L’8 dicembre 2015, il PD ha promosso una manifestazione di piazza, una dimostrazione che voleva essere muscolare, e per un breve momento, i roghi a Tirana fanno riapparire l’Albania come ripresa dall’onda della violenza politica, facendo sembrare il partito un simbolo di violenza. Pensare che nel suo momento di nascita, 25 anni fa, il Partito Democratico simboleggiava la speranza degli albanesi di affrancarsi dalla povertà e immergersi nella modernità europea…
Di Gjergji Kajana
Il partito che commemora l’anniversario della rivolta anticomunista del dicembre 1990 bruciando un bunker a Tirana è un partito impaurito che – a ragione – teme di perdere le prossime Politiche del 2017. Si tratta di un PD che non vuole far capire di avere appreso le lezioni delle ultime batoste elettorali e che si ostina a voler far credere agli albanesi e al mondo che ha perso solo perché la coalizione della “Rinascita” inganna gli albanesi per rubare i loro voti. In effetti questo partito, che ieri a Tirana ha agito come un qualsiasi movimento estremista e basta, non capisce che oggi l’Albania e la maggioranza degli albanesi non li danno più credito politico perché la vedono come una massa di vecchi politici arricchiti durante i tanti anni al potere, anni nei quali non hanno contribuito a rendere il nostro paese più giusto, normale e vivibile. Per un breve momento i roghi a Tirana fanno riapparire l’Albania come ripresa dall’onda della violenza politica. Il momento sarà, appunto, brevissimo perché il teppismo la vuole e l’incentiva solo un partito a rischio di irrilevanza se persiste nell’essere solo un simbolo della violenza.
Nel suo momento di nascita 25 anni fa il Partito Democratico simboleggiava la speranza degli albanesi di affrancarsi dalla povertà e immergersi nella modernità europea, quella modernità che vedevano nei programmi TV italiani. Ancora questo popolo orgoglioso e sfortunato non vede quella modernità realizzata nel proprio Paese e centinaia migliaia di albanesi hanno abbandonato l’Albania. Una grande voglia di esodo permane e il PD fa leva nel mobilizzare il suo popolo in protesta anche sul fatto che ancora migliaia di albanesi tentano disperati le vie della fuga in Occidente. Non è un Paese felice questo lembo dei Balcani ma sicuramente non è povero quanto lo era al momento dell’abbattimento della dittatura. Il PD, attraverso una maliziosa deformazione della realtà, incentra la sua battaglia politica nell’insistere che al potere si è instaurata una classe neocomunista che si è arricchita e si arricchisce sul sudore della fronte e sulle tasse dell’albanese povero, al quale questo partito ormai supplica il voto e la presenza in piazza. La dirigenza del partito, di chiara matrice berishiana (l’apprezziamo o no, Berisha è un simbolo storico della Albania postcomunista), incentiva la sua base a credere che i comunisti che persero il potere assoluto nel 1990-1991 sono sempre tra di noi, anzi sono al potere. Secondo questa logica populista, i comunisti nuovi di Rama bisogna impaurirli facendogli sentire la voce del popolo.
Per due anni dopo la batosta elettorale del 23 giugno 2013 il PD si era astenuto dalla violenza di piazza. L’8 dicembre 2015 l’ha promossa, in una dimostrazione che voleva essere muscolare ma è un autogol clamoroso per la sua immagine negli occhi della maggioranza degli albanesi. Si tratta di una violenza cieca che dimostra solo la rabbia della sua dirigenza di non essere più al potere, rabbia che spinge all’hooliganismo fine a se stesso. Legittimo per una opposizione chiedere governo tecnico ed elezioni anticipate, illegittimo passare al teppismo per dimostrare – a chi? – che si è forti abbastanza da non impaurirsi di fronte ai nuovi oligarchi albanesi Rama e Meta. L’albanese medio del 2015 non è pronto, però, alla violenza politica perché ha vissuto sulla propria pelle o ha saputo che la distruzione del patrimonio pubblico e sociale albanese avvenuta durante le turbolenze politiche degli anni ’90 non ha giovato al Paese dove egli vive. La maggioranza politica che il PD vorrebbe bruciare come un bunker è stata eletta dalla maggioranza dei votanti albanesi proprio in alternativa ai disastri della ex-maggioranza berishiana. Edi Rama governa insieme a Meta (compartecipe di tanti dei disastri della legislatura 2009-2013, tra i quali spiccano le uccisioni del 21 Gennaio e l’aumento della povertà assoluta nel Paese), ha creato molte aspettative con promesse elettorali difficilmente mantenibili (spicca quella sulla apertura di 300.000 nuovi posti di lavoro) e il Paese non vive di un eccezionale boom economico. Tutti questi sono motivi veri di malcontento economico, politico e morale verso il nuovo governo. Gli albanesi, però, adempiono ai nuovi dettami di legalità imposti dall’amministrazione Rama come il pagamento degli arretrati dell’energia elettrica e la registrazione come impresa per i tantissimi business non legalizzati. Questo è un segno che neanche loro vogliono vivere più nell’informalità estrema, lascito soprattutto del berishismo. La cieca violenza del PD non può cambiare il fatto che le riforme albanesi avvicinano l’Albania nell’UE, cosa che a parole è anche obiettivo del PD quanto della maggioranza PS-LSI.
Oltre a rischiare di essere trattato come soggetto da codice penale, se persiste nella violenza cieca il PD rischia di perdere ancora più voti oltre che rilevanza perché la maggioranza degli albanesi non la seguirà. Cosi difficile redigere un programma alternativo di governo e con esso vincere le elezioni? Logica vuole che il PD di questo momento si è abbandonato alla tentazione della violenza per deragliare l’Albania dalle riforme del nuovo governo proprio per sottrare il Paese dalla lotta all’informalità che la nuova maggioranza, malgrado la credibilità morale più che discutibile di suoi alti esponenti, sta conducendo. La violenza cieca non è un programma di governo, dimostra solo finta rabbia e pochissima intelligenza politica perché gli albanesi hanno votato per rappresentanza politica nelle istituzioni e non nelle piazze. Il PD è rappresentato in Parlamento e in tutti i livelli del potere albanese, anzi il silenzio della Presidenza della Repubblica sulle violenze di ieri dimostra che la più alta carica dello stato albanese gli è molto amica. Se questo partito parlamentare continuasse a essere tentato nel persistere nella nuova strategia della tensione sperequerebbe la fiducia degli elettori che ancora lo votano.