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Jo Cox, un simbolo da abbattere

Jo Cox era una donna con un ruolo e visibilità forti e riconosciuti, una paladina dei diritti per i migranti, i profughi e le minoranze. Il nemico personificato quindi. La mia paura è che ieri, come nel 2011 a Utoya in Norvegia, si sia manifestato in modo tragico ed efferato, un fenomeno sempre più presente in Europa. L’insorgere di una ideologia fascista, xenofoba e violenta che nei suoi episodi più sanguinosi porta ad assassini o stragi, mentre in quelli meno truculenti da vita a campagne politiche che alimentano la paura e l’odio verso le diversità e le minoranze
Di Marco Pacciotti

Ieri la deputata laburista Jo Cox è stata assassinata mentre fra la gente del suo collegio elettorale perorava le ragioni a favore della permanenza della Gran Bretagna nella UE.

L’assassino è un inglese “doc” bianco e probabilmente anglicano, sicuramente imbevuto dei dogmi che animano la galassia dei vari partitini di estrema destra. Organizzazioni politiche che vedono negli immigrati, nella UE – in tutte le diversità – i nemici da combattere. Una battaglia spesso condotta con slogan aggressivi e violenti.

Le parole sono pietre – ci veniva detto da piccoli – e una di queste ieri ha colpito a morte la Cox. È giusto in questo momento unirsi al cordoglio generale e riflettere sulla morte di questa politica battagliera e coraggiosa. Una riflessione che non deve essere nè apologetica nè omissiva. Un rischio esistente da come molti commentatori hanno descritto l’accaduto cogliendo solo una parte del problema o minimizzandolo troppo. Mi sono chiesto cosa sarebbe accaduto se a compiere un gesto simile fosse stato un immigrato o un cittadino inglese di fede mussulmana. Probabilmente avremmo assistito, come è accaduto spesse volte in passato, a generalizzazioni (sbagliate) e ad appelli (giusti) ad isolare culturalmente prima e reprimere poi chi fomenta l’odio o strumentalizza una religione a fini politici. Questa volta invece si tende a parlare del gesto isolato di un folle con simpatie per i movimenti di estrema destra.

Una lettura sbagliata e pericolosa credo. In primis perchè questa sottovalutazione comporta un abbassamento dell’indignazione verso certe ideologie , la seconda è che si tende a dare risposte di carattere solo poliziesco a un fenomeno che va combattuto soprattutto sul piano culturale e politico. Esattamente il piano di confronto che ieri tentava di tenere Jo Cox schierandosi contro “Brexit”. Per quello è stato uccisa, non per altro. Se così non fosse quel “folle” nella sua pazzia avrebbe potuto altrimenti uccidere un qualsiasi passante presente all’inziativa e invece no, ha scelto di colpire lei e quello che rappresentava come donna emancipata e come politica progressista. Un obiettivo preciso da eliminare per chi si nutre di una ideologia per la quale la violenza è uno strumento possibile al servizio di una visione di società. Una idea di comunità chiusa e anacronistica, in cui donne, immigrati e tutto ciò che rappresenta l’altro da me, va tenuto fuori o combattuto con ogni mezzo quando dentro i confini, a maggior ragione se rivendica diritti o ricopre ruoli di primo piano che ne fanno un riferimento.

Ecco la Cox era in primis una donna con un ruolo e visibilità forti e riconosciuti, una paladina dei diritti per i migranti, i profughi e le minoranze. Il nemico personificato quindi. La mia paura è che ieri, come nel 2011 a Utoya in Norvegia, si sia manifestato in modo tragico ed efferato, un fenomeno sempre più presente in Europa. L’insorgere di una ideologia fascista, xenofoba e violenta che nei suoi episodi più sanguinosi porta ad assassini o stragi, mentre in quelli meno truculenti da vita a campagne politiche che alimentano la paura e l’odio verso le diversità e le minoranze, con un richiamo continuo a una non meglio precisata tradizione.

Ad essere curiosi però si scopre che questa tradizione ha radici comuni e si esprime soprattutto attraverso l’affermazione di principi autarchici con una componente centrale di xenofobia, razzismo e sessismo. Una tradizione che viene declinata politicamente in un nazionalismo estremo, intollerante verso l’Europa e sciovinista verso gli altri popoli e culture. Una idea di Europa simile a un puzzle i cui tasselli non combaciano fra loro. Credo che anche i continui scontri che in questi giorni si stanno verificando agli europei di calcio andrebbero letti in questa chiave. È risaputo ormai che le tifoserie sono da anni ormai il bacino elettorale e di militanza di quasi tutti i moviemnti razzisti, xenofobi ed euroscettici in Europa. Credo quindi che sia riduttivo scaricare sulla impreparazione della polizia francese la colpa dei tafferugli, sicuramente c’è anche questo elemento, ma la volontà di scontro è organizzata e ricercata e si nutre di una confusa e pericolosa miscela di ideologie.

Per queste ragioni mi auguro che nei prossimi giorni crescano le voci fuori da questo coro e si eviti di continuare a minimizzare o eludere il problema. Un problema grave che andrebbe pertanto affrontato con fermezza e rapidità. La questione infatti è se certe ideologie siano tollerabili e di come si debbano contrastare evitando di usare pesi e misure diverse, specie nella interpretazione dei fatti e nella risposta culturale da dare. I neofascismi odierni cosi come la politicizzazione estrema dell’Islam con le sue derive terroristiche minacciano i nostri modelli di vita e la nostra civiltà. Muovono da posizioni fra loro distanti ma ugualmente pericolose. Reagire giustamente con forza verso l’uno quasi ignorando invece l’altro sarebbe un errore culturale fatidico nonché la premessa per uno scontro fra civiltà. Far crescere invece la consapevolezza della gravità dei problemi esistenti – ancora oggi parzialmente ignorati – è invece la prima sfida che politica e mondo della cultura devono affrontare per dare una risposta mirata ed efficace.

 

Sa kushton leja e qëndrimit tani që taksa nuk ekziston më?

Pse tifozeria jonë e fitoi Europianin e vet?