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Perché l’Italia siamo anche tutti noi

Di Esmeralda Tyli

C’è sempre un conflitto generazionale tra genitori e figli. È più che normale. Nel caso dei cittadini di origine straniera, ci si chiede uno sforzo in più per cercare con tutte le energie di non trasformarlo in una spaccatura fra la generazione dei padri e quella dei figli. Le attenzioni dovute ai diritti della cosiddetta “seconda generazione”, (e che poi, perché viene definita così, non ho ancora capito), nata e/o cresciuta in Italia, sono uno dei nostri principali doveri di adulti, per creare ai giovani tutti  i presupposti di una crescita e di una formazione adeguata a pari passo con lo sviluppo della società. Siamo chiamati, come adulti, genitori e non, a costruire una società giusta, in cui loro possano avere delle certezze per il futuro.
Per questo motivo, non si possono scindere i diritti della “seconda generazione” dai diritti della “prima”.  Una “prima generazione” che ancora oggi giorno a stento emerge e a stento riesce a realizzarsi, che rischierebbe a crescere una “seconda generazione” diffidente, lontana dagli sviluppi della società, una generazione propensa solo alla realizzazione individuale come l’unica via di fuga dalla realtà in cui è cresciuta, realtà fatta di file per i permessi di soggiorno, per le impronte digitali, generazione indicata come “straniera in Patria”, generazione ghettizzata nell’anima, generazione bollata in eterno come “seconda generazione”. Una società civile e democratica non può e non deve permettersi il lusso di correre questo rischio, cioè rischiare di perdere già dalla nascita la generazione del proprio futuro.

Così facendo, rischiamo che i conflitti generazionali si trasformino in conflitti sociali ben più profondi, difficili da sanare. Non è per nulla facile e per nulla simpatico parlare di immigrazione anche dopo così tanti anni. Però lo dobbiamo fare, essendo rimasta l’immigrazione una tematica ancora cruciale per questa società, una tematica alla quale si stenta a dare risposte adeguate e definitive.
Non sono mancati in questi anni gli sforzi delle forze politiche progressiste del Centrosinistra italiano per dare queste risposte tanto attese. L’attività incessante del Forum Immigrazione PD svolta finora  è un esempio lampante di questi sforzi, di un gran lavoro che, anche tra mille difficoltà, non smette di cercare e di attuare le soluzioni tanto attese. Con battaglie concrete, con proposte concrete fatte anche al Governo ora in carica, e con altissima partecipazione dei militanti e attivisti PD e dell’associazionismo.

L’esempio di Torino con le sue politiche per l’integrazione sempre in avanguardia e a livelli esemplari è una prassi da seguire in scala nazionale. Il lavoro delle associazioni e individui è una grande risorsa per rafforzare le basi per raggiungere i successi voluti in questa tematica. Ma c’è sempre un “ma”; siamo ancora qui dopo anni e anni di battaglie,  a parlare di tematica immigrazione, siamo ancora qui a parlare dei diritti sacrosanti dei ragazzi nati e/o cresciuti in questo paese.

Vedendo i giovani di “seconda generazione” cresciuti così bene, con dei valori forti sia familiari sia sociali, mi da gioia e motivo di orgoglio. Proprio perché in prima persona ho visto le difficoltà enormi che i genitori hanno dovuto e ancora devono affrontare e che, con tanta dedizione, pazienza e senso di dovere verso i propri figli, hanno fatto di tutto per risparmiare alla prole le sofferenze e le angherie di un’integrazione fai da te, senza l’appoggio di politiche per l’integrazione adeguate che ancora latitano.

La “prima generazione” è uscita dalla cerchia di una ribellione solo bisbigliata ed è in prima linea nelle battaglie per i diritti.  E ce la stanno facendo, tra mille difficoltà, ma ce la stanno facendo! È proprio il silenzioso richiamo dei diritti dei propri figli che diventa faro di guida ed energia per impegnarsi di più negli sforzi quotidiani per raggiungere gli obiettivi.

La campagna “L’Italia sono anch’io” nel 2011 credo che abbia scosso le coscienze di tutti. Ha mobilitato tantissime persone, come mai prima. Ecco il vero segnale che la società italiana spesso è molto più avanti dei propri governanti. Cosa dobbiamo aspettare ancora? Cosa dobbiamo aspettare ancora per far capire che una società civile nel quale quasi 10% dei suoi membri i doveri cerca di svolgerli a pieno ritmo, ma dispone di diritti ridotti?  

Nessuno finora ci ha regalato nulla. Tutto ciò che abbiamo, lo abbiamo guadagnato con sudore e fatica. E con sudore e fatica, ci siamo guadagnati anche il diritto di sentirsi a pieno titolo cittadini di questa società che giorno per giorno costruiamo anche noi, insieme a tutti coloro che di buona volontà ne hanno da vendere. Però c’è un dato di fatto: fin quando il Parlamento di questo Paese non approverà una legge adeguata degna di una società civile e democratica, la mia modesta opinione è che quei 5,2 milioni di persone che qui vivono, lavorano, crescono i figli, contribuiscono ogni giorno nella crescita di questo paese anche in questi momenti difficile di crisi, rimarranno un coro muto. L’esperienza di chi l’immigrazione ha provato sulle proprie spalle con tutti gli annessi e connessi, non dev’essere taciuta, bensì dev’essere messa a disposizione della politica per poter costruire insieme delle politiche adeguate e in avanguardia sull’immigrazione e l’integrazione. L’urgenza del riconoscimento del diritto di cittadinanza dei figli dei cittadini stranieri nati o cresciuti in Italia e del diritto di voto amministrativo per i cittadini di origine straniera residenti regolarmente in Italia, va a pari passo con la partecipazione attiva e concreta dei cittadini stranieri in tutti i livelli della politica.
Non bastano solo un Ministro e un Parlamentare di origine straniera per dirsi che l’Italia è cambiata. Abbiamo visto spesso in questi ultimi mesi lo spettacolo indegno di razzismo verso Cècile Kyenge e Khalid Chaouki sia in web e sia nella vita reale. L’ultimo a Brescia in questi giorni. Una vergogna che fa rabbrividire. Frasi tanto usate come “devono maturarsi i tempi” o “il tema dei diritti non è una priorità in questo momento” oramai sono fuori luogo. Da un bel po’ è arrivata l’ora che siano definitivamente messe nel cassetto delle memorie di questa società, politica compresa.
Mi ricordo una parte di una dichiarazione di Marco Pacciotti, Coordinatore Nazionale del Forum Immigrazione PD. Dichiarazione questa fatta nel 2011 proprio in occasione della campagna “L’Italia sono anch’io” in cui, se la memoria non m’inganna, Pacciotti dice: “I tempi sono maturi per riconoscere ai “nuovi italiani” la cittadinanza e la possibilità di votare alle elezioni amministrative come già accade diffusamente in Europa, con l’obiettivo di costruire una convivenza civile basata su una effettiva reciprocità di diritti e doveri”.
Ai figli della mia generazione dedico i miei sogni per il futuro e i miei sforzi quotidiani, per quanto poco significanti essi siano, per costruire per loro una società migliore. Alla mia generazione, di origine italiana e straniera, dedico il mio rispetto! Abbiamo fatto tanto per arrivare fin qui. E per un lungo tempo lo abbiamo fatto piuttosto silenziosamente, rischiando di diventare invisibili.  
Adesso più che mai, vale il moto “Non mollare!”. I nostri figli sono il nostro frutto. Per loro e per noi, i nostri sforzi, le nostre battaglie per i diritti continueranno!

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