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Perché sembra impossibile comunicare senza le parolacce?

Va di moda conformarsi ad un certo linguaggio, ad un unico vocabolario nuovo, ricco di negatività, di maleducazione, di arroganza e offensività, tutto ciò in nome della “nuova tendenza”.
Rimane sempre un piacere incontrare quella categoria di persone, ormai “in via di estinzione”, forse considerati “antichi” o “fuori moda”, ma coerenti alle buone abitudini ed al buon costume.
Di Adela Kolea

Tempo fa, usare una certa tipologia di linguaggio contenente parole poco educate e addirittura volgari, era usanza decisamente maschile. Questo fenomeno era collegato al ruolo della figura del uomo che predominava nella società su quella della donna. Inoltre, i ragazzi facevano e fanno tuttora uso di queste parole per vari motivi: per imporsi nella società, per dimostrare un’età più matura di quella effettiva, per attirare l’attenzione delle ragazze, creando una sorta di corazza attorno a sé. Anche colui, di carattere tranquillo e pacato, che magari proveniva da una buona famiglia, fuori dall’ambiente di casa ci teneva ad essere rispettato, notato o tenuto in considerazione.

Certo, il rispetto non si ottiene con l’arroganza o con i cattivi modi nell’espressione ma, chissà perché, c’è sempre stato questo intento sbagliato sul comunicare. Al contrario, chi usava per comunicare un linguaggio corretto, privo di “parolacce”, veniva considerato come uno dal carattere debole.

Negli ultimi decenni, questa tipologia di linguaggio ha preso dimensioni più ampie del dovuto, comprendendo la sfera familiare, il linguaggio tra marito, moglie e figli. Da notare è che le donne si sono appropriate “comodamente” di tutto il vocabolario che, fino a poco tempo prima, a loro era di accesso negato o “censurato”. Dal loro canto, le donne, sottoposte a una vita stressante e frenetica, dovendo conciliare il ruolo di moglie o madre con quello della lavoratrice, spesso usano certi termini come tentativo di essere ascoltate, rispettate o aiutate. Nella loro vita scorre tutto in maniera così frettolosa che, forse senza accorgersene, certe parole sfuggono e i figli sono i primi ad assorbire e a rispecchiare queste reazioni. I figli imitano i termini peggiori che i genitori dicono in momenti di stanchezza fisica e psicologica.

C’è anche da sorprendersi su come la televisione abbia influenzato negativamente la diffusione di questo fenomeno. In essa, è da ritenersi “abituale” questo linguaggio nei reality e talk – show di un certo livello educativo e culturale. Anche qui, i telespettatori sono suddivisi in due gruppi: in quelli pro e in quelli contro. Chi non li ritiene di suo gradimento non li guarda neanche, ma chi invece li preferisce, li imita pure prendendoli come esempi nella propria vita quotidiana.

Addirittura in cartoni animati di determinate serie, è presente un linguaggio “ricco” di un tranquillo uso di parolacce, che per i colossi cinematografici porta dell’audience in più, ma ai ragazzi porta solo dei cattivi esempi. I ragazzi di oggi sembra che abbiano cancellato dal corretto vocabolario le giuste parole, da sostituirle con parole volgari, ma che stranamente sono di forte effetto, di un effetto immediato, sul quale non ci si può discutere. Si è persa la voglia di ascoltare il prossimo, c’è impazienza di concludere il discorso in maniera forte, chiamandola “di tendenza”.

Il peggio arriva quando si vedono costretti a usare un tale linguaggio i giovani che non condividono ciò, ma che lo fanno per non andare contro la corrente attuale, per non sfigurare, per non mostrarsi “deboli”. Si adeguano semplicemente, ma nella maniera sbagliata. È certo che in questi casi si salva solo chi, facendosi guidare da un’educazione familiare di forti radici e di un carattere ferreo, ne prende le distanze. Un’abitudine questa che ha preso un’ampia diffusione per il fatto che la società di oggi è la tipica società del consumismo, dove l’uomo è diventato un piccolo ingranaggio di una catena infinita, dove dovrebbe mantenere un certo ritmo che implica una certa tipologia di comportamento e linguaggio. Ciò, se non vuole che questa catena si fermi oppure si spezzi, rimettendoci lui stesso in prima persona. È una società che perde i principi e i valori fondamentali, dove la superficialità ed il materialismo dettano legge. Aiuta il mezzo di rapida diffusione, la tivù commerciale, a ingrandire certe figure o personaggi – che potrebbero essere senza alcun valore, ma che per i loro modi di comunicare “colorati”, ricchi di termini forse per molti inconcepibili, ma per la maggior parte delle persone, termini considerati divertenti e di successo – a diventare chiave di lettura del comportamento trai i giovani di oggi.

È per questo motivo che, spesso, mi causa un certo fastidio il termine “moda”, intendendo sia quella concernente l’abbigliamento, dove la personalità e l’identità di una persona si lasciano influenzare da una tipologia di vestiario comune per tutti, sia quella riferita al modo di comportarsi della gioventù, tutti conformi ad un certo linguaggio, ad un unico vocabolario nuovo, ricco di negatività, di maleducazione, di arroganza e offensività, tutto ciò in nome della “nuova tendenza”.

A questo punto, rimane sempre un piacere incontrare quella categoria di persone, ormai “in via di estinzione”, forse considerati “antichi” o “fuori moda”, ma coerenti alle buone abitudini ed al buon costume.
 

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Tirocini presso redazioni giornalistiche per giovani di origine straniera