La maggior parte non sa bene cosa sono e teme ripercussioni da parte del datore di lavoro in caso di denuncia. Sorgi (Ce.Pa.): “Dati Inail sottostimati, servono azioni di prevenzione”. Studio dell’Ispo
Roma, 2 aprile 2014 – Il 60% degli immigrati non sa bene cosa sia una malattia professionale, mentre tra gli italiani questa percentuale scende al 30%. “Un quadro scoraggiante: la scarsa consapevolezza aumenta i rischi di un ‘male di lavoro’ che non fa scalpore quanto un infortunio, ma che può arrivare ad uccidere anche a distanza di anni dalla effettiva esposizione”.
E’ quanto si legge nello studio ‘Salute e lavoro: atteggiamenti e consapevolezza dei cittadini italiani e stranieri’ presentato oggi a Roma e realizzato da Ispo per conto del Centro Patronati (Ce.Pa.), che riunisce Inas, Inca, Ital e Acli.
“Scopo dell’indagine è sollecitare un confronto -afferma Antonino Sorgi, presidente del Ce.Pa.- con le istituzioni per mettere in campo azioni di prevenzione. I dati che emergono ci fanno supporre che le 47.417 malattie professionali denunciate all’Inail nel 2012 rappresentino solo una parte della realtà, che è fortemente sottostimata”.
Lo studio rileva che 7 italiani su 10, contro 4 stranieri su 10, hanno indicato correttamente il significato di malattia professionale. Tra gli italiani, sono comunque in 2 su 10, e tra i giovani 3 su 10, a non saperne dare una definizione. Tra gli stranieri più consapevoli troviamo chi ha un titolo di studio più elevato, chi è in Italia da più tempo, chi proviene dall’America centro-meridionale o dall’Europa centro-orientale e chi risiede nel Nord-Ovest. Minore consapevolezza tra i più giovani, i meno istruiti, i cittadini provenienti dai Paesi asiatici e chi risiede nel Sud o Isole.
Gli stranieri citano più spesso le malattie osteo-muscolari, mentre gli italiani quelle del sistema respiratorio e i tumori. Il 23% degli stranieri non sa indicare alcuna malattia professionale contro l’8% degli italiani. I settori percepiti come più rischiosi sono tendenzialmente gli stessi per italiani e stranieri.
La quota di stranieri che non è consapevole dei diritti in caso di malattia professionale è più alta rispetto agli italiani, ma in entrambi i target è circa un quarto dei rispondenti a indicare l’iter corretto da seguire. L’iter corretto in caso di malattia professionale è individuato in modo abbastanza simile dagli stranieri (31%) e dagli italiani (25%). Il primo atto da compiere è, per la maggioranza di entrambi i campioni, la certificazione della malattia.
In generale, gli stranieri hanno più fiducia degli italiani verso tutti gli attori che si occupano di salute e lavoro (eccetto che verso i consulenti). La massima fiducia viene accordata al medico di base, sia da parte degli stranieri che da parte degli italiani. Al secondo posto si trovano, per entrambi i target, i patronati: 7 stranieri su 10 e 6 italiani su 10 dicono di fidarsi di loro. Di servizi sociali si fida circa la metà degli stranieri, ma meno della metà degli italiani.
In caso di malattia professionale, i timori di subire intimidazioni sul piano lavorativo e personale sono alti per entrambi i target. Per la maggioranza, diviene quindi fondamentale avvalersi di apposite agenzie, per gestire il rapporto con il proprio datore di lavoro. Nello specifico, circa 7 italiani e 7 stranieri su 10 ritengono che il dipendente che ha contratto una malattia professionale potrebbe rinunciare in partenza ad ottenere il risarcimento per timore di perdere il lavoro.
Per circa 4 stranieri su 10 e per 3 italiani su 10, l’attenzione alla salute sul proprio posto di lavoro è bassa. Il responsabile per la sicurezza è conosciuto da circa 6 italiani su 10 e da 5 stranieri su 10. L’attenzione alla salute sul lavoro in Italia viene percepita come più presente dagli stranieri rispetto agli italiani ma, viceversa, l’attenzione alla salute con riferimento al proprio posto di lavoro viene percepita come più bassa dagli stranieri rispetto agli italiani.
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