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Drita Gega, in Italia con l’amore per la danza e i costumi albanesi

Intervista di Ndue Lazri alla ballerina e coreografa Drita Gega. Dalle difficoltà dei primi anni in emigrazione all’idea del gruppo di ballo “Le aquile” a Lecco

 

Lei è una coreografa e ballerina molto conosciuta, e non solo tra gli albanesi d’Italia. Quando ha cominciato ad avvicinarsi all’arte della danza?

Posso soltanto dire che il ballo tradizionale mi piaceva da quando ero in tenera età. Poi con l’inizio delle scuole elementari cominciai ad essere attiva con il gruppo scolaresco. Cosi anche nelle superiori, a quanto pare l’avevo nel sangue il ballo e cominciarono a chiamarmi anche nella cooperativa a Bujan sempre nell’ambito artistico – folkloristico. Continuai nel gruppo teatrale di Cernice e infine nella città di Bajram Curri, dove imparai benissimo questa bellissima arte popolare al quale non mi sono più separata fino ai giorni nostri.

Drita Gega e Ndue LazriL’arte della danza era una tradizione familiare?

Dalla famiglia posso dire he ho ereditato una tradizione musicale vasta, infatti tanti dei memri della mia famiglia suonavano diversi strumenti musicali. Crescere tra i suoni degli strumenti ha probabilmente alimentato in me e mia sorella Liljana il desiderio di ballare. In effetti, entrambe abbiamo danzato e insieme siamo state in vari gruppi artistici di tutti i livelli.

Cosa ricorda dei primi anni in Italia?

Siamo arrivati a Lecco nel anno 1999. Non conoscevamo proprio nessuno ovviamente. Prima di tutto avevamo la nostalgia di sentir qualcuno che parlasse la nostra lingua. Non avevamo lavoro e non conoscevamo nessuno. Rimanevamo tutto il giorno chiusi in casa per cui raramente uscivamo anche perché i bambini erano ancora piccoli. Non dimentico un episodio di quel tempo: una sera esco in strada e vicino alla cabina telefonica sento uno che parla la mia lingua, poi quando finì la telefonata gli chiesi di dove era. Era di Fier. Quando ho fatto rientro a casa, tutta felice confessai a mio marito che avevo incontrato il primo albanese in questa città.

Erano tempi molto duri allora, senza lavoro e senza documenti. Tanto che nel 2003 secondo la legge italiana sull’immigrazione volevano farci tornare in Albania. I nostri bambini erano ancora piccoli: la più grande Sandrina aveva 10 anni, Florian 8 anni e Erjona 5, per cui non potevano allontanarci essendo ancora minorenni. Ho lottato molto come madre per tenere unita la mia famiglia in questi tempi difficili. Il nostro divenne un caso seguito anche dai media nazionali. Ci si è trovata vicino l’associazione “Nënë Tereza” di Lecco, con il suo presidente Pashk Ballabani e un altro attivista Engjwll Koliqi che ci hanno aiutato ad avere i documenti di soggiorno. Cosi abbiamo conosciuto altre persone e associazioni albanesi della zona.

Com’è nata poi l’idea di creare un gruppo di ballo qui a Lecco?

Quando ci riunivamo tra amici in casa di uno di noi, mio marito Ndue Qokaj suonave degli strumenti e io danzavo, e questa cosa ci ha uniti di più con gli altri. Piano piano è cresciuto il desiderio di avere una comunità, di ballare e cantare tutti insieme. Così è nata l’idea di creare la nostra associazione. L’appoggio principale me l’ha dato mio marito ma si sono avvicinati subito anche altri attivisti instrancabili come Laçi, Ilda Laçi, Luan Shehu, Dash Pollozi. L’associazione l’abbiamo chiamata “Sofra shqiptare” che negli anni ha messo insieme tanti albanesi e ha svolto e svolge tuttora tante attività culturali e artistiche. L’istituzione dell’associazione mirava ad aprire la scuola albanese, dove i nostri figli potessero imparato la nostra dolce lingua madre. Oggi, questa scuola funziona al meglio.

L’amore per il ballo albanese ci ha spinto a creare il nostro gruppo di danza, che abbiamo chiamato ” Grupi i valleve Shqiponja”. Perché l’aquila è il nostro simbolo nazionale e sa come costruire il suo nido in ogni paese.

Parliamo di nuove generazioni: Come è riuscita a trasmettere ai suoi figli l’amore e il talento per il ballo albanese?

Loro sono venuti in Italia proprio piccoli in un viaggio spaventoso con il gommone che sinceramente non lo dimenticherò mai. Eriona aveva solo otto mesi e piangeva continuamente mentre le onde del mare ci venivano addosso violentemente. Ho avuto molto paura per lei perché gli scafisti – per paura che venissimo scoperti dalla polizia, minacciavano di buttarla in mare se dovesse continuare a piangere. La nostra meta era la Germania e non Italia. Perciò abbiamo viaggiato a lungo per le montagne finché non siamo arrivati là. Di grande aiuto furono per noi i nostri fratelli kosovari, i quali erano interessati di sapere notizie dettagliate sulla guerra in corso in Kosovo. Così mio marito che era ex ufficiale che aveva addestrato le forze del UÇK, poteva spiegare bene la situazione nel loro paese ed in più suonava diversi strumenti tradizionali musicali come “sharki” e “çifteli”. E tra un racconto e una canzone o un ballo passavamo le nostre serate in allegra compagnia. Senz’altro che questo ambiente è stato molto favorevole per i nostri figli perché amassero la musica e il ballo. Oggi sono parte integrante del gruppo di ballo “Shqiponjat” e ballerini di grande talento.

Miol marito Ndue Qokaj era presidente dell’associazione “Sofra albanese” e io ero il suo braccio destro nelle varie attività intraprese. Lui mi ha aiutato a formare il gruppo e ad espanderlo. Molti albanesi che erano nell’associazione e nel gruppo che avevano bambini, li hanno portato a scuola, ma li facvano coinvolgere pure nel gruppo di danza. Tra tutti i bambini, i nostri si distinguevano per la loro passione per l’arte attirando i coetanei. La più grande, Sandrina, aveva talento sia come presentazione che nella creazione di costumi popolari. Ha portato avanti questo talento e presto si laureerà come stilista. Quindi, lo spirito artistico ha coinvolto tutta la famiglia.

Quali sono le attività più importanti in cui ha partecipato il gruppo di ballo?

Una volta consolidato il gruppo ed creato un repertorio ricco e vasto, abbiamo cominciato ad esibisci al di fuori di Lecco ed intorni. Abbiamo partecipato a molte attività in Italia e all’estero. 3-4 anni fa, siamo stati invitati in Austria dalla presidente della Fondazione Dukagjini Shpresa Kameraj, in cui c’era anche la grande artista albanese Margarita Xhepa. per andare ad un concerto per la festa della bandiera abbiamo fatto 7-8 ore nella neve. Come membri della Federazione Nazionale delle Associazioni Albanesi in Italia (FNAI) abbiamo dato spettacoli in varie aree d’Italia dove sono le nostre associazioni, come a Treviso, Trentino, Reggio Emilia, Padova, Pesaro, Fermignano ecc. A Treviso, al nostro gruppo, si sono uniti nostri amici come Arifi, Agimi, Fatmira e la coppia italiana Patrizia e Gabriele. Esperienze indimenticabili, ovunque siamo stati accolti con amore e rispetto dai nostri compatrioti, e pure dal pubblico italiano.

Con tutti gli impegni di lavoro e familiari, come fa a portare avanti la passione per il ballo?

Non è affatto facile. Sappiamo che ognuno di noi ha mille impegni e quindi c’è poco tempo libero. Ma è la passione e l’amore per l’arte che fa tutto. Come ho detto, il nostro gruppo è stato creato a Lecco, ma ha già i suoi membri ovunque. Oltre a quelli che ho citato a Treviso, abbiamo Esmeralda a Novara, Lindita a Como, Fatmir e Moza a Bergamo. La maggior parte del gruppo l’abbiamo a Cassano D’Adda, adulti e bambini piccoli, e dove ormai abbiamo anche una sala prove, che è indispensabile e ci mancava prima. Ai nostri ballerini si uniscono anche italiani e alle altre comunità perché amano le nostre danze e vogliono impararle.

Abbiamo avuto grande aiuto da amici di Tropoja, come il Maestro Deli Metaliaj per la coreografia e Skender Doshlani per la musica. Un esempio e un grande aiuto per noi è la grande Liljana Cingi, che è venuta anche il 25 ° anniversario del nostro matrimonio. Il suo straordinario talento rimane un’ispirazione per tutti noi che amiamo e pratichiamo il ballo popolare.

Un problema a parte sono i costumi. Hasime Metaliaj ci ha aiutato per la loro preparazione e ora abbiamo 50-60 abiti di diverse regioni. Anche il nostro repertorio è di tutte le parti. E le danze vengono insegnate a tutti i ballerini, indipendentemente dal loro luogo di nascita. Per esempio, la danza di Tropoja, io la ballo con Fabiola di Saranda. Così per tutte le danze, quelle di Kukës, quelle dell’Albania Centrale o del Sud. Questo ha arricchito e diversificato il nostro repertorio.

Credo che in questo momento sarebbe sbagliato identificarci semplicemente come un gruppo di ballo perché ormai sono parte integrante anche i cantanti e musicisti come: Ndue Zefi, Fatmira Nikaj, Gëzim Pepaj, Majlinda Kapedani, Paulin Vocaj, Gjon Nikajsi e la piccola talentuosa Daniela Zefi. A Cassano d’Ada abbiamo portato avanti anche il gruppo delle “Piccole Aquile” che cresce di giorno in giorno e sarà certamente il nostro futuro.

A proposito del futuro: quali progetti e prospettive ha in mente?

Noi viviamo e lavoriamo ormai da anni in un paese che ci ha ben accolti Viviamo e lavoriamo in terra straniera. Pertanto, il nostro obiettivo principale è non trascurare e non perdere beni preziosi come la musica, i balli e i costumi popolari senza i quali perderemmo la nostra identità nazionale. Il nostro gruppo ha 40-45 ballerini adulti e 20-25 giovani ballerini.

Questa è un’altra grande risorsa. Posso dire che ogni anno siamo invitati a 20 feste diverse tra i compatrioti in tutta l’Italia, ma anche in Austria, Svizzera, ecc.

Quindi i nostri obiettivi vengono determinati anche dalle richieste del pubblico.

Inoltre, nell’ambito della cooperazione tra culture, insieme alle nostre amiche Paula e Sara vogliamo organizzare ogni anno, il festival internazionale di danza, portando sul palco diversi gruppi etnici con i loro balli, la loro musica e i loro costumi. Questo arricchisce la nostra attività, e rende la nostra vita ancora più bella.

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