Il movimento di Beppe Grillo non ha mai spiegato le sue posizioni sull’immigrazione, a cominciare dalla riforma della cittadinanza. La linea sarà una sola o ce ne saranno tante quante le anime che lo compongono? Chiuse le urne, è ora di parlare chiaro
Roma, 26 febbraio 2013 – Il boom del Movimento 5 Stelle suona misterioso nelle case di cinque milioni di persone. Immigrati e figli di immigrati oggi non sanno se quel boato è un fuoco d’artificio o un tuono che annuncia la tempesta. Nel programma che ha portato il partito guidato da Beppe Grillo in Parlamento, infatti, non si parla mai di loro.
In queste ore gli esponenti di M5S si affannano a ripetere che la loro vittoria non rende il Paese ingovernabile, perché voteranno, senza pregiudizi, tutti i provvedimenti che riterranno condivisibili. Se però è chiaro che appoggeranno proposte come il taglio dei costi della politica o una riforma elettorale che reintroduca le preferenze, per capire cosa faranno sul fronte dell’immigrazione servirebbe una palla di vetro.
Il partito di Grillo, sui temi che riguardano gli stranieri in Italia, rimane infatti colpevolmente ambiguo. E certo non solo per quel peccato originale del suo Non Statuto, che vieta l’iscrizione a chi non è italiano.
Prendiamo la riforma della legge sulla cittadinanza aperta alle seconde generazioni. Beppe Grillo l’ha liquidata come una proposta “senza senso”, la solita arma di “distrazione di massa” utilizzata dalla vecchia politica, “da una parte i buonisti della sinistra senza se e senza ma che lasciano agli italiani gli oneri dei loro deliri. Dall’altra i leghisti e i movimenti xenofobi che crescono nei consensi per paura della “liberalizzazione” delle nascite” scrisse sul suo blog.
Poi, però, se si guarda come si sono comportati su questo tema gli eletti del M5S nelle amministrazioni locali, la musica cambia. Si scopre infatti che è anche grazie al loro voto che Comuni come Bologna o Torino hanno concesso ai figli degli immigrati la cittadinanza onoraria. Un gesto simbolico, ma certo non “senza senso”, un segnale dai territori che vuole essere propedeutico a una riforma vera della cittadinanza da approvare in Parlamento.
Cosa farà il M5S se in questa nuova e presumibilmente breve legislatura il centrosinistra, come annunciato, proporrà una riforma secondo la quale chi nasce o cresce in Italia è italiano? La voterà? Non la voterà? Dirà che è d’accordo, ma che non è una priorità, affossandone l’iter? E stiamo parlando di una proposta tutt’altro che impopolare, visto che secondo i sondaggi trova d’accordo la maggioranza degli italiani.
Quanto si complicheranno le cose quando bisognerà decidere su questioni decisamente più spinose, come la riforma degli ingressi in Italia, il trattenimento nei centri di accoglienza, il reato di clandestinità?
Pur lasciando perdere le sparate di Grillo (dal no alla libera circolazione dei romeni ai consigli su come pestare gli immigrati che “rompono i coglioni” dispensati ai carabinieri in un vecchio spettacolo), a cosa guardare per capire cosa faranno i grillini? Nel programma non lo dicono, e nei forum dove si confrontano quotidianamente si trovano le posizioni più disparate, dai “buonisti”, per parafrasare il loro leader, agli “xenofobi”.
Si arriverà a una sintesi? Ci sarà una linea da mettere sul tavolo nel confronto con le altre forze politiche? Oppure ognuno voterà secondo coscienza, e allora bisognerà scoprire, di volta in volta, quali e quante coscienze sono state portate in Parlamento dal M5S?
In campagna elettorale si può anche non dire una parola sull’immigrazione. È una scelta che evidentemente paga, se si vogliono pescare voti trasversalmente. Ora però le elezioni sono finite e le urne hanno parlato chiaro. Lo faccia anche il Movimento Cinque Stelle, cinque milioni di persone aspettano col fiato sospeso.
Elvio Pasca