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“Toringrad”: un noir di Darien Levani ispirato a processi ed indagini

Toringrad, un’interesante  storia sospesa tra giallo e noir, è l’ultimo romanzo di Darien Levani pubblicato da Spartaco Editore, uscito a maggio 2016 e presentato in anteprima al Salone Internazionale del Libro di Torino
Di
Sonila Alushi

Darien Levani è un avvocato, giornalista (cofondatore di Albania News) e scrittore albanese che vive e lavora in Italia. Nato nel 1982 a Fratar, un piccolo paesino nel sud dell’Albania, si è trasferito in Italia nel 2000 per iniziare gli studi universitari in Giurisprudenza.

Esordisce nel mondo della narrativa nel 2010 con “Solo andata, grazie. – I popoli degli abissi” un mosaico di racconti che scavano nel mondo del sottoproletariato extracomunitario in Italia. Sempre nel 2010 partecipa nell’antologia “Nuove lettere persiane”, (a cura di Internazionale, con prefazione di Gad Lerner ed illustrazioni di Zero Calcare) con il racconto “Ladri di biciclette”, dal quale verrà realizzato il cortometraggio “L’importanza dell’essere in sintonia con l’universo” di Federico Micali. Del 2011 invece “Il Magico Famoso Qukapik”, (Odoya Edizione), un thriller politico in pieno stile orwelliano. Del 2012 il lungo racconto “L’amore di Marx” pubblicato per Atlantis Lite Edition. Sempre nel 2012, esce il primo romanzo albanese “Poetët bëjnë dashur ndryshe” (Botime Pegi) il quale verrà onorato con il più prestigioso premio letterario albanese “Penda e Argjendtë – Debutues”. Il romanzo successivo, “Dopio Gjashta”, uscirà sempre in albanese per Botime Pegi nel 2015. A differenza di tanti altri autori migranti, non ha mai abbandonato una lingua per l’altro, portando avanti un doppio lavoro, scrivendo e pubblicando sia in albanese che in italiano.

È tra i vincitori di “Scrivere altrove” nel 2010. Nel 2013 ha vinto il premio “Pietro Conti – Sezione Narrativa”.  Sempre nel 2013 il forum F.A.R.E. (che raggrupra le associazioni albanesi in Emilia Romagna) lo ha onorato con il suo premio annuale, “per il contributo alla promozione, attraverso la sua scrittura, della intercultura cui sono portatori i giovanni di tutto il mondo”.

L’ultimo romanzo pubblicato è uscito a maggio 2016 ed è stato presentato in anteprima al Salone Internazionale del Libro di Torino. “Toringrad” (Spartaco Editore) è una storia sospesa tra giallo e noir, un romanzo ruvido, diretto ed immediato.

Enrico Pandiani e Darien Levani parlano del nuovo romanzo Enrico Pandiani e Darien Levani parlano del nuovo romanzo “Toringrad”

Abbiamo incontrato Darien Levani (qui il suo profilo Facebook) proprio dopo l’uscita di Toringrad e abbiamo parlato di letteratura, Albania, giornalismo e tanto altro ancora. Buona lettura!

Sonila Alushi: Lei abita e lavora a Ferrara dove esercita anche la sua professione di avvocato. Come mai ha scelto Torino per ambientare il suo nuovo noir?

Darien Levani: In realtà ci sono vari motivi. Quello più immediato ed evidente è che si tratta di una città che mi piace molto, ci vado spesso e ho tanti amici. Ma non è solo questo. Per motivi di lavoro e di curiosità personale, ogni anno leggo con molta attenzione la relazione della Direzione Antimafia sulle attività della criminalità organizzata di tipo mafioso. Anni fa mi aveva colpito una relazione nella quale si descriveva molto bene una rete albanese di spaccio di stupefacenti estesa tra Piemonte, Lombardia e Toscana. E visto che il primo spunto veniva da lì, ho pensato di non cambiare. Sono anche un po’ pigro, probabilmente. 

Quanto ha influenzato la sua esperienza da giurista questa sua scelta di scrivere riguardo alla malavita albanese in Italia?

Molto, perché mi ha permesso si avere, diciamo così, una posizione privilegiata. Ogni accusa e ogni processo, essenzialmente, è il tentativo di prendere un fatto ed analizzarlo sotto tutti i punti di vista. Un processo, quindi, serve anche a scavare nell’anima umana, a capire perché una certa persona ha agito in un modo e non in un altro. Il processo è una grande fonte di notizie: trovi spruzzi di umanità e crudeltà, il tutto analizzato con una lente  scientifica. Non a caso, oramai esiste un genere a se, chiamiamolo narrazione giuridica, che parte da atti di cronaca per raccontare il mondo che viviamo sotto forma di romanzo.

Toringrad, come anche il suo romanzo precedente, è un giallo, dove però lei oltre ad essere uno scrittore, è anche narratore poiché dimostra una chiara passione per la storia. Crede che tra le funzioni del giallista c’è anche, in un certo senso, quella di affiancare lo storico per cercare di spiegare gli avvenimenti del passato o del presente?

Credo che non ci sia altra funzione se non quella di narrare questi avvenimenti. Io sono cresciuto leggendo gialli classici, del genere di Agatha Christie ed Edgar Wallace. Oggi pero considero questi libri incompiuti, freddi, quasi matematici. Quel che conta è chi ha fatto cosa e come diavolo ci è riuscito visto che la vittima aveva chiuso tutte le porte e le finestre e non ci sono segni di effrazione. A me questo interessa poco: a me interessa capire perché lo ha fatto, quali sono le motivazione sociali, personali, politiche che portano le persone ad agire in un certo modo, a prendere certe decisioni e non altre. E il giallo, più di altre forme narrative, è quello che ti permette di narrare la società anche attraverso il reato. E’ aberrante, ma temo che oramai stiamo vedendo il mondo solo attraverso i reati. Non c’è giorno nel quale non riceviamo notizia di arresti, intercettazioni, omicidi. Condiziona il nostro modo di vivere e di percepire la società. Le statistiche ci dicono che negli ultimi anni in Italia gli omicidi sono in calo, ma non ci sentiamo più sicuri, anzi, ci sembra di vivere sempre di più in uno stato di pericolo permanente.

Roberto Saviano ha scritto sulla camorra, tuttavia ci sono stati tanti giornalisti che parlando di mafia, non hanno avuto lo stesso impatto mediatico: perché, secondo lei, c’è bisogno anche degli scrittori per raccontare queste cose?

Perché gli scrittori servono per raccontare la natura umani e gli effetti che questa scatena, se no scrivere non avrebbe mica senso. Il fatto poi che certi libri funzionano e altri no è un mistero per tutti.

Oltre ad essere scrittore e avvocato, lei è anche giornalista. Secondo lei cosa significa comunicare e come dovrebbe essere la comunicazione oggi?

Per rispetto di tanti giornalisti veri, mi considero sempre meno “giornalista”, faccio proprio fatica a pronunciare la parola. Non so cosa sia la informazione oggi, non so che strada debba prendere. Faccio notare che sono sempre i spazi dove si possono trovare informazioni. Io è da un po’ di tempo che leggo solo The Guardian e Le Monde. A proposito, The Guardian perde circa 200 mila sterlina ogni giorno. Quindi, mi pare di capire, anche la informazione online non funziona molto bene. Mi chiedo se in questo secolo giornalismo e informazione saranno ancora compatibili. Non lo so. Noto che la distanza tra giornalismo e intrattenimento è scomparsa, o se c’è io faccio molta fatica a trovarla.

Possiamo dire che lei è un autore di gialli che riflettono il mondo reale dove non sempre la giustizia trionfa. È intenzionale da parte sua?

Il più delle volte, una volta che hai posto le base per la storia e hai costruito dei personaggi credibili, questi si muovono un po’ di testa propria, impossibile fermarli o gestirli. Non preparo mai una scaletta per decidere in precedenza come andrà a finire il romanzo, cosa farà questo o quel personaggio. E’ bello perché scrivere e vedere come si sviluppa è una sorpresa anche per me.

Drini è personaggio di carattere forte, intelligente, scaltro e acculturato. E’ lo stesso giovane uomo che ha trafficato stupefacenti, ma che anche spera fino all’ultimo di salvare una prostituta! Come è riuscito a fare convivere nella stessa persona due personalità così contraddittorie?

A mio avviso questo non c’è contraddizione. Nessuno è veramente e interamente cattivo. Tranne Hitler, lui lo era, ma insomma, a  parte lui pochi altri. Ma devo confessare che faccio sempre più fatica a condannare chi si occupa di spaccio di droghe, moralmente intendo.  Considero molto peggio chi commette  rapine, stupri,  fa fallire famiglie con truffe od altro. Quello degli stupefacenti è un mercato, e come tutti i mercati si offre un prodotto che il consumatore può comprare o non comprare. Certo, è reato perché la legge dice che è reato, ma è evidente che tale legge deve essere ripensato. Guarda cosa dice la Direzione Nazionale Antimafia nella Relazione Annuale 2014. “Invero, di fronte a numeri come quelli appena visti – e senza alcun pregiudizio  ideologico, proibizionista o anti-proibizionista che sia – si ha il dovere di evidenziare a chi di dovere, che, oggettivamente, e nonostante il massimo sforzo profuso dal sistema nel contrasto alla diffusione dei cannabinoidi, si deve registrare il totale fallimento dell’azione repressiva”.  Totale fallimento.  

Secondo lei, i Drini esistono davvero nella realtà della malavita albanese?

Certamente. Sono persone che ho conosciuto, o di persona o tramite indagini, sentenze o altro.

Mentre scriveva Toringrad, ha mai avuto paura che questo romanzo aiuti ad alimentare gli stereotipi dilaganti riguardo agli albanesi? Come è riuscito ad evitare questo?

Non so se sono riuscito ad evitarlo, e non spetta a me dirlo. Io sono partito facendo una ricerca seria che mi ha preso degli anni, e convogliando questa conoscenza nel romanzo. Quello che mi interessava, soprattutto, era scrivere una storia credibile. La realtà aborra gli stereotipi.

Detto “tra noi”, sono più noir i suoi romanzi o la realtà?

I miei romanzi, ma anche la realtà non scherza.

Il suo miglior suggerimento per un aspirante scrittore.

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