Tutti gli albanesi dei Balcani avranno come capitale Bruxelles all’interno di una entità superstatuale come l’UE, questa è la “Grande Albania” di Rama che solo i binocoli stolti di Belgrado non vedono
Di Gjergji KAJANA
Nel più alto contatto ad alto livello tra Albania e Serbia a Belgrado da 68 anni il premier albanese Edi Rama non ha perso l’occasione per sferrare un pugno decisivo in favore dell’indipendenza del Kosovo durante la conferenza di stampa congiunta con l’omologo serbo Vucic, svoltasi al termine di un incontro teso tra i due. Il capo dell’esecutivo albanese ha chiesto a quello serbo né più e né meno che la Serbia riconosca l’indipendenza del giovane Stato a maggioranza albanese. La conferenza si è subito trasformata in un ring pericoloso di colpi dialettici taglienti tra i due premier, con Vucic che ha definito le affermazioni di Rama una “provocazione” (con questi a guardarlo con uno sguardo ironico di disapprovazione) e l’albanese che l’invitava e giocare amichevolmente con una squadra albanese di basket, strappandogli almeno un sorrisino fuggente. Tra Albania e Serbia la “Guerra Fredda” rimane più viva che mai in un ennesimo “remake” delle rivalità sul Kosovo e, almeno per un giorno, Rama, un politico refrattario al nazionalismo, diventa l’eroe del mondo politico panalbanese. Lo elogiano il discendente dei Zogolli, Qosja e l’ex-consigliere politico dell’UCK Demaçi. Canta fuori dal coro degli elogi per il premier albanese il solito bastian contrario delle normalizzazioni Berisha, l’uomo che violava l’embargo ONU sul commercio di petrolio con Milosevic e che consigliava ai kosovari di non firmare gli accordi di Rambouillet.
Nella serata del 10 novembre il presidente di Belgrado Nikolic accusava Rama di attentare alla sicurezza dei Balcani promuovendo il piano della “Grande Albania”. I leader serbi hanno sentito forte sulle loro mascelle il verbale pugno assassino assestatogli dal premier di Tirana e, come colui che nasconde lo sguardo di fronte a una situazione a lui sgradita, non hanno voluto accettare che egli li rimettesse di fronte alla cruda realtà per loro: hanno perso definitivamente la loro ex-colonia Kosovo. L’alta politica serba questo lo sa benissimo: nel gennaio 2013, alla vigilia degli incontri decisivi con l’omologo kosovaro Thaçi sullo status dei serbi del Kosovo settentrionale, al Parlamento il predecessore di Vucic, Dacic, ammise che di fatto Belgrado non esercitava più da tempo nessun tipo di giurisdizione su Pristina. Rama glielo ha solo ricordato di nuovo.
La visita di Belgrado – con annesso l’incidente diplomatico nella conferenza stampa – rimarca il nuovo ruolo filo-occidentale e realista di Tirana negli affari balcanici e rimette a nudo la posizione antioccidentale della Serbia sul Kosovo. La politica dei “zero problemi con i vicini” perseguita da un anno da Rama smarca i suoi tratti. Essa è segnata dal dialogo franco con i nostri vicini sui problemi pendenti dalla travagliata storia balcanica, che ha obbligato gli albanesi ad entrare sotto altri confini politici con quasi la metà della loro nazione. Ci si ricorderà a lungo del pugno diplomatico di Rama del 10 novembre 2014 a Vucic a Belgrado, ma possiamo affermare che un suo antefatto “in tono minore” è stata la congiunta conferenza stampa Bushati-Venizelos a Tirana il 14 ottobre di un anno fa, quando il nostro titolare degli Esteri affermò in presenza dell’omologo greco che il caso ciamuriotà (inesistente per Atene) è una questione pendente in essere tra Albania e Grecia. Il tandem Rama-Bushati non si ferma alle dichiarazioni di circostanza negli incontri di alto livello con i governanti dei paesi vicini ma gli ricorda garbatamente e risolutamente in pubblico l’ingiusto trattamento storico-giuridico subito dagli albanesi e la perseveranza diplomatica di Tirana nel ottenere riconoscimenti ai loro diritti. Va visto in questo senso anche la recentissima visita nella Valle del Presevo dello stesso Rama, per offrire solidarietà agli albanesi di una delle regioni più povere della Serbia. Sorprende per il suo alto grado di miopia l’insistenza serba nel voler vedere in Rama un propugnatore della “Grande Albania”, sulla quale bisogna chiarirsi che al momento è un progetto che non interessa minimamente Tirana se non come entrata nell’UE di tutti i paesi dei Balcani Occidentali rimasti fuori. Questo porterà i benefici del vivere in un pieno stato di diritto agli albanesi della Serbia, della Macedonia e del Montenegro. Questa è la “Grande Albania” di Rama che solo i binocoli stolti di Belgrado non vedono: tutti gli albanesi dei Balcani avranno come capitale Bruxelles all’interno di una entità superstatuale come l’UE.
Il tour belgradese del premier albanese rimane un successo che il disaccordo pubblico con Vucic e Nikolic non offusca: Serbia e Albania, pur sempre due paesi vicini, tornano a guardarsi in faccia, anche se sempre in cagnesco. Il muro della diffidenza reciproca permane alto ma il fatto che, dopo gli incidenti vergognosi della partita di Belgrado, la visita c’è stata dimostra almeno che le due parti riconoscono la necessità di promuovere relazioni di buon vicinato tra di loro. Un riconoscimento reciproco è migliore di uno sterile conflitto permanente. Il peso della storia di sopprusi sugli albanesi rimane molto forte in questo lembo dei Balcani e la piena normalizzazione dei rapporti tra due paesi può avanzare solo a passi da tartaruga. L’importante è che avanzi, progressiva guarigione della politica serba dalla miopia nazionalista con sintomi allucinanti sulla “Grande Albania” permettendo.
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