, che fanno parte della propria essenza”.

Bota Shqiptare: Psicoterapeuta e pittrice, dunque.

Orenada Dhimitri: Ambe­due, certo. La mia formazione si è basata oltre che sulla formazione professionale anche su una ricerca interiore personale, un’esplorazione del mondo emozionale e della sua modalità d’espressione. Quindi, la pittura è stata uno di questi passaggi, avvenuto in modo fluido e naturale, anche se il sogno nel cassetto giaceva da anni, tanti anni, dalla prima adolescenza. Non è stato un momento preciso, semplicemente un processo continuo di ricerca che ha preso questa forma espressiva.

E dunque una forma di trasferire in immagini il pensiero inconscio?

Certo, ma prima di tutto il mio è un tentativo di dare all’osservatore un’immagine percepibile a volte all’emozione, altre volte anche al pensiero inconscio. Principalmente mi concentro sui comportamenti umani che osservo, oppure sugli stati della psiche, i colori, i profumi ed i sapori delle emozioni che provo o incontro. Cerco di trasferire su tela e altri supporti immagini introspettive, visioni personali. Altre volte una frase, un sorriso, un tramonto, una melodia, a volte la pioggia, il silenzio.

La sua mostra si intitolava infatti “Inattesi istanti di silenzio”

E’ stata una riflessione sul silenzio, partita qualche tempo fa in ambito lavorativo. E’ stato proprio questo l’input. Una riflessione sul silenzio con il suo ambiguo significato, come spazio che alimenta l’espressività di ognuno di noi da una parte, ma contemporaneamente anche come portatore di angosce profonde.

Pittura e psicologia insieme, dunque?

In me, senz’altro sono complementari. Due aspetti che non possono essere scindibili l’uno dall’altro. Non c’è una linea di demarcazione dove comincia l’artista e dove finisce la psicologa. Sono le due parti della stessa medaglia: la ricerca di comprendere se stessi e l’altro, di addentrarci nel caos o nella quieta interiore, a volte col pensiero logico, altre con la poesia delle emozioni. Un gioco di tensioni che cambiano continuamente il loro equilibrio.

Le è stato difficile fare arte in Italia?

In fondo le cose semplici non mi attraggono… non rappresentano una sfida, manca il gusto di mettersi alla prova e dell’eventuale riuscita. Sfidare le difficoltà sempre con umiltà e determinazione penso sia un difficile lavoro della dimensione dell’essere individui.

Vivere in Italia, a Roma in particolare, dove l’arte la fa da padrona in quanto monumenti e opere artistiche di altre epoche, aiuta l’artista di oggi?

Questa città è particolarmente emozionante, coinvolgente. Respirare quotidianamente il profumo di oltre 2500 anni fa non succede ovunque. Mi sento fortunata a poter vivere una possibilità del genere.

L’aspetto dell’arte contemporanea per la mia modesta opinione andrebbe maggiormente stimolato sia come movimento sociale che come educazione collettiva all’arte. L’arte fa bene allo spirito, non può che dare una nuova finestra di visione sul mondo. La dimensione ambientale circostante dell’arte e della bellezza è molto importante, ma da sola non basta. Non può avere risonanza interiore se non si hanno gli occhi per comprenderla, sentirla, farla propria, e poi magari regalarla all’osservatore.

In Italia vivono tanti noti artisti albanesi. Proprio negli ultimi anni sono venuta a conoscenza di questa realtà in continua evoluzione ed espansione, che mi era totalmente sconosciuta purtroppo. Questo mi rallegra e vedo tale processo di crescita culturale come una modalità comunicativa tra mondi e dimensioni che sembrano apparentemente statici, ed invece sono in profonda trasformazione.

I suoi hobby?

Cinema, teatro, libri e viaggi, scoprire e conoscere realtà e mondi nuovi. Amo le lingue e le culture straniere e soprattutto i viaggi per conoscerle ed esplorarle da vicino, per quanto possibile e compatibile con il lavoro. Inoltre, la passione per la creatività, la moda, la danza orientale, la cucina etnica occupano altrettanto uno spazio importante.

Come si vede nel futuro? Medico psicoterapeuta nel suo studio privato o artista affermato?

Oggi mi sento contenta, ma non penso di riuscire a rinunciare alla magia dell’esplorazione. L’esplorazione di mondi reali o simbolici (interiori) è talmente fondamentale per me. È come se ogni volta sentissi il vento tra i capelli, il profumo del mare, guardassi i colori luminosi dell’arcobaleno, la passione della vita.

Il futuro? Chi può dirlo? Ogni istante è sorprendente e imprevedibile. Pensare che da piccola volevo diventare architetto. Ma alla tua definizione di psicoterapeuta-artista aggiungerei solo: “una cittadina del mondo che cerca di capire e scoprire il mondo fuori di sé, per poterlo sentire proprio a modo suo”.

Pensa di tornare un giorno in Albania?

A questo proposito mi viene in mente una citazione del regista russo Andrej Tarkowskij: “… non credo che si viaggi per tornare. L’uomo non può mai tornare allo stesso punto da cui è partito perché nel frattempo lui stesso è cambiato”.

Keti Biçoku

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