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Roma, la mia nuova città

Roma è qualcosa di personale, di intimo, sicuramente un viaggio, forse più interiore che esteriore, più mentale che fisico, più trascendentale che logico. L’idea dello straniero è sempre legato al viaggio, dunque sei inestricabilmente legato a questa città. Ti stupirai, ma Roma che tu vedi e vivi è alquanto diversa da quella vista e vissuta da altri.
Di Rando DEVOLE

Alla città di Roma ogni definizione sta stretta. Te ne accorgi appena arrivi. Ti convinci quando cominci a conoscerla. “Roma, una bella città?“. Banale, anche se vero. “Roma capitale d’Italia?”. Esatto, ma geograficamente asciutto. “Roma città d’arte?”.  Giusto, ma riduttivo. “Roma, meta turistica?”. Semplicemente ai confini dell’offesa. Roma sfugge elegantemente a qualsiasi tentativo di imprigionarla in poche parole. Perfino le penne dei grandi scrittori, che hanno consumato tanto inchiostro per descrivere questa città, appaiono insufficienti e manchevoli. Ti aspetti sempre qualcosa in più, qualcosa che tu stesso non sai descrivere, qualcosa di inafferrabile che non riesci ad esprimere. Poi ti arrendi, visto che non lo trovi nemmeno nelle pagine di Goethe, Stendhal, Gogol, Byron, Zola, tanto per fare alcuni nomi classici che hanno scritto sulla città.

Affidarsi alle definizioni storiche o ai luoghi comuni? È ciò che fanno tutti, stranieri inclusi, in quanto economico e comodo allo stesso tempo. Tuttavia incompleto, visto che si richiedono altre spiegazioni. “Roma caput mundi” significa poco se non riconosci nella città capitolina il crocevia mondiale durante l’impero romano. “Roma, città eterna” non dice molto senza spiegare la sua storia millenaria, che si sprigiona da ogni suo poro a forma di strada, edificio, pietra o monumento. “Roma magica”, racconta tutto se non fosse connotato dal colore giallorosso della squadra di calcio.

Allora meglio abbandonarsi ai propri sentimenti, come una barca sulle acque del biondo Tevere; meglio aprire i sensi per lasciarsi attraversare dalle emozioni, come la porta Flaminia prima di entrare nella piazza del Popolo; meglio perdersi dolcemente nella storia, nell’umanità e nella sacralità, come un calesse nel Foro Romano, un errabondo nelle vie di Trastevere o una persona qualsiasi nell’abbraccio spirituale di piazza San Pietro. E se sei straniero, tutto ciò potrebbe risultare persino più facile.

Roma è qualcosa di personale, di intimo, sicuramente un viaggio, forse più interiore che esteriore, più mentale che fisico, più trascendentale che logico. L’idea dello straniero è sempre legato al viaggio, dunque sei inestricabilmente legato a questa città. Ti stupirai, ma Roma che tu vedi e vivi è alquanto diversa da quella vista e vissuta da altri. Eppure è la stessa città, le stesse mura, gli stessi musei, le stesse strade. Magari, come tanti altri, hai cercato nei quartieri le tue esperienze del passato, i tuoi luoghi d’infanzia, la tua realtà di provenienza. Hai scrutato le piazze, le vie e le persone per rasserenarti con immagini comuni e familiari: un mercato, un palazzo, una piazza, una storia, un incontro, un sorriso… Roma è sempre generosa in questo senso. Non ha mai deluso nessuno. Ti offre sempre qualcosa che ti appartiene da tempo, forse da sempre.

Tuttavia, come spiegare che per te Roma è il luogo geometrico della libertà? Non suona un po’ strano? Fuori dal comune? Turisticamente scorretto? Potresti spiegarlo raccontando la storia del tuo paese totalitario, quando sei andato via da una realtà opprimente, grigia e asfissiante, per approdare in una città piena di spazi, colori, suoni, storie, persone, ritrovi. Una città viva e piena di vita. Libera e aperta. Se per tutti Roma è la capitale del cattolicesimo per te è qualcosa in più, che va oltre la religione, visto che provieni da un paese dove la professione di fede era vietata per legge. Così com’è diverso ammirare gli affreschi, i dipinti ed i mosaici di una basilica, così com’è differente sentire i canti sacri e la musica organistica durante una messa.

Non c’è dubbio, la città di Roma è una donna. Un po’ madre, un po’ sorella, un po’ amica, un po’ amante. Cambia atteggiamento, ma è sempre magnifica. Inizialmente allo straniero appare ingenuamente e misteriosamente seducente. Le cupole, le piazze, le fontane, i giardini, i colori, le fontanelle, gli aromi, esaltano la sua femminilità incantevole, ammagliando qualsiasi viaggiatore, dal turista al migrante. Ma non saranno certamente i luoghi da cartolina a renderla tua. Piazza di Spagna, Fontana di Trevi, Piazza Navona, Pantheon, Colosseo, Piazza Venezia, Castel Sant’Angelo, Campo dei Fiori, e tantissimi altri luoghi magici, ti vedranno passare, rimanere senza parole, contemplare incantato, scattare foto, raccontare emozioni; ma continueranno ad essere ammirati da altri sguardi carpiti da una bellezza superiore. Senza gelosia, l’innamoramento diventerà amore con il vissuto.

Strada facendo conoscerai una Roma amica, che ti accetta per come sei, che sa ascoltare le tue emozioni, che non si rammarica della tua voglia di stare altrove, lontano dal suo calore affettuoso. E quando troverai in lei tanti punti in comune con la tua vita e le tue esperienze la sentirai come una sorella, che si preoccupa del tuo stare bene e ti sta vicina anche nei momenti di nostalgia. Col passare degli anni, quando la bulimia turistica sarà un ricordo lontano, quando Roma non sarà per te solo classica, imperiale, cristiana, papalina, risorgimentale, comincerai ad assaporare la vera città. La conoscerai nelle trattorie quando ti schizzerai con i bucatini all’amatriciana, quando assaggerai la pajata o la coda alla vaccinara. Magari cominciando a capire che “annamo a magnà” non significa proprio “andiamo a mangiare”. Così come il dialetto romanesco diventerà sempre più riconoscibile e comprensibile. Magari sembrerai buffo ma ti verrà di parlarlo ogni tanto, perché ormai possiedi dei concetti che solo il dialetto può esprimere, incluse le parolacce simpatiche.

Roma non è solo una città da vedere, ma anche da vivere. E se la vivi, la rendi tua. Gradualmente. Quando ti emozionerai per le immagini di Roma felliniana; quando ti commuoverai per i versi di “Roma Capoccia” di Venditti; quando ti smarrirai dolcemente nelle sue vie secondarie; quando la guarderai all’alba o di notte mentre vai a lavorare; quando sorriderai davanti ai lucchetti di Ponte Milvio; quando capirai l’astio primordiale tra romanisti e laziali; quando adorerai i capolavori nei luoghi meno rinomati; quando ti sentirai in sintonia con il carattere disincantato e canzonatorio dei romani, e soprattutto quando comincerai a vedere i suoi difetti con amore; allora ti sentirai come un figlio e la guarderai come una madre.

Roma è la città della diversità. Un migrante si trova sempre a casa sua. La diversità romana ti avvolge amorevolmente e senza strappi nel suo vortice, perché è orizzontale e stratificata allo stesso tempo. La sua diversità si espande tra la popolazione di oggi, fatta di tanti migranti italiani e stranieri da tutto il mondo, ma anche nella storia millenaria, fatta di innumerevoli etnie e provenienze. La diversità si respira ovunque a Roma, è ovviamente visibile, ma per lo più percepibile. Specialmente nella sua cultura. Per te, un semplice migrante, la diversità di Roma è talvolta un guscio protettivo, talvolta un abbraccio fraterno. In fin dei conti è anche la tua città. Per questi motivi e altri ancora, ti chiederai perché nei documenti personali, dopo nome, cognome, data e luogo di nascita, non ci sia qualche altra voce. Così, tanto per scrivere sulla tua carta d’identità: luogo di rinascita, Roma.

Questo articolo è stato pubblicato come editoriale nell’”Osservatorio Romano sulle Migrazioni. Nono Rapporto“, Caritas di Ro­ma, Camera di Commercio, Provincia di Roma, Edizioni Idos, Roma, 2012 (pp. 131-132)

 

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