“Breve diario di frontiera” di Gazmend Kapllani, edito da Del Vecchio e tradotto da Maurizio De Rosa, è stato presentato lunedì, in occasione dell’apertura del primo ciclo letterario “Autunno d’autore”, promosso dall’associazione albanese Scanderbeg di Parma, presso la libreria “Diari di Bordo”.
In una sala gremita, che ha visto il “tutto esaurito”, l’entusiasmo di condividere la presentazione di un autore di livello internazionale si respirava letteralmente.
Dopo i dovuti e sentiti ringraziamenti alla casa editrice che ha promosso il libro in lingua italiana, la Del Vecchio Editore, rappresentata durante l’evento da Paola Lo Zoppo, direttore editoriale della stessa casa, e dopo una prima lettura della pag. 151 del libro che, per Antonello Saiz, gestore della libreria assieme alla sua socia Alice Pisu, ragrupppa il senso concreto del valore dell’opera di Kapllani, il quale ha romanzato la nostra Europa, la nostra società, le sue crisi identitarie, le sue paure e le sue opportunità, rendendo questo libro più che attuale, la parola è passata a relatori, dell’Associazione albanese Scanderbeg, Darina Zeqiri e Ilir Gjika.
Le letture scambiate tra i due hanno suggerito lunghe e profonde riflessioni con l’autore ed i lettori presenti. Essi hanno percorso la narrazione del libro, offrendo al pubblico presente non solo l’abilità linguistica, stilistica e sociologica che struttura il romanzo, ma anche mettendo in scena la testimonianza diretta di ciò che significa attraversare le frontiere. Perchè le frontiere, oltre ad essere geografiche, oltre a segnare i confini tra gli Stati, oltre ad essere difficili e faticose da attraversare fisicamente, sono estenuanti e stimolanti nel contempo, quando riguardano la lingua, gli usi e i costumi del Paese che si è scelto di “sconfinare”.
I due relatori albanesi presenti all’evento lo sanno bene: ogni qualvolta che loro sfugge un termine dialettale parmigiano è il significato di una frontiera/confine/barriera vinta. È cosi anche per il cibo e le festività, gli usi ed i costumi parmigiani, che condividono con gli autoctoni, sentendoli propri.
Il libro di Kapllani, scritto con una forte sfumatura di black humour, in realtà, come ha fatto notare Darina Zeqiri durante la presentazione, è talmente scorrevole da leggere che il peso, la riflessione e l’analisi della realtà sociale e politica in tema di migrazione paiono stringerti alla gola lentamente, senza poterti difendere. Anzi, subendolo e scuotendoti a fare il tuo meglio affinchè ciò che realisticamente riporta l’Autore nel suo romanzo, passi alla storia come qualcosa di superato. “L’umanità, l’Italia, l’Europa hanno breve memoria – come ha detto Kapllani – della loro migrazione. Oppure – ha continuato – hanno paura del proprio passato, al punto da ripudiare ogni simile che ricorda loro cosa erano”
Durante l’evento, un altro punto forte di riflessione è stato offerto da Ilir Gjika, il quale, nel libro di Kapllani ha trovato la frase clou dei giorni nostri. Proprio come si legge nel romanzo: Ogni migrante attraversa le frontiere a modo proprio ed a seconda del tipo di passaporto (provenienza) che si ritrova ad avere.
Infatti, sempre con lo stile sarcastico e gotico che accompagna il libro, l’autore porta alla riflessione di come essere stranieri albanesi è un conto, pagato caro, ma essere stranieri e neri ne è un altro, pagato oro.
Queste lunghe letture, e la condivisione di riflessioni, hanno contribuito al successo della presentazione del libro, visto anche il grande numero dei partecipanti e la presenza dell’autore, amico dei gestori della libreria nel modo più contemporaneo possibile, ossia tramite i socialnetwork. Si è così aperto al meglio il primo ciclo letterario dell’Associazione Scanderbeg.
Dopo i saluti con i lettori, tutte le copie del libro disponibili in negozio andavano esaurite, e veniva stilata una lunga lista di prenotazioni, da essere ritirate dopo la ristampa. La serata è continuata, nel cuore della città, con una passeggiata per i vicoli di Parma , con incursioni nell’ottima cucina parmigiana.
Associazione Scanderbeg
Photo copyright Linda Vukaj