Le aspettative degli albanesi sono grandi nella nuova maggioranza perché essa si propone di rovesciare come un calzino per poi ripulirlo il sistema Albania, compito che richiede più di una lunga legislatura per essere completato. Si augura a Edi Rama di partire nel migliore dei modi.
Di Gjergji KAJANA
Prima di dargli consigli, al nuovo premier albanese Edi Rama vanno fatti i consueti auguri di buon lavoro nel difficile lavoro di capo dell’esecutivo di uno dei paesi più poveri e problematici d’Europa. Gli intenti proclamati da lui sia durante la campagna elettorale sia nelle uscite pubbliche dopo la vittoria del 23 giugno sono molto ambiziosi. Ecco come tentava di sintetizzarli nell’intervista alla radio France Inter di pochi giorni fa: “Ci troviamo di fronte alla importantissima sfida di cambiare il nostro modello di sviluppo. Il modello che abbiamo avuto e che non avremmo più è un modello basato sulla speculazione, le costruzioni ovunque, le rimesse degli immigrati e un mercantilismo impazzito. Dovremmo passare a un modello di produttività, di investimenti che creeranno nuovi posti di lavoro perché abbiamo un alto tasso di disoccupazione, di sviluppo rurale che acceleri la produzione agro-alimentare interna e di sviluppo turistico senza danneggiare il territorio”. Davvero un programma non da poco, al quale si potrebbe aggiungere la sfida della lotta alla corruzione (non dimentichiamolo mai: siamo il paese più corrotto dei Balcani), la edificazione di una amministrazione pubblica il più efficiente possibile e pari opportunità nel diritto allo studio e al lavoro, con un auspicabile occhio di riguardo nello sfruttare le competenze delle eccellenze albanesi formate nella pratica lavorativa fuori del paese e nelle università estere.
Edi Rama premier è una novità nel panorama storico esecutivo albanese perché rappresenta più un arrivato dalla società civile elitaria di Tirana che dalle file di un partito. E’ entrato nel ’98 nel governo Nano come un esponente giovane e controverso della società civile postcomunista albanese. Da sindaco di Tirana votato per quattro volte in carica ha dimostrato qualità da manager della cosa pubblica, rimanendo per più anni molto popolare sopratutto tra i giovani, il motore di ogni cambiamento. E’ da 8 anni il leader dei socialisti ma ha preso la tessera di partito solo 10 anni fa e l’ha diretto molto nello stile di una ONG, attirandosi critiche per averla resa come una filiale del movimento G99 (ex-“Mjaft!”). Politicamente ha ucciso il suo padre politico Nano, aprendo la via alla piena modernizzazione interna che ha portato i socialisti alla vittoria di giugno. Rama è il meno populista dei leader politici albanesi anche perché nel periodo 2011-2013 (dopo che gli fu rubata la carica da sindaco in un riconteggio truccato dei voti di Tirana nelle elezioni amministrative di due anni fa) è diventato la faccia di un programma di “Rinascita” nazionale ben articolato nel indirizzare priorità da affrontare nell’Albania post-elezioni. Ha vinto grazie all’unione della sinistra e alla indignazione degli albanesi verso il regime corrotto e assassino di Berisha, presentando stavolta una alternativa programmatica convincente, non basandosi solo sui slogan obamiani e sull’antiberishismo come fece nel 2009. Il primo consiglio da dargli è quello di lasciare la direzione del partito e di concentrarsi sulle ben più impegnative faccende di gestione dell’azienda Albania, che ha molto bisogno di impegno civile. La “Rinascita” non è uno slogan, è una necessità perché se 100 anni serviva a far nascere lo stato albanese oggi serve a farlo diventare moderno. Per questo il paese ha bisogno di un premier a tempo pieno, non invischiato nella gestione quotidiana anche del partito oltre che del governo.
Il nuovo primo ministro dovrebbe fidarsi molto dei bravi tecnici, sopratutto nel campo economico. Sicuramente a loro non servirà molto prima di capire quello che gli albanesi già sanno e sentono: il nostro paese è stata toccata dalla crisi globale, sopratutto nella forma della caduta delle rimesse degli immigrati da Italia e Grecia. La spettacolare crescita economica a ritmi quasi cinesi del primo decennio 2000 si è fermata e non tornerà più almeno per alcuni prossimi anni. Nel 2013 si prevede che la crescita sia intorno al 1.8% del PIL dopo l’1.6% dell’anno scorso. L’Albania deve dotarsi di una struttura produttiva propria, attirare gli investimenti esteri in maggiori quantità impegnandosi nel frattempo nel risolvere le questioni di proprietà dei terreni, impedimento – insieme alla corruzione e alla mancanza di manodopera qualificata – all’arrivo di questi investimenti. Vicini come la Serbia riescono ad attirare aziende internazionali come FIAT, Mercedes e Bosch, l’Albania no, rimettendoci in termini di entrate fiscali e occupazione.
In politica interna Rama premier deve ignorare Berisha. L’uomo forte che ha appena perso le elezioni è il cancro della transizione postcomunista albanese perché, in due disastrosi mandati di governo, ha ucciso le speranze della rivoluzione del ’90 (dove partecipò anche Rama) perpetuando la pratica comunista della semina dell’odio tra i nostri connazionali (la dicotomia anticomunisti del Partito Democratico contro ex-comunisti reincarnati nel Partito Socialista), immettendo l’Albania in conflitti politici che hanno fatto versare lacrime e sangue e fatto mancare appuntamenti importanti con i treni di sviluppo economico degni del nostro potenziale demografico e di risorse. E’ proprio inutile sperare in una conversione alla democrazia dell’ex-premier, il quale, leader di fatto dell’opposizione, continuerà sempre a definire populisticamente i nuovi governanti (ovviamente senza riferire prove, un “optional” berishiano) come aventi legami con il crimine organizzato e coinvolti nella compravendita di voti. Non dobbiamo dimenticare il berishismo ma voltargli le spalle cercando di non ricadere più nelle provocazioni della sua pozzanghera di falsità. Il primo a fare questo deve essere il nuovo premier, ovviamente applaudendo al ruolo dell’opposizione se esso sarà costruttivo e il fatto che comunque il Partito Democratico è una formazione votata da mezzo milione di albanesi. Nei confronti dell’opposizione Rama e la nuova maggioranza devono comportarsi al contrario di come Berisha e la vecchia maggioranza si sono comportati nei loro confronti: non la devono demonizzare ma accettare di controbattere solo alle proposte politiche, non alle accuse non provate. Questo aiuterà lo sviluppo di una cultura politica anticonflittuale. L’auspicio è che così si possano rasserenare gli animi nazionali e l’Albania pensi a programmare un futuro di prosperità dopo aver subito un passato da infarto.
Edi Rama dovrebbe impegnarsi anche a non dare molto briglia sciolta a Ilir Meta. E’ un compito che richiede doti di prestigiatore politico di prim’ordine perché è ben riconosciuta l’avidità di potere e denaro di quello che di fatto potrebbe ambire a diventare il copremier del nuovo esecutivo. L’assoluzione nel processo per corruzione nel 2012 non allontana le ombre sulla figura morale del massimo dirigente del LSI, che la maggioranza degli albanesi immaginano sudando su blocchetti che non sono quelli di amministrazione della cosa pubblica.
In politica estera si consiglia a Edi Rama di essere il più euroatlantista e filoeuropeista di tutti i governanti albanesi della storia. L’Albania può farcela ad entrare nell’UE se avviene la pulizia nel sistema che la “Rinascita” auspica: più trasparenza, lotta alla corruzione, rispetto dei diritti di tutte le minoranze (anche di quelle rom) e sopratutto rispetto dell’indipendenza tra i poteri dello stato, “in primis” di quello giudiziario. Già Romania e Bulgaria sono da 7 anni in Europa, la Croazia ha appena aderito, Montenegro, Macedonia e Serbia sono più avanti perché già candidati all’adesione mentre l’Albania arranca immersa nella cultura conflittuale alimentata dal berishismo e più in generale dall’arretratezza storica nello “State building”. La “Rinascita” si propone di superare quest’arretratezza. Sull’Europa Rama si gioca tutta la sua credibilità internazionale e moltissima di quella nazionale perché le riforme interne, se applicate con successo, non solo metteranno a tacere le malelingue dell’opposizione ma convinceranno Bruxelles della serietà dell’impegno europeo dell’Albania. Modernizzazione del sistema paese e entrata in Europa sono facce della stessa medaglia, di gran valore per la posizione dell’Albania nella comunità degli stati e per il benessere e le opportunità lavorative dei suoi cittadini. Un Albania in Europa sarà un Albania più ricca e più benestante.
Sul piano delle riforme politiche interne sarebbe benvenuto l’impegno della nuova maggioranza a cancellare le improponibili novità costituzionali dell’aprile 2008. 5 anni fa Rama e Berisha si accordarono a una riforma della Costituzione che manteneva in carica un premier sfiduciato dal Parlamento se nello stesso Parlamento non si aveva già pronti un nuovo premier e un nuovo governo ombra da ottenere immediatamente la fiducia. E’ una svolta in senso di rafforzamento del ruolo del governo all’interno di un regime politico di repubblica parlamentare, quale formalmente è il sistema albanese. Non solo: nel 2008 ci si accordò anche per eleggere il Capo dello Stato a maggioranza semplice di 71 voti su 140 deputati, rischiando (come avvenne un anno fa con Nishani) di renderlo notaio della maggioranza di governo. In effetti durante l’estate si sono avuti i primi scambi di strali tra esponenti della nuova maggioranza e Nishani, che deve tutta la sua carriera nel governo e l’elezione alla Presidenza a Berisha. Nel 2008 l’elettorato albanese si espropriò del suo elementare diritto democratico di votare in elezioni anticipate in caso di crisi di governo o mancato “quorum” di 84 voti a favore di un candidato nell’elezione del Capo dello Stato in nome della stabilità delle istituzioni. Sappiamo tutti com’è andata: per 4 anni Berisha si è mantenuto al governo essendo non sfiduciabile pur avendo una maggioranza parlamentare molto risicata. Nel secondo scorcio del berishismo al governo la Presidenza della Repubblica si è trovata spiazzata senza la credibilità morale e la voglia di reagire al protagonismo sadista del premier, che accusò il predecessore di Nishani di essersi venduto al “nemico” Edi Rama e di essere un “golpista”. Rama diede il suo “placet” alla riforma della Carta sicuramente pensando di poter vincere nel 2009 e quindi poter essere non sfiduciabile facilmente, salvo poi ammettere nel 2011 che allora aveva sbagliato. Uno sbaglio per niente da poco, forse il più grave di tutta la carriera politica di Rama. Adesso è il tempo che spinga la sua maggioranza a cambiare quelle modifiche nefaste e ridare la possibilità di votare agli albanesi in casi di blocco del sistema politico in Parlamento. Le elezioni, anche quelle anticipate in caso di crisi nel Parlamento, sono la massima espressione della democrazia e allenano il cittadino a rendersi più attivo nella gestione della cosa pubblica.
E’ questo iniziale il momento d’oro di Edi Rama e della sua maggioranza. Gli albanesi, si sa, sono per vocazione assenteisti della cosa pubblica e sopratutto facilmente preda alla delusione da tifoso in caso di rovesci delle loro aspettative. Queste sono grandi nella nuova maggioranza perché essa si propone di rovesciare come un calzino per poi ripulirlo il sistema Albania, compito che richiede più di una lunga legislatura per essere completato. Si augura a Edi Rama di partire nel migliore dei modi.