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L’Albania al voto, ma senza i suoi migranti

Il 23 giugno si rinnova il parlamento, ma non è previsto il voto dall’estero. Gli albanesi che non vivono in patria, oltre un terzo della popolazione, rimangono tagliati fuori

Domenica prossima, l’Albania è chiamata alle urne a rinnovare i 140 membri del suo parlamento. I soggetti politici presentati a questa tornata elettorale sono circa 70, maggior parte dei quali raggruppati in due grandi coalizioni: uno cappeggiato dal Partito Democratico di Sali Berisha, da otto anni in potere che corre sotto lo slogan “Noi siamo il cambiamento. Avanti!”. L’altra grande coalizione è quella di sinistra intorno al Partito Socialista di Edi Rama, ex sindaco di Tirana, che come slogan ha “Rinascita. 2013, l’anno del cambiamento”.

Chi vincerà? I diversi sondaggi, alcuni affidati ad istituti italiani come IPR Marketing oppure Piepoli, danno come vincitore la coalizione di Rama, ma tra l’intenzione di voto e il voto vero e proprio, sappiamo bene che c’è spesso una bella differenza.

La particolarità delle elezioni albanesi sarebbe l’affluenza alle urne, e non perché siano gente particolarmente disaffezionata al voto, ma per il forte tasso d’emigrazione.

Gli albanesi aventi diritto al voto sono in tutto circa 3,3 milioni, però vivono in Albania poco più di due milioni (secondo il censimento del 2011, gli abitanti del paese sono, in tutto, 2,8 milioni).

Più di un terzo degli elettori vivono all’estero e non c’è nessuna sorpresa in questo. Negli ultimi 22 anni l’Albania ha visto un altissimo tasso di emigrazione, anche se nessuno sa dire quanti siano precisamente gli albanesi che vivono all’estero. Sicuramente più di 1,5 milioni, visto che solo in Italia ne vive più di mezzo milione e in Grecia 700 mila.

È triste costatare oggi che gli emigrati, pur essendo un azionista importante del sistema Albania, non hanno nessuna voce nelle decisioni politiche. Perché di fatto non votano. In 22 anni dell’Albania democratica, pur tenendo i nomi di chi vive all’estero negli elenchi degli elettori, non si è mai pensato di poter assicurare a questa fetta della popolazione la possibilità di esercitare dove veramente vive il diritto di voto. In parole povere i 400 mila albanesi elettori residenti in Italia (circa 100 mila sono minori) devono prendere l’aereo o la nave e andare a votare nel seggio della città nativa, per poi tornare qui alla vita di ogni giorno. Qualcuno lo fa, magari con biglietti gratuiti offerti da questo o quello partito, ma la stramaggioranza, di fatto, non partecipa alle elezioni.

In questa campagna elettorale, almeno, si è notato un interesse delle principali forze politiche verso il voto degli emigrati. Più o meno dicevano: “venite a votare per noi questa volta, che la prossima voterete dove risiedete”. Promesse poco credibili, sia da una parte che dall’altra, visto che nessuno ha mai mosso un dito finora.

Nel frattempo, tra gli albanesi d’Italia cresce l’interesse verso la politica, c’è la convinzione ormai che per aver voce in capitolo è importante esercitare il diritto di voto, e non solo in Albania, ma anche nelle amministrative dei comuni italiani dove vivono orami da anni.

Nella conferenza “Gli immigrati albanesi nel contesto della collaborazione italo – albanese”, organizzata a Roma qualche mese fa dall’associazione italo-albanese Occhio Blu – Anna Cenerini Bova, si è parlato tra l’altro anche del voto. Shqiponja Dosti, funzionaria CGIL, ha spiegato nel suo discorso le ragioni dell’importanza del voto di chi non vive in patria. “Vogliamo votare perché siamo impegnati dal punto di vista finanziario a fare piccoli investimenti e spesso in ottica di sviluppo sostenibile; perché le nostre rimesse inviate hanno davvero un ruolo importante nel welfare; perché paghiamo le tasse al livello locale anche se non abbiamo gli la dimora abituale; perché siamo ancora lontani dagli accordi di sicurezza sociale che porterebbe la totalizzazione dei contributi ai fini pensionistici; perché in fondo abbiamo anche un debito con l’Albania la quale ha comunque investito in passato sulla nostra istruzione; perché vivendo già nel territorio del Unione Europea svolgiamo un compito fondamentale al fine di favorire i processi di partecipazione nell’integrazione europea; perché siamo “ponte” tra la società di origine e di accoglienza, tra la società civile e le istituzioni” elenca lei tra le ragioni.

Il 2 giugno alcune associazioni di albanesi hanno organizzato una tavola rotonda sul tema “Diritto di voto e partecipazione civile”. In quell’occasione hanno deciso intraprendere l’iniziativa “Io Voto” che prevede una raccolta firme con la richiesta della possibilità di esercitare il diritto di voto da presentare alle autorità albanesi, italiane e europee e, in concomitanza con le elezioni albanesi, la simulazione delle procedure di voto presso le sedi delle associazioni.

“Domenica prossima, gli albanesi potranno votare in modo simbolico a Bologna, Parma, Arezzo, Fermo, Firenze, Milano, Torino, Ferrara, Pistoia, Rimini, Trieste Ravenna – spiega per shqiptariiitalise.com Marselino Troshani coordinatore dell’Unione degli Studenti Albanesi di Bologna, uno dei promotori dell’iniziativa – Simuleremmo il processo, ma nelle urne metteremmo un foglio bianco in segno di protesta”.

Auspicando che la prossima tornata elettorale gli albanesi d’Italia possano votare per davvero, questa volta stiamo a guardare cosa sceglieranno anche per noi i connazionali in patria. 

Keti Biçoku

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