“Ho sempre creduto che la razza fosse solo una, quella umana. Ammetto che conoscendovi oggi inizio a pormi qualche domanda…”. Così risponde Elvira Ricotta Adamo[i] a chi l’aggredisce su un tram, insultandola e urlandole “Torna al tuo Paese che qui non ti vogliamo”.
Mentre a noi dice che l’episodio di oggi le ha fatto capire che “il lavoro da fare è tutto in salita purtroppo! Ma ci riusciremo”. Ne siamo sicuri.
Ecco la sua testimonianza
Ore 9:00 tram 3 verso la Stazione Trastevere. Due donne sedute davanti a me (tra cui una donna anziana) iniziano a parlare ad alta voce di mala sanità e disagi ai trasporti, iniziando una carrellata di offese e insulti nei confronti degli immigrati (è tutta colpa loro, mandiamoli via etc.). La signora seduta accanto a me interviene dicendo che la colpa andrebbe data alle istituzioni e al sistema bla bla, allora l’anziana signora si gira per urlarle contro e vede me…. Eccola! La colpevole di tutto!
Inizia a insultarmi dicendomi di tornare al mio Paese, di non rompere i cogxxxni in Italia, arrivando a puntarmi il dito sul naso urlando “stronza, vaffanculo, torna da te che qui non ti vogliamo”. Provando inizialmente a spiegare con calma di essere cittadina italiana di fatto e di diritto, di esser cresciuta qui, aver studiato e lavorato qui da sempre e compagnia bella, mi scoppia l’embolo quando un’altra signora anziana comincia a urlarmi dicendo di mancare di rispetto alle donne anziane! Allora provo a ribattere dicendo che il rispetto prescinde dall’età e dall’etnia e che il solo fatto di avere i capelli bianchi non dà loro il diritto di insultarmi così. Continuano a urlare parolacce e io commento con “che tristezza signora, spero che lei non abbia nipoti a cui tramandare questa maleducazione”. Niente. Procedono senza sosta entrambe a inveire urlando contro di me, una addirittura mi dà un colpo sulla spalla, al punto che intervengono le altre persone sul tram provandole a fermare dicendo che avevo ragione io, addirittura il conducente si ritrova a fermare due volte il tram uscendo da gabbiotto e urlando “la volete finire? Io sono stato adottato e vengo dal Bangladesh… e quindi?” e una delle donne risponde “te devi buttare dal fiume”. A quel punto mi ripeto continuamente in testa di non rispondere più perché non ne vale la pena, ma mi ribolliva il sangue a continuare a sentirle insultare me, mio padre, i miei occhi. Allora non mi trattengo più e urlo “guardate io ho sempre creduto che la razza fosse solo una, quella umana. Ammetto che conoscendovi oggi inizio a pormi qualche domanda, di certo non posso essere della vostra stessa razza”.
Niente. Continuano imperterrite con le loro arringhe “ io ti sfamo, pago le tasse per te, tornatene da dove vieni, vaffanculo, stronza, zozza”. Ci si mettono anche i mille semafori di viale Trastevere che becchiamo tutti rossi. Sembra un percorso infinito. Per fortuna la lite si sposta tra loro e le altre persone che hanno preso le mie parti (e quelle dell’autista a questo punto). Una volta al capolinea, mi alzo per andare all’uscita e una delle signore mi spinge per appoggiarsi dove ero io
Allora prima di uscire lei mi dice “te ne devi andare da questo Paese” e io le rispondo “guardi, la migliore risposta che posso darle è un sorriso. E poi si ricordi che sarà lei a lasciare prima questo Paese rispetto a me”. Quanno ce vo ce vo.
[i] Elvira Ricotta Adamo, 29 anni, è italiana, nata nelle Filippine e cresciuta in Sicilia, dove è arrivata quando aveva solo 12 giorni. Oggi lavora a Roma, in un’agenzia di marketing. È fondatrice e membro del direttivo di QuestaèRoma, associazione che si batte contro ogni forma di discriminazione