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Una sala d’attesa

 

A chi ha la (s)fortuna di rinnovare i documenti di soggiorno a Pordenone, gli tocca fare la fila e aspettare fuori, sotto le temperature rigide invernali e torride estivi.
Nuovo edificio della Questura di Pordenone

Sono passati ormai più di venti anni, da quando le prime navi stracariche di persone, a loro volta stracariche di disperazione e povertà, arrivarono nel porto di Brindisi. L’Albania si presentava nuda, davanti all’occidente,  con le sue profonde ferite, causate dal regime totalitarista. Le facce scavate dei fuggiaschi, i capelli unti dal sudore delle fatiche subite durante il viaggio, i vestiti, tutto testimoniava il risultato dell’isolamento e il fallimento totale del rigido comunismo albanese. Il governo e i cittadini italiani si solidarizzarono e soccorsero con tutti i mezzi l’ondata dei poveri sbattuta contro le loro coste.

La maggior parte di quegli albanesi, determinati e con buona volontà, si sono inseriti affrontando dignitosamente e silenziosamente i problemi della vita quotidiana, ottenendo anche la cittadinanza. I più coraggiosi e volontariosi, hanno fondato piccole imprese e oggi, sotto la stretta morsa della crisi mondiale, cercano di sopravvivere. Una piccola minoranza, incantata dai guadagni facili e immediati, ha imboccato la strada della delinquenza, aumentando così il tasso della criminalità e la preoccupazione dei cittadini.

Gli albanesi come tanti altri stranieri, durante questi anni in Italia, sono stati testimoni e contemporaneamente contribuenti di nuove piazze, palazzetti di sport, stadi, case di riposo. E alla pari dei cittadini italiani, frequentano uffici pubblici per varie ragioni. In tutte le istituzioni, edifici di sanità e servizi sociali aperti ai cittadini, giustamente sono previste sale d’attesa, per questione di ordine anzitutto, e per il rispetto e la comodità degli utenti.

C’è però un unico posto, dove si fa eccezione, dove stranamente vengono meno questo rispetto e questa comodità.

A chi ha la (s)fortuna di rinnovare i documenti di soggiorno a Pordenone, gli tocca fare la fila e aspettare fuori, sotto le temperature rigide invernali e torride estivi. Questo posto si chiama “Ufficio Stranieri”. Si pensava, che con la costruzione del nuovo edificio della questura di Pordenone, si dedicasse uno spazio sufficiente per trattare e rispettare umanamente questa parte del tessuto social-economico italiano. Nemmeno adesso, quando per il rinnovo del permesso o carta di soggiorno in Italia si paga fino a 200.00 euro a testa. Nonostante quest’altro costo, però, loro non hanno la possibilità, come i cittadini italiani, aspettare il turno del rinnovo dei documenti, dignitosamente, seduti, sotto il fresco oppure il caldo, nel confort di una sala d’attesa e di accoglienza umana.

Selman Hasa

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