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Razzismo. “Facebook non fa abbastanza. La politica intervenga!”

Gianluca Luciano (Stranieri in Italia): “Inefficiente il sistema per oscurare i contenuti razzisti. Un colosso da un miliardo di iscritti non può affidarsi a un risponditore automatico. Intervenga la politica”

Roma, 11 marzo 2014 – C’è un “trova le differenze”tra la  foto del parlamentare di origine marocchine Khalid Chaouki e quella di un cammello. O una pagina intitolata: “Noi Oranghi Non Ci Riconosciamo Nella Kyenge

Solo due delle bestialità segnalate dal gruppo “Fuori il Razzismo su Facebook” al social network perché venissero rimosse. In entrambi i casi Facebook ha risposto di aver analizzato i contenuti, ma di aver deciso di non oscurarli ”perché non violano i nostri Standard della comunità”.

“Ma che razza di standard ha Facebook?” sbotta Gianluca Luciano, editore di Stranieri in Italia. “Possibile che non riesca a riconoscere e sbattere fuori il razzismo nemmeno in casi così evidenti e dopo le segnalazioni dei suoi utenti? È una mancanza di attenzione inaccettabile da parte del primo social network del pianeta”.

Eppure l’esperienza di “Fuori il Razzismo su Facebook” va avanti con successo. Insieme agli iscritti aumentano le segnalazioni e i contenuti rimossi. Cosa c’è che non va?

“Far rimuovere quel tipo di contenuti è sempre una piccola impresa. Prima di arrivare all’obiettivo bisogna moltiplicare le segnalazioni. Come se fosse il numero di clic a dover decidere se è razzismo paragonare un essere umano a un animale per le sue origini o per il colore della sua pelle”.

Gli standard di Facebook sono inadeguati?

In teoria gli standard della comunità vanno bene, dicono che non sono ammessi ‘contenuti che incitano all’odio’, e che quindi ‘non è consentita la discriminazione di persone in base a razza, etnia, nazionalità, religione, sesso, orientamento sessuale, disabilità o malattia’…”.

E in pratica?

Il discorso cambia. Le risposte che arrivano quando inviamo una segnalazione sono gestite in automatico da un software che non riesce sempre ad applicare quella policy. Solo se aumentano le segnalazioni si accorge che c’è razzismo e allora oscura i contenuti. Se io, come editore, pubblicassi sulle nostre testate quei contenuti, ne dovrei rispondere immediatamente in sede penale e civile.

Facebook ha oltre un miliardo di iscritti. Come può controllare i contenuti generati ogni giorno da così tante persone?

Come diceva Spiderman, ‘da un grande potere derivano grandi responsabilità’. Proprio quegli iscritti, tramite la pubblicità, garantiscono a Facebookguadagni immensi. Possibile che non possa investirne una piccola parte in un sistema di contrasto del razzismo un po’ più evoluto rispetto a un risponditore automatico?

Non è la prima critica alla creatura di Zuckerberg. Perchè stavolta dovrebbe muoversi?

Perchè la posta in gioco è altissima, soprattutto in considerazione del fatto che Facebook è diffusissimo tra i giovani e può formarne le coscienze. Non può essere uno spazio dove il razzismo si diffonde impunemente e dove quindi alla fine vincono e comandano i razzisti. Noi non rimarremo zitti, ma questa battaglia ha bisogno che si muova anche la politica.

Elvio Pasca

 

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