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L’ultimo identikit della comunità albanese in Italia

Tramite dati demografici, statistiche su minori e percorsi formativi, partecipazione al mercato del lavoro, condizione socio-economiche e accesso al welfare, i Rapporti del ministero italiano del Lavoro scoprono l’evoluzione, i punti di forza e quelli deboli dell’integrazione degli albanesi e delle altre 15 più numerose comunità di stranieri presenti in Italia

Roma, 19 febbraio 2018 – La comunità albanese, da anni seconda per numero di regolarmente soggiornanti (dopo i maroccheni), al 1° gennaio 2017 conta 441.838 titolari di un permesso di soggiorno valido, pari al 12% circa del totale dei cittadini non comunitari in Italia.

È una tra le comunità più radicate nel territorio italiano e diversi sono i segnali di tale condizione. Sotto il profilo socio-demografico, sottolinea il rapporto del ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, offrono un quadro di stanzialità il sostanziale equilibrio tra i generi (le donne rappresentano il 48,6% della comunità), e l’elevata quota di minori (segnale della presenza di famiglie), pari a più di 113 mila unità, oltre un quarto dei regolarmente soggiornanti. Inoltre, la comunità risulta mediamente più giovane del complesso dei non comunitari e il 46% dei cittadini di origine albanese ha meno di 30 anni. La distribuzione geografica degli albanesi in Italia vede primeggiare il Nord Italia, dove risiedono oltre il 60% della comunità. Si trovano proprio nel Settentrione due delle te regioni con il maggior numero di presenze albanesi: la Lombardia, prima regione di insediamento per la comunità, che accoglie poco più di un quinto delle presenze degli albanesi e l’Emilia Romagna (terza per numero di cittadini albanesi) che fa registrare un’incidenza pari al 12,9%. Diversamente dal totale dei migranti di origine non comunitaria, la comunità albanese si caratterizza per una forte presenza nella regione Toscana, che risulta seconda per numero di presenze albanesi: 65.106, pari al 14,7% del totale. Benché risieda nel Mezzogiorno poco più di un decimo della comunità, spicca la concentrazione in Puglia (regione d’arrivo negli anni ’90), che accoglie il 5% della comunità.

Anche un’analisi dei permessi di soggiorno evidenzia segni del processo di stabilizzazione che coinvolge la comunità, che risulta seconda, tra le principali non comunitarie, per quota di titolari della cosiddetta carta di soggiorno è pari a 71,3% al 1 gennaio 2017 (a fronte del 60,3% del totale dei non comunitari). Mentre tra i permessi a scadenza,  vede prevalere i motivi familiari, che interessano quasi due terzi dei titoli soggetti a rinnovo dei migranti appartenenti alla comunità (64,6%, a fronte del 42,1% dei non comunitari). I permessi per motivi di lavoro, invece, rappresentano il 28,3% del totale. 
Nel 2016 hanno fatto ingresso in Italia 17.517 cittadini albanesi (+4,2% rispetto all’anno precedente). Ad aumentare rispetto all’anno precedente, sono soprattutto gli ingressi per ricongiungimento familiare (+11,7%), mentre i nuovi permessi per motivi di lavoro registrano un incremento del 9,4%. La comunità albanese risulta inoltre prima per numero di ingressi per lavoro stagionale (958 oltre un quarto del totale), anche in questo ambito si registra un forte incremento rispetto all’anno precedente: +42,3%.

Dopo anni di crescita ininterrotta delle presenze di cittadini non comunitari in Italia, sottolinea il rapporto, per la prima volta quest’anno si registra un’inversione di tendenza con un calo pari a 217mila unità, ovvero -5,5% rispetto all’anno precedente. L’ISTAT stima che circa i due terzi della riduzione registrata siano legati al ricalcolo dei permessi validi. Quella registrata tra il 2016 ed il 2017 sarebbe dunque una contrazione verificatasi nel corso di più anni.

Per la comunità albanese la riduzione delle presenze iniziata nel 2015 prosegue: il numero di cittadini albanesi regolarmente soggiornanti scende da 482.959 al 1° gennaio 2016, a 441.838 al 1° gennaio 2017, con una riduzione di oltre 41 mila unità (-8,5 %). 
La contrazione delle presenze degli albanesi in Italia, è riconducibile, oltre a questioni legate al ricalcolo dei permessi ad altre due tendenze: la riduzione e trasformazione dei flussi di ingresso, e la stabilizzazione delle presenze, fino all’acquisizione della cittadinanza italiana, che comporta un effetto sostitutivo: diminuisce il numero di albanesi con documento di soggiorno, aumenta il numero dei “nuovi” cittadini italiani di origine albanese.

Infatti, vista la sua anzianità migratoria, la comunità albanese vede costantemente crescere il numero di cittadini che acquisiscono la cittadinanza italiana: nel 2016 i nuovi cittadini di origine albanese erano 36.920, in aumento rispetto al 2015 del 5,1%; in particolare, risultano in aumento le acquisizioni per matrimonio (+20,6%) e elezione al 18° anno/trasmissione dai genitori (+7,6%).

Il radicamento della comunità albanese è reso evidente anche dal grado di coinvolgimento nei matrimoni con cittadini italiani: nel 2015 sono stati 1.178 i matrimoni misti che hanno coinvolto cittadini albanesi, il 62% riguarda un marito italiano ed una moglie albanese, mentre il restante 38% è relativo ad un cittadino albanese che sposa una donna italiana.

Minori e percorsi formativi

Uno dei segnali della stabilizzazione della comunità sul territorio è l’elevata presenza di nuclei familiari e minori al suo interno. Al 1 gennaio 2017 sono infatti 113.388 i minori albanesi e rappresentano il 13,9% del totale dei minori non comunitari, tuttavia rispetto all’anno precedente si registra una diminuzione di circa 23mila unità (- 7,3% rispetto all’anno precedente). Oltre al ricalcolo dei permessi validi, influisce in questa direzione anche il rilevante calo delle nascite all’interno della comunità passate dalle 9.425 del 2012 alle 8.405 del 2015.

L’inserimento dei minori albanesi nel circuito scolastico italiano rimane elevato. L’Albania risulta il primo Paese di origine degli studenti non comunitari: infatti, sono 112.171 gli alunni di origine albanese iscritti all’anno scolastico 2016/2017, pari al 17,6% della popolazione scolastica non comunitaria nel suo complesso.

Rispetto all’accesso alla formazione universitaria da parte degli studenti di cittadinanza albanese, la comunità, pur rimanendo in prima posizione per numero di iscritti nelle università italiane, continua a veder calare le iscrizioni, in controtendenza rispetto al complesso dei non comunitari. Il numero degli studenti universitari appartenenti alla comunità albanese, infatti, risulta in costante calo nel corso degli ultimi cinque anni; in particolare, nell’ultimo anno, con il passaggio da 10.237 studenti a 9.817, la popolazione accademica albanese è diminuita del 4,1%, mentre nel totale degli studenti universitari non comunitari, nello stesso periodo si nota un aumento del 5,3%.

Due i punti dolenti per quanto riguarda i minori e il loro percorso formativo.

Il primo è quello dei minori non accompagnati. L’Albania è la quarta nazione di provenienza dei minori stranieri non accompagnati (MSNA): al 31 agosto 2017 sono 1.630 i minori di origine albanese presenti in Italia, una presenza in aumento del 21% circa rispetto ad agosto 2016.

Il secondo, il fatto che risulta prima, tra le principali non comunitarie, per quel che riguarda il numero, in valore assoluto, di NEET, ovvero i giovani tra i 15 ed i 29 anni che si trovano al di fuori del circuito scolastico, formativo e lavorativo. I giovani NEET di cittadinanza albanese sono 45.424, pari al 18,5% dei NEET di origine non comunitaria. Rispetto all’anno precedente, tuttavia, il loro numero è diminuito di 4.509 unità, con una contrazione del 9%.

Lavoro e condizione occupazionale

La già citata anzianità migratoria della comunità albanese ha fatto sì che i suoi lavoratori trovassero occupazione in settori importanti dell’economia italiana, come quello industriale. In particolare, la forte influenza del fattore relazionale ha portato a una rilevante specializzazione, canalizzando i lavoratori albanesi verso il settore edile, in cui è impiegato il 29% (a fronte dell’8,7% dei non comunitari), e l’industria in senso stretto che assorbe il 19,8% della manodopera albanese, settori duramente colpiti durante la fase più acuta della recente crisi economica, con gravi ripercussioni sui livelli occupazionali dei lavoratori albanesi.

Un’analisi dei principali indicatori del mercato del lavoro rivela infatti come le condizioni occupazionali della comunità albanese in Italia siano meno rosee di quelle relative al complesso della popolazione non comunitaria, livelli più bassi di occupati e maggiori di inattività e disoccupazione: il tasso di occupazione è pari al 52,6% a fronte del 56,8% rilevato sul complesso dei non comunitari, il tasso di inattività risulta superiore alla media (di circa 3 punti percentuali) ed è pari, tra i cittadini albanesi, al 33,9% ed il tasso di disoccupazione raggiunge il 20,4% (contro il 16% relativo alla popolazione non comunitaria nel complesso). Va detto tuttavia che all’interno della comunità esistono significative differenze tra il tasso di occupazione maschile (70,8%) e quello femminile (33,6%).

Non a caso i lavoratori albanesi risultano tra i principali beneficiari delle integrazioni salariali elargite dall’INPS (riconosciute in caso di sospensione o riduzione dell’attività produttiva), che sono stati complessivamente 16.749, pari al 28,3% dei beneficiari di cittadinanza extraeuropea; un’incidenza rilevante se si pensa che appartiene alla comunità in esame il 13% circa della forza lavoro non comunitaria. Anche tra i percettori di indennità di disoccupazione risulta elevata la quota di cittadini albanesi sul totale dei beneficiari non comunitari: il 15,2% (59.633). I cittadini albanesi beneficiano prevalentemente di Naspi – Nuova Prestazione di assicurazione sociale per l’impiego – (66% circa), un quarto percepisce la disoccupazione agricola e il 5,8% beneficia dell’ASPI – Assicurazione Sociale per l’Impiego.

Nel corso del 2016 sono stati attivati 148.354 nuovi rapporti di lavoro per cittadini di origine albanese, il 2,6% in meno rispetto all’anno precedente. Il 44,5% dei nuovi lavori subordinati e parasubordinati iniziati durante il 2016 da lavoratori albanesi è nel settore dei Servizi. L’Agricoltura rappresenta il secondo settore per numero di assunzioni nel corso del 2016, interessando il 31,6% delle attivazioni a favore di cittadini albanesi, mentre l’incidenza delle assunzioni nel settore Industriale è pari al 24% circa.

Per la comunità albanese, si evidenzia la prevalenza del lavoro manuale specializzato, che interessa più della metà dei lavoratori albanesi, a fronte del 28% dei non comunitari complessivamente considerati. Segue, per numerosità, la quota di lavoratori non qualificati (24,5%). Infine, il 18% circa degli occupati albanesi è impiegato, addetto alle vendite e servizi personali, mentre è pari al 5,3% l’incidenza di dirigenti e professionisti nel campo intellettuale e tecnico.

Appare molto significativo anche il coinvolgimento degli albanesi nel mondo dell’impresa: la comunità risulta terza per numero di imprese individuali. Il settore di maggior investimento per gli imprenditori albanesi si conferma quello edile, in cui opera il 73,6% delle imprese individuali a titolarità albanese, che rappresentano circa un terzo delle imprese non comunitarie in tale ambito.

Condizioni socio-economiche

La canalizzazione dell’occupazione albanese verso il settore industriale mostra i suoi effetti positivi sul fronte reddituale, i redditi dei lavoratori dipendenti appartenenti alla comunità, infatti, sono mediamente superiori a quelli del complesso dei non comunitari: il 36% circa dei lavoratori albanesi percepisce una retribuzione mensile superiore ai 1.200 euro, a fronte del 22,6% dei lavoratori non comunitari. Le prime due classi di retribuzione sono quella tra gli 801 e i 1.200 euro, in cui ricade il 38,5% degli occupati dipendenti della comunità e quella tra i 1.201 e i 1.600 euro, che interessa il 30,6%.

Tra i cittadini albanesi occupati prevale un livello di istruzione medio-basso, con il 60% circa dei lavoratori appartenenti che ha conseguito al massimo un titolo di istruzione secondaria di primo grado.

Nel corso del 2016, la quota di pensioni IVS (Invalidità, Vecchiaia, Superstiti) destinate a cittadini non comunitari è pari ad un esiguo 0,3% del totale: su oltre 14 milioni di pensioni, infatti, sono 43.830 quelle destinate a cittadini non comunitari. In parte tale differenza è riconducibile all’età media della popolazione straniera, più giovane di quella italiana. Complessivamente, con 3.589 pensioni IVS, la comunità albanese ha un’incidenza dell’8,2% sul totale dei non comunitari che beneficiano di tali prestazioni. Per gli albanesi prevalgono le pensioni per i superstiti, che raggiungono un’incidenza del 42,7%, seguite dalle pensioni per invalidità (38,2%), mentre una quota pari al 19% circa è rappresentata dalle pensioni di vecchiaia. Tra il 2015 e il 2016, il numero delle pensioni IVS erogate a migranti provenienti dall’Albania ha subito un incremento superiore a quello registrato per il complesso dei non comunitari: +11,7 punti percentuali, a fronte di +10,6 punti percentuali.

La fruizione di misure di assistenza sociale erogate dall’INPS (prestazioni a carattere esclusivamente assistenziale a tutela dei soggetti più deboli per raggiunti limiti di età o per invalidità civile) da parte dei cittadini albanesi risulta elevata: con le 17.675 pensioni assistenziali di cui hanno beneficiato, nel 2016, gli albanesi rappresentano il 27% circa di quelle destinate ai migranti di origine non comunitaria. Si tratta, nel 63,6% dei casi, di assegni sociali (non si può nascondere, però, che è venuto fuori che non pochi anziani albanesi prendono l’assegno senza averne diritto poiché vivono praticamente in Albania), poco più di un quinto sono pensioni di invalidità civile, mentre le indennità di accompagnamento coprono il restante 14%.

Con riferimento ai trasferimenti monetari alle famiglie (prestazioni dell’INPS per maternità, congedo parentale e assegni familiari), nel 2016, le beneficiarie di indennità di maternità di cittadinanza albanese nello stesso periodo sono state 5.153, ovvero il 17,5% delle beneficiarie non comunitarie. Con riferimento al congedo parentale, nel corso del 2016, hanno beneficiato anche 2.700 cittadini albanesi, pari al 14,8% dei non comunitari. Per gli assegni per il nucleo familiare che sono la misura di assistenza alle famiglie di cui fruisce un maggior numero di persone: nel corso del 2016 sono stati 62.419 beneficiari albanesi, con un’incidenza sul complesso dei non comunitari pari al 19%.

In riferimento al contributo della comunità albanese in Italia al Paese d’origine, l’Albania rappresenta la dodicesima destinazione delle rimesse partite dall’Italia nel 2016, con 123,7 milioni di euro inviati (-4,9 milioni rispetto al 2015), pari al 3% del totale delle rimesse in uscita (oltre 4 miliardi di euro). Ma l’avvicinanza del paese, dove tanti albanesi si recano personalmente con regolarità portando con sè denaro per i familiari fa pensare che le rimesse vere sono molto più alte.

La comunità albanese mostra un indice di bancarizzazione sensibilmente superiore rispetto alla media nazionale straniera (pari al 74,8%): la percentuale di adulti albanesi titolari di un conto corrente è infatti pari al 91%.
Rispetto all’accesso al credito complessivo, la comunità si caratterizza inoltre per un’incidenza del dato in linea con la media nazionale (33,7% rispetto al 33,1%) e per un maggior ricorso ai mutui, con il 18,4% contro al 12,8% della media nazionale.

Leggi il Rapporto integrale 2017 del ministero del Lavore e delle Politiche Sociali sulla comunità albanese in Italia
Shqiptari i Italisë
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