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3 ottobre 2013. Ricordiamoci dell’Utopia di ieri e di oggi

Sono convinto che le odierne celebrazioni saranno utili se ci aiuteranno a riflettere meglio senza muri ideologici intorno a questo fenomeno e a proporre una chiave di lettura culturale diversa. In tal senso è giusto chiedere con forza di istituire il 3 ottobre la giornata nazionale della Memoria e dell’Accoglienza come fa la proposta di legge depositata dai nostri deputati Beni, Chaouki e Realacci
Di Marco Pacciotti*

Lampedusa – 3 ottobre 2013
Utopia era il nome di una nave carica di migranti italiani che nel 1891 naufragò vicino Gibilterra. Mai nome fu tanto profetico. Emigrare per fuggire la miseria, le persecuzioni o le guerre è anche inseguire una utopia che ieri come oggi spesso si scontra con una realtà ben diversa come quella di morire in mare. Fu così per quei 500 nostri connazionali morti nel naufragio della nave Utopia e così fu per i 368 migranti morti vicino Lampedusa il 3 ottobre del 2013. Più di un secolo e alcune circostanze dividono queste due tragedie ma le accomunano le ragioni di fondo, le stesse che da secoli spingono le genti a emigrare. La principale rimane la ricerca di un futuro migliore per allontanare fame e guerre. Due motivazioni fortissime mosse dall’istinto di sopravvivenza e che spingono a sfidare pericoli e ad affrontare viaggi altrimenti inaccettabili.

3 ottobre 2014 – Lampedusa, la preghiera comune: ‘Basta con le stragi in mare’
L’Italia che fu paese di emigrazione di massa verso tutto il mondo è ormai da qualche decennio anche diventata un paese di immigrazione. Una immigrazione economica rappresentata dai quasi 5 milioni di cittadini che soggiornano regolarmente e una forzata che dal Sud del Mediterraneo fugge verso l’Europa. Questo tipo di emigrazione forzata su scala globale riguarda ormai oltre 51 milioni di persone che scappano da guerre, persecuzioni ,e mutamenti climatici. Un numero enorme che nelle dimensioni date lambisce solo l’Italia e di cui spesso si parla a sproposito in termini allarmistici ed emergenziali, quasi sempre per speculazioni politiche di parte. Sono convinto che le odierne celebrazioni saranno utili se ci aiuteranno a riflettere meglio senza muri ideologici intorno a questo fenomeno e a proporre una chiave di lettura culturale diversa. In tal senso è giusto chiedere con forza di istituire il 3 ottobre la giornata nazionale della Memoria e dell’Accoglienza come fa la proposta di legge depositata dai nostri deputati Beni, Chaouki e Realacci. Sarà una volta approvata uno strumento utile in più per condurre una battaglia culturale. Cosi come è giusto ricordare andandone fieri che la missione “Mare Nostrum”, iniziata dopo quel 3 ottobre, ha recuperato e salvato oltre 120.000 persone in meno di un anno. Queste due iniziative menzionate sono indubbiamente positive, anche perché hanno avuto il merito di evidenziare due enormi problemi irrisolti che andrebbero affrontati diversamente. La proposta di istituzione della giornata della Memoria e dell’Accoglienza ha una enorme valenza culturale e punta il dito contro è di carattere culturale il processo di rimozione dalla memoria sul nostro passato migrante. Ricordarlo non risolverebbe il problema ma aiuterebbe ad affrontare gli arrivi e l’accoglienza come una questione di dignità umana e non di bilancio da valutare unicamente in termini di sostenibilità.

3 ottobre 2014 – Lampedusa, la preghiera comune: ‘Basta con le stragi in mare’
Sarebbe miope negare che il tema economico esiste, ma siamo certi che se anche arrivassero dall’Europa tutti i fondi necessari saremmo più accoglienti? Temo di no, ci sarebbe sempre chi mettendo avanti questa o quella emergenza economica sosterrebbe la tesi dei costi eccessivi o ricorrerebbe alla ormai abusata formula “aiutiamoli a casa loro”. Questo mi fa ritenere che occorra un paradigma diverso con cui approcciarsi alla questione, a partire dalla ricostruzione di una memoria condivisa che rammenti a tutti noi che quelle persone sono oggi quello che noi come popolo siamo stati fino a pochi anni fa. Serve quindi una grande battaglia culturale che accompagni scelte politiche fatte su base continentale. E questo è il secondo punto di debolezza evidenziato da “Mare Nostrum”. La fragilità delle politiche europee in materia di asilo e accoglienza. L’Italia ha fatto molto e bene ma non è più sufficiente. Da soli e con l’attuale legislazione nazionale non siamo in grado di fare quanto servirebbe. Occorre al nostro paese una legislazione moderna e organica sul diritto d’asilo e una rete di accoglienza più estesa e meglio monitorata, ma occorre soprattutto l’Europa e una sua politica articolata in più punti. In primis coordinando le forze in fase di salvataggio e accoglienza sul modello Mare Nostrum, che nei fatti si è dimostrato più efficace di Frontex Plus (per quel poco che sappiamo) e riconsiderando il regolamento di Dublino con le sue rigidità tanto inumane quanto inefficaci. In secondo luogo promuovendo una politica estera europea che abbia come partner principali i governi africani, le grande organizzazioni umanitarie internazionali e le Ong operanti nei territori. Solo cosi si potrà ragionevolmente pensare di poter creare quei “corridoi umanitari” giustamente tanto invocati. Crearli non significa unicamente aumentare i luoghi dove poter richiedere asilo e accogliere in sicurezza e dignitosamente i migranti che chiedono asilo. A questo si devono accompagnare politiche di contrasto ai cartelli internazionali criminali che lucrano su questi traffici e forme di cooperazione e co-sviluppo che sostengano i legittimi governi dei Paesi attraversati da questi flussi ad esempio promuovendo la ricostruzione delle infrastrutture civili in quei paesi ancora in ginocchio dopo anni di guerre civili. Nazioni i cui governi sono ancora fragili e senza mezzi per poter essere efficacemente in campo in questa azione. Un mix di interventi molto articolato, da sviluppare con tempistiche ovviamente diverse, ma che nessuno stato nazionale da solo può pensare di affrontare attraverso lo strumento classico degli accordi bilaterali.

E’ importante quindi non dimenticare, ma anche provare a darci finalmente una strategia europea coordinata e solidale. Se invece dovessimo lasciare che a prevalere siano alcuni egoismi nazionali, questo rappresenterebbe nei fatti un tradimento di gran parte di quei valori presenti nella nostra Costituzione e nella Convenzione di Ginevra sottoscritta, credo, da tutti i paesi attualmente aderenti alla UE che oggi sono invece chiamati a raccogliere questa sfida di civiltà.

* L’autore è coordinatore del Forum Immigrazione del Pd

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